Morningstar mette a confronto gli Etf legati all’indice Msci Europe

A cura di Morningstar
Gli investitori esposti alle azioni europee hanno di che ringraziare la Banca centrale europea per quanto fatto dalla crisi del debito sovrano del 2011, la quale nel suo periodo più nero ha addirittura minacciato di rompere l’Unione monetaria. La discesa in campo del presidente Mario Draghi nel 2012 con il famoso “do whatever it takes” (fare tutto il necessario) per preservare l’euro, seguita dal massiccio programma di allentamento quantitativo nel 2015, ha contribuito a ripristinare la fiducia degli investitori nella regione e a sostenere le valutazioni azionarie.
L’Eurotower ha da allora esteso i suoi acquisti di obbligazioni fino al 2017 e ha rivisto il suo tasso di interesse di riferimento a zero e il tasso di deposito in terreno negativo al fine di incoraggiare i prestiti bancari agli agenti economici. La politica monetaria dovrebbe mantenere una posizione ultra-accomodante per il futuro prossimo, con la Banca centrale europea pronta a nuovi stimoli qualora i rischi di una nuova recessione aumentino.
La ripresa europea dalla crisi finanziaria del 2008 è stata più lenta che in altre parti del mondo, in particolare in confronto agli Stati Uniti. E questo è stato ampiamente riflesso nella performance del mercato azionario, con l’indice Msci Europe in ritardo verso lo S&P 500 del 7,2% (in dollari) e del 7,6% (in euro) nel periodo compreso tra settembre 2008 e luglio 2016.
Detto questo, sarebbe un errore considerare l’Europa come un mercato uniforme, date le differenze tra le economie della regione. Ad esempio, rispetto alla zona euro, il Regno Unito ha registrato un recupero molto veloce, anche se questo è ormai compromesso dal voto sulla Brexit. L’esito del referendum ha creato un’ondata di panico sui mercati che però sembra essere definitivamente rientrata. È estremamente difficile prevedere ora il reale impatto economico dell’uscita di Londra dall’Unione europea, anche perché occorre prima vedere quale accordo verrà sancito dai negoziati, che dureranno un paio d’anni.
Nel frattempo, le prospettive per l’economia della zona euro stanno migliorando lentamente grazie anche alle riforme adottate da diversi paesi, tra cui Spagna, Italia e Francia. I risultati rimangono però disomogenei e ulteriori riforme strutturali sono ancora necessarie.
Così come sarebbe un errore considerare tutti i paesi europei identici tra loro, un altro errore sarebbe credere che tutte le azioni blue chip siano uguali in tutte le parti del continente e guidate dagli stessi fondamentali economici. Ad esempio, nel Regno Unito e in Spagna, il mercato delle grandi e mega capitalizzazioni è dominato da gruppi bancari i cui ricavi dipendono ancora per gran parte dai loro mercati interni. Al contrario, le mega-cap svizzere, soprattutto nei settori della sanità e dei beni di consumo, sono aziende esposte a livello globale le cui attività sono meno dipendenti dal mercato svizzero ed europeo. Inoltre, alcune delle più grandi aziende del Regno Unito fanno parte del settore delle risorse naturali, la cui performance è spesso direttamente legata ai prezzi internazionali delle materie prime, che a loro volta sono in gran parte determinati dalla domanda proveniente dai mercati emergenti, soprattutto dalla Cina.
L’indice
L’Msci Europe Index copre circa l’85% della capitalizzazione del mercato azionario dei principali 15 paesi europei. Attualmente, è composto da circa 450 titoli. I componenti devono soddisfare alcuni criteri minimi in termini di liquidità, così come alcune restrizioni alla proprietà estera. I titoli sono ponderati in base capitalizzazione di mercato aggiustata per il flottante. L’indice viene rivisto e ribilanciato trimestralmente. I servizi finanziari e i titoli di consumo difensivi sono i settori più rappresentati, con un 15% -20% di ponderazione per ciascuno, seguiti dal settore sanitario (13% -15%) e quello industriale (10% -12%). I titoli della zona euro contano per circa la metà del valore dell’indice, seguiti da Regno Unito (30% -35%), Svizzera (13% -15%), e paesi nordici (8% -10%). All’interno l’esposizione verso la zona euro, la Germania e la Francia presentano le maggiori ponderazioni, pari al 13% al 15% del valore totale.
L’offerta europea
Nel Vecchio continente sono quotati 11 Etf che replicano l’Msci Europe. Di seguito un focus su quelli coperti dalla ricerca qualitativa Morningstar. 

