AAA investitori istituzionali cercasi per mercato italiano in saldo…

A cura di Guglielmo Manetti, Vice Direttore Generale di Intermonte Advisory

Il mercato italiano rimane il peggior performer quest’anno e si è rimangiato tutta la performance del 2015. L’indice Italiano continua a sottoperformare tutti i principali indici europei e mondiali, ed è arrivato a perdere tutto il vantaggio che aveva accumulato nel 2014-2015, quando era stato tra i migliori mercati azionari al mondo.

Indici Borse performance ytd 2016

Chiaramente la performance degli ultimi tre anni del mercato italiano è stata fortemente influenzata dai duesettori più rappresentativi in termini di capitalizzazione sul totale: il settore bancario (18% circa del totale) e il settore petrolifero (16% del totale), con andamenti altalenanti come mostrato dal grafico seguente:
– Dal luglio 2012 al agosto 2015 la grande sovraperformance delle banche, che è stata compensata per quasi due terzi dal calo degli ultimi 9 mesi
– Il forte calo del settore petrolifero dal giugno 2014 fino ai recenti minimi di febbraio 2016.
Ftse mib vs banche e petroliferi
D’altra parte però il settore veramente vincente degli ultimi anni è stato il settore consumers/lusso (che pesa per il 14% circa della capitalizzazione totale) e che solo negli ultimi mesi ha iniziato a mostrare segni di debolezza, mentre il settore industriale (11% del totale) ha avuto fasi di performance più alterne.
Ftse Mib vs consumers lusso
Condizioni tecniche di mercato e qualità dei partecipanti molto peggiorata recentemente
Alla performance negativa del mercato si è accompagnato un non sorprendente peggioramento delle condizioni di accesso al mercato, le cosiddette “trading conditions”, che abbiamo misurato in diversi modi. Innanzitutto una analisi dei volumi scambiati sulla borsa di Milano mostrano un trend in chiaro calo rispetto ai picchi superiori ai 3 mld di euro di scambi del 2015 e sempre più vicino ai recenti minimi del 2012.
L’evidenza storica però mostra come il mercato italiano rimbalzi normalmente dai minimi con diversi mesi di anticipo rispetto ad un recupero dei volumi scambiati. E’ successo a metà 2012, a metà 2013 e all’inizio del 2015 (in maniera meno evidente) per cui tra i vari indicatori tecnici, quello sui volumi non lo riteniamo particolarmente affidabile per determinare i cambi di direzione del mercato.
In termini poi di analisi qualitativa, la percentuale di volumi scambiati sui futures sull’indice rispetto ai volumi del mercato “cash” MTA è cresciuta fortemente da aprile 2015 a oggi. Normalmente un maggiore utilizzo del future rispetto al cash indica duetrend principali:
– Una minore partecipazione al mercato di investitori istituzionali con approccio fondamentale che tipicamente investono in singole società e non direttamente sull’indice attraverso futures o ETF
– Una maggiore presenza di trader che tipicamente utilizzano il future come strumento veloce ed efficiente per prendere posizioni di breve.
Questo si è in parte anche riflesso nel recente forte aumento della volatilità di mercato, che si è in particolare accompagnata al forte calo del mercato nelle prime settimane dell’anno.
Su questo aspetto è interessante notare come la normale correlazione volatilità in aumento – mercato in calo si sia un po’ indebolita nelle ultime settimane e che la volatilità attuale di poco sotto il 25% risulta ancora maggiore della media storica dal 2012 in avanti, che è stata più vicina al 20%. Un calo della volatilità dovrebbe essere (normalmente…) associato ad una ripresa del mercato.
…come evidenziato anche dai dati dei flussi di fondi e ETF
Ampliando l’analisi non solo alle cosiddette “trading conditions” ma andando a verificare i comportamenti degli operatori sul mercato italiano (misurati secondo i flussi in entrata o in uscita dall’investimento azionario) abbiamo una conferma del panorama particolarmente depresso che si respira sui mercati azionari, e non solo su quello italiano.
I dati di raccolta dei fondi azionari globali, (misurati dalla società EPFR e pubblicati periodicamente dal Financial Times) mostrano come il primo trimestre del 2016 sia stato il primo a registrare deflussi netti dai fondi azionari global dal 2009, e l’analisi settimanale di questo trend (nella tabella di destra) mostra un intensificarsi dei deflussi fino alla seconda settimana di maggio.
