Dalla deflazione alla reflazione

di P. O. Beffy, Chief Economist di Exane Bnp Paribas

Nel corso di questa settimana ho proseguito i miei incontri con gli investitori europei. Questi meeting hanno confermato che le view degli investitori sono recentemente cambiate, passando nell’arco di tre settimane da timori deflazionistici ad aspettative di una reflazione sul breve termine. L’allentamento significativo delle condizioni finanziarie dovrebbe infatti innescare un’accelerazione dell’economica globale, sebbene quest’ultima si trovi alla fine del suo ciclo. In questo contesto, gli indici di sorpresa economici continuano a migliorare sia negli Stati Uniti che in Europa. Ciò significa anche che le stime di inflazione potrebbero temporaneamente aumentare nel breve termine, in particolare in Europa dove sono rimaste a livelli veramente contenuti.

In primo luogo, l’aumento delle aspettative per un altro rialzo dei tassi da parte della Fed entro l’estate sosterrà il dollaro nel breve termine. Un EUR/USD più debole avrebbe un effetto benefico per l’inflazione dell’Eurozona. In secondo luogo, bisogna considerare l’inflazione come un fenomeno globale. Lo stimolo cinese sta attualmente riducendo la spinta deflazionistica. La componente dei prezzi dell’indice PMI Manufacturing Caixin è stata superiore ai 50 punti sia in marzo che in aprile, dopo essere stata al di sotto di questa soglia per 21 mesi. Inoltre, anche il recente rally dei prezzi delle materie prime spingerà probabilmente al rialzo i prezzi alla produzione e conseguentemente l’inflazione.
Fra gli aspetti positivi, stime di inflazione più elevate nel lungo termine dovrebbero portare ad un aumento dei rendimenti, che dovrebbe temporaneamente alleviare le pressioni negative sui margini di interesse delle banche. Come ho scritto alcuni mesi fa, il secondo trimestre è normalmente un periodo caratterizzato da elevate emissioni nette di obbligazioni sovrane. Ciò potrebbe anche aggiungere un fattore tecnico all’aumento dei rendimenti obbligazionari a lungo termine in Europa. Infine, la crescente probabilità di uno scenario di Brexin sta allontanando i timori politici sul breve termine, riducendo l’avversione al rischio in Europa. La maggior pendenza della curva dei rendimenti in Europa deve essere coerente con i rendimenti a 10 anni del paese a stelle e strisce, che nel corso dei prossimi 2 mesi dovrebbero raggiungere il 2%. Anche in questo caso, come avvenuto nel 1999, rendimenti sovrani più elevati nel breve termine sono il riflesso di aspettative di una politica monetaria della Fed più aggressiva.
Le conseguenze di ulteriori rialzi dei tassi da parte della FED per le condizioni finanziarie dei paesi emergenti rappresentano la principale preoccupazione degli investitori. In particolare, sussiste il rischio di deflussi di capitale dai paesi emergenti dopo i significativi flussi in entrata registrati nei mesi scorsi. In effetti, un dollaro più forte rappresenta di solito una cattiva notizia per i paesi emergenti. Le tensioni sui mercati dell’ultimo anno hanno dato una dolorosa riprova di questa causalità negativa. Per questo motivo, dopo i notevoli flussi di capitale in entrata, sarà importante analizzare i flussi in uscita nel corso dei prossimi trimestri dai paesi emergenti.
Le  valute dei paesi emergenti risentiranno quest’anno in misura inferiore dell’inasprimento della Fed? Come detto la scorsa settimana, le valute emergenti, se osservate su un orizzonte temporale di 5-10 anni, sembrano a sconto. Sebbene i modelli sulle valute dovrebbero essere presi con le molle, la nostra analisi suggerisce come un paniere di principali valute emergenti quoti attualmente a sconto del 10-15% in termini reali rispetto al dollaro. Questo rappresenta lo sconto maggiore dalla fine del 2002. La nostra analisi suggerisce uno sconto sostanziale per le valute di Malesia, Tailandia e Corea, ma anche di Russia e Cile, che si sono deprezzate significativamente in seguito al crollo dei prezzi delle materie prime. Per questo motivo il calo di alcune valute emergenti potrebbe essere più limitato a causa del deprezzamento degli ultimi 5 anni.
Tutto sommato, ci attendiamo un apprezzamento del dollaro nel corso dei prossimi mesi. Questo rally dovrebbe essere tuttavia limitato in quanto la Fed guarda sempre più attentamente alle condizioni finanziarie globali. A nostro avviso, l’EURUSD potrebbe andare verso 1,05 entro la fine dell’anno, un livello già raggiunto a marzo e novembre dello scorso anno. Per questo motivo le valute dei paesi emergenti potrebbero deprezzarsi, senza però rompere i minimi dello scorso anno. Ricordiamo ancora che un dollaro più forte rappresenta una cattiva notizia per i paesi emergenti, ma sarà importante monitorare nel breve termine l’entità del deprezzamento delle valute e la variazione dei flussi in entrata ed in uscita.

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