Franco svizzero, un porto sicuro nonostante la Bns

A cura di Peter Rosenstreich, Head of Market Strategy di Swissquote

Le conseguenze largamente prevedibili della Brexit saranno di non poco conto. Come ci si attendeva, il franco svizzero costituirà uno strumento primario a copertura del rischio di Leave e come tale non escludiamo un ulteriore intervento da parte della Banca Nazionale Svizzera, che naturalmente seguirà con estrema cautela gli sviluppi di mercato. Il cambio euro-franco svizzero infatti è diventato il cavallo di battaglia di molti investitori che hanno puntato sulla Brexit, con una correlazione che è diventata molto stretta nelle ultime settimane.
La sua popolarità come valuta safe-haven (porto sicuro) a copertura del rischio cambio tra il Regno Unito e l’Europa non farà che aumentare a seguito del voto shock espresso dagli inglesi. Sfortunatamente per la BNS, che fa di tutto per incoraggiare la svalutazione della moneta nazionale, la Brexit non farà che accendere la miccia di altri rischi regionali. Fuori dall’incertezza generale, le proiezioni di voto sugli eventuali referendum che dovessero tenersi in Irlanda del Nord e in Scozia minaccerebbero la stessa esistenza della Gran Bretagna mentre gli euroscettici potrebbero venire ulteriormente galvanizzati a seguito delle elezioni spagnole che si terranno domenica. Possiamo anticipare che per il prossimo futuro l’Europa vivrà un periodo di grandi incertezze come conseguenza dell’ avversione al rischio attuale, suggerendo un prolungato periodo di rafforzamento della valuta elvetica e questo metterà la BNS sulla difensiva.
La banca centrale ha a nostro modo di vedere intrapreso la giusta decisione ovvero quella di mantenere ferma la propria politica monetaria per lasciarsi le mani libere nel difendere le fluttuazioni del franco da ulteriori sopravvalutazioni con ogni mezzo a disposizione. L’espansione del bilancio della BNS sta ad indicare che i banchieri centrali non sono stati con le mani in mano anche se con un totale delle riserve superiore al 95% del Pil svizzero un’ulteriore estensione potrebbe risultare destabilizzante.
La prossima mossa potrebbe essere quella di aumentare i tassi già negativi applicati ai depositi: con le curve dei rendimenti dei titoli di Stato svizzeri negative ormai fino alle scadenze ventennali e con una domanda non destinata a scendere, è improbabile che un rialzo dei costi dei depositi possa costituire un valido deterrente. Infine, non dimentichiamo che l’esperienza dei tassi negativi è molto recente e non siamo nelle condizioni di capire quali potranno essere le conseguenze sul lungo termine. C’è l’ovvia preoccupazione che i tassi negativi possano erodere gli utili e il bilancio delle banche così come non si può escludere che i consumatori possano anche decidere che è venuto il momento di spendere piuttosto che continuare a depositare liquidità. Nel complesso però, non crediamo che la BNS abbia gli strumenti per prevenire efficacemente una ulteriore domanda di franchi svizzeri.

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