Neutrali su Europa e Usa: in sovrappeso su Giappone e Regno Unito

A cura di Pictet Am
Abbiamo rafforzato l’esposizione all’azionario USA e ridotto l’allocazione alle borse europee a livello neutrale. Anche se le azioni statunitensi presentano multipli di valutazione più onerosi rispetto a quelle europee, riteniamo che vi sia ancora un certo potenziale di apprezzamento, poiché gli ultimi dati indicano un’espansione sorprendentemente robusta della prima economia mondiale e una buona crescita degli utili. Inoltre, gli asset rischiosi dovrebbero essere  favoriti dalle scarse probabilità di inasprimento da parte della Federal Reserve prima di dicembre. Attualmente i prezzi delle azioni USA sono ben lontani dai livelli di una bolla, mentre quelli delle obbligazioni hanno raggiunto vette ben più elevate.
D’altro canto, i listini europei presentano valutazioni convenienti per una ragione precisa: il vecchio continente non è riuscito a risolvere la lunga serie di problemi strutturali che frenano la crescita e resta preda dell’instabilità politica, date le imminenti elezioni presidenziali in Francia e Germania. Inoltre, l’eccessivo indebitamento del settore bancario italiano potrebbe scuotere le fondamenta della regione. La BCE, l’unica istituzione che tiene insieme il blocco dell’euro, potrebbe rimanere a corto di munizioni. Siamo inoltre scettici sull’efficacia di ulteriori stimoli monetari nell’area euro.
Il giudizio sui mercati emergenti è stato rivisto al rialzo. I fondamentali economici sono migliorati grazie alla riduzione del rischio legato all’instabilità finanziaria della Cina nel breve termine. Sottolineiamo inoltre che, in base ai  nostri  parametri, le condizioni della liquidità in diversi grandi Paesi in via di sviluppo risultano positive. Inoltre, sembra che la forte domanda interna degli USA stia finalmente risollevando le esportazioni di alcuni Paesi asiatici, mentre Russia e Brasile si preparano a uscire da una profonda recessione.
Buone notizie anche da un indicatore tecnico: i dati dell’Istituto di Finanza Internazionale mostrano un’iniziale  inversione di tendenza sui mercati emergenti: gli investitori chiudono le posizioni sottopesate di lunga data e dal voto  sulla Brexit si registrano flussi nell’azionario per USD 8,3 miliardi. Si tratta dell’importo più elevato da quando la Fed  ha dato il via alla riduzione del programma di acquisto titoli nel 2013.
Confermiamo il sovrappeso di Regno Unito e Giappone in previsione di nuove misure di stimolo che dovrebbero  favorire le borse locali. In molti si aspettano che la Bank of England rinnovi l’impegno a scongiurare una flessione  legata all’uscita dell’Inghilterra dall’UE, dopo il calo della fiducia dei consumatori e iprimi segnali di contrazione nei  settori chiave. Gli interventi potrebbero contemplare un taglio dei tassi di interesse e un ulteriore allentamento  quantitativo.
Anche il Giappone dovrebbe reagire con un consistente pacchetto di stimoli allo shock della Brexit, responsabile dell’apprezzamento dello yen (percepito come un bene rifugio) e del conseguente impatto sugli esportatori. In base al nostro modello, al momento le valutazioni dell’azionario nipponico sono estremamente convenienti, poiché si attestano  circa due deviazioni standard dalla media di lungo periodo.
In ambito azionario confermiamo la preferenza per i settori ciclici, che sono più esposti a una ripresa economica e, secondo il nostro modello, presentano nel complesso un potenziale di crescita del 5-7%. Attualmente tali titoli offrono uno sconto del 10% rispetto al PE di  Shiller (depurato delle oscillazioni cicliche), un livello coerente con una recessione, rispetto al premio del 10% con cui  scambiano solitamente.
In ambito ciclico abbiamo spostato l’attenzione dai materiali all’industria. Riteniamo che la  spesa fiscale per infrastrutture diverrà un punto fisso nei programmi politici sia dei governi in carica che cercano di  migliorare la propria posizione, sia di forze populiste in cerca di alternative al commercio globale. Le utility ad alto  rendimento sono invece penalizzate da scarse prospettive di utili. E poiché le performance delle azioni delle utility e dei titoli di Stato sono strettamente correlate, il potenziale di rialzo delle prime risulta limitato da rendimenti  obbligazionari ai minimi storici a livello globale.

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