Helicopter Money, fenomenologia di uno strumento radicale

A cura di Deutsche AM

Da qualche tempo a questa parte si fa un gran parlare di helicopter money, ovvero l’ipotesi formulata per la prima volta dal premio Nobel Milton Friedman, secondo cui le banche centrali potrebbero direttamente accreditare soldi ai cittadini, senza pretendere nulla in cambio, a condizione che gli stessi cittadini non risparmino e che il mercato del lavoro sia a pieno regime, in modo da stimolare i consumi e innalzare le aspettative di inflazione.

I rumors in tal senso sono diventati così forti che le stesse banche centrali hanno dovuto smentire o ridimensionare le aspettative di azioni così straordinarie, sebbene a dire il vero il presidente della BCE Draghi abbia aperto timidamente all’idea. Il tema si è fatto sempre più presente nelle cronache finanziarie in quanto diversi investitori cominciano a nutrire dubbi in merito all’efficacia delle politiche monetarie fin qui perseguite dalle banche centrali; il persistere di tassi bassi sui rifinanziamenti alle banche e negativi sulle riserve delle stesse presso gli istituti di emissione hanno sollevato dubbi e rinforzato la voce di coloro i quali hanno sempre espresso riserve e preoccupazioni per l’adozione di misure a loro dire inefficaci e dannose.

Vero è che anche negli Stati Uniti, nonostante la disoccupazione al 5% e una significativa ripresa, il tasso di crescita si trova ad un livello inferiore a quello precedente la crisi, accompagnato da una bassa crescita dei salari, generando un contesto economico che sta influendo non poco nella campagna presidenziale. Ed è proprio su questi aspetti critici che insistono i detrattori dell’helicopter money: in una situazione di incertezza e di sfiducia, se gettassimo soldi da un elicottero, o più semplicemente se le banche centrali accreditassero una certa somma a tutti i cittadini, nulla impedisce che essi risparmino, se non tutto, una buona parte di quanto ricevuto. Oppure che li usino per ripagare i debiti pregressi, senza stimolare consumi e produzione, ben sapendo che l’evento miracoloso sarebbe unico e irripetibile.

La tesi di Friedman, in qualche modo venne rielaborata anche da Keynes con la famosa teoria delle bottiglie riempite di banconote, sotterrate e quindi lasciare poi alla libera iniziativa privata farne l’uso più appropriato secondo i dettami del “laissez-faire“; ebbene secondo il famosissimo economista inglese, così facendo non dovrebbe esistere disoccupazione e dovremmo assistere ad un aumento del reddito reale e della ricchezza della collettività.

Quindi una formula differente dalla precedente che prevede non un accredito diretto nelle tasche dei cittadini ma un vero e proprio impegno da parte degli stessi per riprendere le banconote, aggiudicarsi le gare per scavare nel terreno, assumere degli operai e procurarsi quanto necessario all’opera di scavo; in buona sostanza, il denaro come mezzo per stimolare l’attività produttiva.

Molto recentemente un paper di Deutsche Bank a firma degli strategist Saravelos e Winkler pone in luce – invece – come sia probabile che la collettività possa interpretare tale misura come permanente e non temporanea, come nel caso della riduzione della pressione fiscale; si potrebbe – ad esempio – far presente che l’accredito è a tempo e quindi se il denaro accreditato non venisse speso, l’accredito verrebbe revocato così come viene fatto notare che l’effetto dipenderebbe anche dall’ammontare in questione che non dovrebbe essere troppo modesto.

Inoltre, alle critiche mosse dal Treasury Select Committee inglese, viene obiettato che l’helicopter money non sarebbe un Ponzi scheme ovvero un insostenibile sistema finanziario con conseguente recupero delle somme versate; le banche centrali possono avere un bilancio infinitamente negativo, tecnicamente parlando, e dunque nessuno dovrebbe restituire quanto ottenuto. Perciò che concerne come calibrare tale forma di stimolo e i potenziali rischi di iper-inflazione, la risposta è che gli eventuali ostacoli ad una corretta calibrazione sono comuni a tutte le forme di politica monetaria convenzionale o meno e che il rischio che il tutto possa sfociare nell’iper-inflazione – nel contesto attuale – sia davvero minimo e facilmente gestibile.

Probabilmente gli ostacoli maggiori sono di natura politica, soprattutto in questi paesi che in passato hanno sperimentato tassi di inflazione estremamente alti e dove persiste una innata ritrosia a forme di stimolo monetario molto intense; ma come la storia insegna, sono le condizioni reali a determinare la direzione dei governi e delle loro politiche ecomomiche; infatti, dieci anni addietro, come anche soltanto quattro anni fa, nessuno avrebbe immaginato che in Europa avremmo avuto il QE.

Come si accennava all’inizio, la campagna presidenziale americana ha importato dal contesto accademico un’ipotesi del genere e il recente incontro tra il Primo Ministro giapponese Shinzo Abe e l’ex Chairman della Fed Ben Bernanke, noto assertore di tale forma di stimolo monetario (è soprannominato “Helicopter Ben”…), ha fatto supporre che il Giappone possa seriamente prenderla in considerazione. Staremo a vedere….

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