Source MSCI Europe UCITS ETF (EUR)
Il fondo utilizza la replica sintetica per tracciare la performance dell’indice, che in questo caso comprende anche i dividendi al netto delle imposte. L’Etf stipula un contratto swap con diverse controparti, tra cui Bank of America Merrill Lynch, Goldman Sachs, Morgan Stanley, JP Morgan, Nomura, e altri quattro soggetti (non tutte le banche in una sola volta). Attraverso gli accordi di swap, ciascuna controparte consegna un paniere di titoli, che diventa di proprietà del fondo, e si impegna a pagare la performance dell’indice (al netto di una commissione) in cambio della performance del paniere che hanno consegnato. Source limita l’esposizione complessiva a tutte le controparti al 4,5% del valore patrimoniale netto del fondo. Inoltre, Source resetta lo swap ogni volta che l’esposizione a una singola controparte superi lo 0,20% del Nav oppure 100.000 euro. Il fondo non svolge l’attività di prestito titoli. Le commissioni annue sono pari allo 0,20%, tra le più basse di categoria.
SPDR® MSCI Europe UCITS ETF (EUR)
L’Etf utilizza la replica fisica completa, cerca cioè di possedere un portafoglio il più fedele possibile a quello del benchmark. Il fondo svolge prestito titoli: tra aprile 2014 e aprile 2015, il fondo ha prestato in media il 2,5% del portafoglio, con un massimo toccato del 14,7%. In totale, questa attività ha reso lo 0,01% in più. I ricavi del prestito titoli sono divisi tra il fondo (30%) e State Street Securities Finance (70%), che agisce anche come agente del prestito. Per mitigare il rischio controparte, State Street utilizza un paniere collaterale il cui valore varia tra il 102 e il 105% del prestito. Le commissioni sono pari allo 0,25%, inferiori alla media dei concorrenti.
Lyxor UCITS ETF MSCI Europe D-EUR (EUR)
Questo Etf usa il metodo sintetico o “swap-based”, per replicare la performance dell’indice. In pratica, Lyxor accende un contratto swap Otc (Over the counter) con una controparte che è quasi sempre Société Générale, capogruppo di Lyxor. Secondo la normativa Ucits III, l’esposizione individuale al rischio di controparte è limitato al 10% del Nav del fondo in qualsiasi momento. In effetti, secondo la nostra ricerca, lo swap non è collateralizzato, il che espone l’investitore ad una perdita potenziale del 10% del Nav (Net asset value) se la controparte swap fallisce. Detto questo, Lyxor si è impegnato ad azzerare l’esposizione dello swap su base giornaliera. Lyxor non effettua operazioni di prestito titoli, il che aiuta a minimizzare il rischio complessivo di controparte. Questo replicante presenta un Ter pari allo 0,28%, in linea con la media di categoria.
iShares MSCI Europe UCITS ETF (Dist) (EUR)
Il fondo usa la replica fisica ottimizzata per tracciare l’indice. In pratica, l’Etf acquista un insieme di titoli scelti in modo da creare un portafoglio sufficientemente simile a quello del benchmark ma con un numero di componenti inferiore, in modo da ottimizzare i costi di transazione. iShares può effettuare il prestito titoli per un importo fino al 100% del valore patrimoniale netto (Nav) del fondo. Blackrock, società madre di iShares, gestisce il processo di prestito titoli e si tiene il 37,5% dei redditi derivanti, mentre il 62,5% restante viene condiviso con gli aderenti all’Etf. Per proteggere il fondo dal rischio di controparte che nasce da questa pratica (che teoricamente può portare ad una perdita pari al 100% del capitale), iShares utilizza un collaterale superiore al valore del prestito. I livelli di garanzia variano dal 102,5% al 112% del valore dei titoli in prestito, a seconda delle attività previste dal debitore come garanzia. Il fondo ha prestato in media il 7,15% del portafoglio nel 2015, generando lo 0,04% di ricavi netti. Le commissioni annue ammontano a 35 punti base, tra le più alte di categoria.
db x-trackers MSCI Europe Index UCITS ETF (DR) 1C (EUR)
Il fondo traccia il benchmark attraverso una replica fisica completa. L’Etf effettua operazioni di prestito titoli al fine di contribuire a migliorare le prestazioni, i cui ricavi lordi sono divisi 70/30 tra il fondo e Deutsche Bank AG, che svolge il ruolo di agente di prestito. Anche se questa attività può aiutare a compensare i costi a carico degli aderenti, espone potenzialmente gli investitori al rischio di controparte. Per proteggere il fondo viene chiesto ai mutuatari di fornire garanzie superiori al valore del prestito. Tra marzo 2015 e marzo 2016, il fondo ha prestato in media il 7,27% del patrimonio, generando delle entrate nette pari allo 0,05%. In generale, non più del 50% del patrimonio del fondo può essere prestato in una sola volta. Le commissioni annue sono pari allo 0,30%, superiori alla media di categoria.
Amundi ETF MSCI Europe UCITS ETF C (EUR)
Questo Etf è un replicante sintetico. Il fondo possiede un basket di titoli (azioni europee blue chips) di cui, come parte del contratto di swap, Amundi scambia la performance per il rendimento del benchmark, al netto delle commissioni. La controparte swap è BNP Paribas, che funge anche da custode. La normativa Ucits stabilisce che l’esposizione (e quindi la perdita potenziale massima) verso ogni singola controparte non possa superare il 10% del valore patrimoniale netto del fondo. Tuttavia, Amundi resetta lo swap a zero alla fine di ogni giorno lavorativo. L’Etf non svolge attività di prestito titoli. Il Ter è pari a 15 punti base, il più basso della categoria.

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