(Im)Material Girls&Boys: i Millennials

A cura di M. Bovenzi e L. Sottile, Deutsche Asset Management

Millennials: un nuovo modo di vivere, di consumare, di investire. Nel mare magnum delle “idee secolari” che regolarmente affiorano e riaffiorano, gli aspetti demografici e sociologici delle coorti generazionali è un tema di indubbio fascino e di grandissimo potenziale. Prima di addentrarci nella tematica, basti pensare che entro il 2025 la generazione dei Millennials (i nati tra il 1980 ed il 2000) rappresenteranno entro il 2025 la più grande porzione di lavoratori in USA, nonché la fetta di patrimonio più importante (8,3 trilioni di dollari nei soli Stati Uniti). Globalmente, sempre entro il 2025 il 75% della forza lavoro sarà costituita dai Millennials. Le implicazioni sono enormi, soprattutto perché la larghissima parte dei Millennials è nei Paesi emergenti.
Partecipando ad un recente convegno, sono rimasto particolarmente interessato e colpito da come aziende di respiro globale e appartenenti a settori economici diversi analizzino in profondità i comportamenti di coloro i quali oggi hanno una età compresa tra i 18 e i 34 o se preferite, secondo una ricerca di Goldman Sachs Global Investment Research, i nati tra il 1980 e il 2000, ovvero i cd Millennials o Generazione Y.
Ma la ragione, ovviamente, c’è tutta… ad esempio negli USA, i Millennials sono ben 92 milioni, quando i cd Baby Boomers sono 77 e ben sappiamo quanto sia stato incisivo il loro comportamento nella crescita economica americana.

Per la Generazione Y, star bene non è semplicemente il “non star male”, bensì un impegno quotidiano nell’esercizio fisico e nell’avere un’alimentazione corretta, tendono ad uscire dalla casa dei genitori più tardi, portando l’età media in cui ci si sposa da 23 (nel 1970) a 30 anni, non per mancanza di risorse ma per puro calcolo, così come altro segno distintivo è il non acquistare beni come l’auto o la musica ma – piuttosto – ricercare elementi o servizi che diano loro accesso all’uso di tali beni, dando vita alla cd. “sharing economy”.

Secondo i ricercatori ,i  Millennials sono nati in un contesto storico e socio-economico assai particolare per cambiamenti tecnologici, di globalizzazione e, nel contempo, di sconvolgimenti economici.
In Italia sono una generazione vasta ed eterogenea, con un unico comune denominatore, a parte trascendere i confini territoriali ed essere “glocal”: il 74% di loro (8,3 milioni su 11,2 milioni) è sempre connesso e lo è quasi sempre da mobile. Conoscono tante lingue, sanno cosa vogliono, sanno dove cercarlo e soprattutto, quando lo trovano, lo comprano online.

“Per lo più si tratta di prodotti sostenibili e ricercati, di qualità e di origine italiana certificata perché i Millennials sono attenti”, dice Lorenzo Montagna, ad di Yahoo Italia, “ma se la cavano anche se si tratta di consigliare genitori e nonni sugli acquisti che poi verranno fatti offline. Anche solo per trovare la strada del negozio, grazie alla mappa sul cellulare”. Dunque, influenzano anche indirettamente alcuni settori di mercato come quello alimentare.

Cercano, trovano (ovunque e soprattutto sul cellulare), spendono (sempre sul cellulare, comprando con un clic). I Millennials sono propensi al consumismo e rappresentano un target che ingolosisce marketing e pubblicità: (im)material girls e boys nati tra gli anni Ottanta e il Duemila che si destreggiano senza esitazione tra siti web, applicazioni, social network per almeno due ore al giorno. Le trascorrono con il proprio smartphone e solo il 13% è spesa per telefonate e sms: le vecchie e tradizionali funzioni per cui ci si comprava un cellulare. Morte e sepolte.

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