L’immobilismo delle Banche Centrali

A cura di Davide Marone, analista valutario, Fxcm Italia
Le banche centrali, mai come in questo momento storico, continuano a essere i veri attori protagonisti dei mercati e ogni loro decisione impatta su di essi in maniera a dir poco incisiva. L’altra sera è stato il turno della Fed che però, come da attese, non ha fornito elementi concreti tali da innescare movimenti sostanziali, al netto della volatilità di brevissimo periodo. L’istituto centrale americano ha ribadito i contenuti di marzo, evidenziando un rallentamento della crescita dell’attività economica a fronte di condizioni del mercato del lavoro comunque in miglioramento che, a Washington, vengono poi interpretate nel senso di futuri miglioramenti sul fronte inflazione.
Qualche ora più tardi è stato il turno della Reserve Bank of New Zeland che, come da attesa, ha mantenuto stabile il cash rate al 2,25% pur affermando che potrebbero essere necessarie manovre di “easing” che, tradotto, significa verosimile abbassamento dei tassi di interesse. L’istituto oceanico ha poi articolato le consuete tematiche con altrettanto reiterato wording in riferimento alle incertezze sull’outlook economico globale, alle pressioni relative al mercato immobiliare domestico e al valore del dollaro neozelandese per il quale sono stati definiti “appropriati” ulteriori (auspicabili) deprezzamenti della divisa. Da qui, decisamente degna di nota la reazione del dollaro neozelandese con salite prepotenti ravvisabili sul cambio originale NzdUsd che ha messo a segno rialzi di oltre 150 punti. Resta assolutamente concreta l’ipotesi che il prezzo vada a ritestare i massimi recenti a 0,7030 per ulteriori allunghi verso la soglia di 0,72.
Senza alcun dubbio la vera protagonista è stata però la Bank of Japan. Tutto assolutamente invariato: tassi di interesse e base monetaria pur con il reminder all’eventualità di procedere a “easing steps” in termini di quantità, qualità e rates. La reazione dello yen è stata dunque di eccezionale violenza con il cambio UsdJpy (che già scendeva per la verità) in grado di portarsi da area 111,70 ai minimi attorno a 108, insieme agli altri cross in valuta nipponica il cui effetto è stato solo in parte mitigato dalla contemporanea salita delle altre valute contro il dollaro (venduto a mani basse), e con l’indice Nikkei in totale ribaltamento da 17.500 a 16,350 punti. L’evento dunque ha conosciuto inoltre un effetto amplificatore legato alle massicce dismissioni di biglietto verde all’alba della sessione europea dei mercati, in concomitanza con vendita di listini azionari e salite di oro.
Più cautela sulle vendite di azionario con i due benchmark S&P500 e Dax che potrebbero rimbalzare già sui supporti rispettivamente a 2.070 punti e 10.090, con il bund in salita e per il quale occorrerà prestare attenzione alla reazione al primo obiettivo di breve a quota 163. Ancora interlocutorio l’oro che tuttavia lascia ancora predominare gli elementi rialzisti a favore di 1.270 prima e 1.285 poi.

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