Per analizzare i flussi sull’Europa abbiamo analizzato invece i dati di raccolta di alcuni tra i più importanti ETF più comunemente usati. In particolare analizzando le “shares outstanding”, ovvero il numero di quote dell’ETF, si ha una rappresentazione dei flussi in entrata e uscita dal mercato che rappresenta. Nel caso del popolare ETF americano Wisdom Tree che rappresenta le principali azioni europee è evidente come ci sia stato un consistente deflusso dall’Europa dai picchi di fine 2015. Anche se guardiamo a due tra gli ETF più popolari sull’indice italiano abbiamo anche qui una rappresentazione negativa sul trend dei flussi, ma che sembra comunque migliore rispetto al trend particolarmente negativo mostrato dall’ETF Wisdom Tree.
Quindi volendo riassumere dalla nostra analisi emergono i seguenti fattori:
– Le condizioni cosiddette “tecniche” di mercato (volumi scambiati, rapporto futures/cash) peggiorano in maniera costante dal secondo trimestre del 2015 e indicano un deterioramento anche della qualità dei partecipanti al mercato
– La volatilità del mercato rimane invece sopra la media storica e c’è stato anzi di recente un disallineamento tra la volatilità (in calo) ed il mercato (in calo anch’esso)
– I flussi su ETF, ovvero su prodotti che servono di solito agli operatori per posizionarsi rapidamente su singole asset class/aree geografiche, mostrano un trend di marcati deflussi sia dall’indice europeo che, in maniera meno forte, dagli ETF specializzati Italia.
Tuttavia lo scenario di liquidità è particolarmente positivo quest’anno
Se, da un lato, diversi fattori “tecnici” continuano a mostrare debolezza e non supportano uno scenario positivo per il mercato, dall’altra invece l’analisi di liquidità sui flussi più genuinamente legati al mercato azionario italiano mostrano come il 2016 dovrebbe essere un anno particolarmente generoso.
Nella tabella seguente scomponiamo le 2 principali componenti domanda e offerta sul mercato azionario evidenziando:
– Sul lato domanda di liquidità al mercato evidenziamo l’ammontare degli aumenti di capitale e le nuove quotazioni (IPO) che drenano liquidità al mercato
– Sul lato offerta invece abbiamo riassunto il monte dividendi distribuiti al mercato e i take over/OPA annunciati finora, che restituiscono liquidità al mercato
Lo sbilancio tra domanda e offerta per quest’anno è atteso positivo per circa 13.8 mld di euro, un ammontare che potrebbe essere reinvestito sul mercato azionario. Questo numero rappresenta quasi il 3.2% del mercato azionario italiano, un rendimento ben superiore agli attuali tassi di interesse e di poco inferiore al 2015, che è stato un anno eccezionalmente ricco di delisting di società importanti (Pirelli e World Duty Free in primis).
Il nostro calcolo tiene conto dei seguenti elementi:
– Aumenti di capitale: oltre a quelli già effettuati quest’anno (Saipem e Prelios) abbiamo incluso anche quelli al momento annunciati (Banco Popolare e Veneto Banca)
– IPO: oltre a quelle già effettuate quest’anno (la principale è stata Technogym) abbiamo incluso anche quella attesa di Enav prendendo come riferimento la valutazione circolata sulla stampa di 1,8 mld di euro, e quindi un pro-quota di capitale offerto al mercato di circa metà assumendo un flottante al 49%. Abbiamo considerato infine anche l’atteso collocamento del 30% circa di Poste Italiane, ufficiosamente atteso entro fine anno.
– Dividendi: il monte dividendi 2015, pagato quest’anno prevalentemente tra maggio e giugno di quest’anno, ammonterà a circa 20 mld di euro, in leggero aumento rispetto all’anno scorso.
– OPA: se l’anno scorso era stato un anno particolarmente ricco di OPA e delisting (Pirelli e World Duty Free erano state le operazioni più importanti), quest’anno ci sarà un effetto comunque positivo derivante soprattutto dalle offerte su Italcementi e Sorin, oltre a qualche società più piccola.
Quindi quest’anno lo scenario di liquidità dovrebbe essere quasi in linea con l’anno scorso, con maggiori dividendi in parte compensati da minori delisting (almeno fino ad ora). Ovviamente nel nostro calcolo non possiamo stimare sia in negativo futuri eventuali aumenti di capitale imprevisti sia ulteriori OPA o delisting (che in un nostro recente approfondimento su M&A in Italia riteniamo probabili soprattutto alla luce delle eccezionali condizioni di finanziamento). Inoltre questo scenario non tiene conto dei flussi in investimento diretti in entrata e uscita (più in uscita che in entrata a giudicare dai primi mesi dell’anno…) che, come visto nell’analisi precedente, non stanno dando un contributo positivo al mercato.
