Il mercato vuole “vedere” le carte della Fed

A cura di Giuseppe Sersale, strategist Anthilia Sgr
Dopo Williams e Dudley, nel week end, abbiamo avuto un altro intervento di un eminente Membro FED, questa volta il vice  Presidente Fischer. Per  quanto  incentrato sul calo della  produttività e sui possibili rimedi (politica fiscale e regolamentazione secondo l’autore) il discorso  di Fisher si è aperto con la considerazione che la FED è vicina ai suoi obiettivi, e  che il mercato  del lavoro  US  ha mostrato una discreta tenuta, a fronte  dei numerosi shock ($ forte, Petrolio, Cina, Grecia, Brexit etc), un aspetto a suo parere non sufficientemente apprezzato. §
Fischer è noto per essere più vicino al fronte dei falchi che a quello delle colombe, ma si tratta del terzo intervento a fila a tinte hawkish nell’ultima settimana, e venerdi avremo la Yellen a Jackson Hole, con un discorso dal titolo “L’arsenale Fed” (personale traduzione di “Fed toolkit”).
Il mercato ieri ha inizialmente reagito da copione a cotanto ottimismo, con un $ in generale rafforzamento, e rendimenti dei treasuries in ulteriore salita rispetto a venerdi. L’idea sottostante è che la Presidente Fed, venerdi, mentre disserta sui vari strumenti a disposizione, trovi il modo di indurre i mercati a prezzare una maggior probabilità di una mossa entro la fine del 2016.
La forza del  dollaro ha riportato  un po’ di buon umore a Tokyo, aiutata anche da un intervista di Kuroda in cui il Governatore della Banca Centrale Giapponese si è praticamente impegnato ad erogare ulteriore  stimolo monetario a settembre, contravvenendo al suo stile che di solito  predilige la sorpresa  alla preparazione del mercato.
Il resto dell’Asia ha reagito alla  prospettiva di una Fed più aggressiva con modesti cali,  ad eccezione di Hong Kong sempre galvanizzata dall’approvazione del link con Shenzen.
Il  $ forte ieri è inizialmente piaciuto anche ai mercati europei, che hanno aperto in denaro, trainati da un settore bancario stranamente arzillo. E’ durato fino a metà mattina, e poi l’intero movimento ha preso a rientrare coralmente: il dollaro ha progressivamente azzerato i guadagni, i rendimenti hanno rapidamente invertito la marcia, e l’azionario europeo ha restituito i guadagni, con gli interessi, pur mantenendo i temi settoriali.
Per spiegare l’inversione di tendenza, alcuni hanno indicato il petrolio, alla prima seria correzione dopo 7 sedute. Certo energy e materials ne hanno sofferto, ma al di fuori dei singoli settori l’effetto deve essere stato modesto, cosi come lo era stato  quello del rally dei giorni scorsi. Sicuramente il dietrofront del $ ha avuto una parte nel flop  europeo, ma i mercati emergenti non ne hanno tratto particolare sollievo, a dimostrazione di un mood di base opaco.
Nel primo pomeriggio di ieri, l’unico dato macro di rilievo, il Chicago Fed National Activity Index di Luglio, ha sorpreso in positivo, segnalando una crescita sopra trend (0.27 da prec 0.16 e vs attese per 0.20, 0 indica crescita  a trend storico).
Nessun materiale impatto  sui mercati, con l’azionario europeo che ha chiuso marginalmente negativo  (ad eccezione di Milano e Madrid ad alto contenuto bancario), mentre gli emergenti accusano una robusta presa di beneficio e Wall Street non ha ancora deciso che fare. Dopo tanto movimento, invariate le le principali divise, ad eccezione della sterlina, in rafforzamento per quelli che sembrano motivi tecnici (sono tutti corti), visto che sul fronte politico Bloomberg ha riportato che le  pressioni sulla May per richiedere in anticipo l’uscita stanno aumentando.
L’impressione che si desume dalla  price action odierna è che il mercato stia  dicendo alla Fed “show me the money”.
In altre parole, dopo gli “stop and go” degli ultimi mesi (l’ultimo, clamoroso, a giugno) per prezzare una politica monetaria più aggressiva il mercato chiede un indicazione di timing più precisa, e soprattutto, poi, azione.
A parte ciò, il robusto calo dei rendimenti sulla parte lunga, a  fronte del marginale aumento delle probabilità  di un rialzo ai prossimi meeting (ora 26% a settembre e 52% entro  il 2016) sembra indicare che gli investitori percepirebbero una mossa come un errore di politica monetaria.
Oggi il calendario macro prende vita  con i PMI globali di agosto.  Mercoledi abbiamo il  GDP finale tedesco del secondo trimestre, seguito giovedi dall IFO, e  dai durable goods US di luglio. Venerdi la  seconda stima del  GDP US del  secondo semestre, e, naturalmente, la  Yellen.

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