Conclusioni di investimento:
La settimana scorsa evidenziavamo come ci fosse uno scollamento crescente tra fondamentali delle aziende (in miglioramento, soprattutto durante la stagione dei risultati) e la performance del mercato italiano, in continuo peggioramento.
Questa settimana invece ci siamo concentrati sui fattori cosiddetti “tecnici” (le cosiddette “trading conditions”), che sono quelli dietro i quali spesso si nascondono gli operatori per giustificare andamenti di mercato che non trovano una chiara spiegazione fondamentale.
La nostra analisi in tal senso conferma gli elementi negativi evidenziandone tuttavia anche alcuni positivi non trascurabili. In particolare quelli negativi sono:
– Calo dei volumi scambiati di mercato rispetto ai livelli del 2015, anche se ancora lontani dalle medie degli anni peggiori 2012-2013
– Peggiore qualità dei partecipanti al mercato (maggior utilizzo di futures rispetto ad acquisti diretti sul mercato azionario)
– Flussi in uscita dai fondi azionari globali, in particolare dagli ETF specializzati sull’azionario Europeo ed anche sugli ETF specializzati Italia, anche se con un trend meno negativo rispetto all’Europa
Gli aspetti positivi invece sono:
– Indebolimento nelle ultime settimane della normale correlazione tra volatilità in aumento / mercato in calo. La volatilità attuale del mercato italiano di poco inferiore al 25% risulta ancora maggiore della media storica dal 2012 in avanti, che è stata più vicina al 20%. Un calo della volatilità, o meglio un periodo di assestamento della stessa, dovrebbe essere (normalmente…) associato ad una ripresa del mercato.
– Scenario di liquidità molto positivo, con uno saldo netto particolarmente favorevole per il mercato azionario calcolato come differenza tra dividendi e OPA/delisting da una parte, rispetto ad aumenti di capitale e IPO/nuovi collocamenti che drenano liquidità al mercato. Per quest’anno ci aspettiamo un saldo favorevole per gli azionisti sul mercato italiano per 13.8 mld di euro, in crescita rispetto all’anno scorso.
La performance negativa del mercato italiano da inizio anno ci fa pensare che buona parte delle motivazioni cosiddette “tecniche” più negative siano già state ampiamente prezzate dal mercato, mentre riteniamo che le motivazioni tecniche positive possano meglio supportare una visione più costruttiva sui fondamentali.
Il mercato Italiano tratta a 16x il P/E 2016 e 13x il P/E 2017, in linea con la media europea malgrado una crescita attesa degli utili nei prossimi due anni quasi doppia. Pensando che i recenti tagli di stime stiano già recependo uno scenario macro sufficientemente cauto soprattutto sui settori più penalizzati da inizio anno (soprattutto finanziari e energy), ci aspetteremmo un miglioramento anche dei fattori tecnici che finora non hanno particolarmente supportato, data la loro naturale natura di “ritardatari”. In pratica non succede praticamente mai che i volumi di borsa o i flussi sui fondi anticipino un rialzo del mercato, soprattutto dopo un periodo di calo così violento e concentrato come quello che abbiamo vissuto all’inizio dell’anno, che tende ad essere un fortissimo deterrente per gli investitori, soprattutto istituzionali, di norma molto attenti al rischio e alla volatilità degli asset.
Tuttavia con tassi a zero, e anzi negativi per una buona parte della curva dei rendimenti, riteniamo che gli investitori dovranno abituarsi a sopportare una volatilità più alta pur di ottenere dei rendimenti positivi. Per questo riteniamo che oggi il rischio di rimanere ad attendere un calo della volatilità sia superiore rispetto alle opportunità di investimento del mercato italiano. Nel breve ci sembra stia gradualmente rientrando anche il rischio Brexit (sempre più remoto anche per gli operatori specializzati in scommesse) e questo può essere un ulteriore elemento che fa alzare un po’ la propensione al rischio e rendere l’Italia un po’ più attraente.
Se la scorsa settimana vedevamo un eccesso di pessimismo rispetto soprattutto all’andamento dei fondamentali di molte società dopo i risultati trimestrali, ci sentiamo ora di rinforzare la nostra visione positiva sull’equity Italia nel breve e ci aspetteremmo una rotazione sui settori maggiormente penalizzati da inizio anno quali banche, telecom, asset management (meglio degli assicurativi secondo noi) e qualche società legata al dollaro, che si sta rafforzando sulle attese di un rialzo dei tassi USA più imminente. I settori da sottopesare in questo scenario possono essere quelli inversamente correlati al rialzo dei tassi di interesse (principalmente le utilities) e qualche industriale top performer.
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