Non ci sono segnali di volatilità in arrivo, ma meglio essere cauti

A cura di Giuseppe Sersale, strategist di Anthilia Sgr
Inizio di settimana più tranquillo delle attese, ieri, complice una chiusura per festività in UK che ha sicuramente levato un buon numero di operatori dal mercato. In ogni caso, la  price action ha sentito gli effetti degli  eventi di “Jackson Hole” di venerdi scorso. Ad avvantaggiarsene maggiormente, Tokyo, che ha “sentito” il balzo di 2 figure del $/Yen seguito alle dichiarazioni di Fischer (vedi lampi di Venerdi).
L’impressione personale è che il principale contributo al rally del $/Yen sia provenuto dal positioning a favore della divisa nipponica, in aperta sfida alla BOJ (mentre il catalyst è venuto dalla Fed). Anche le dichiarazioni di Kuroda possono aver avuto un ruolo, ma il Governatore BOJ si è limitato a ribadire concetti già  espressi, ovvero la determinazione ad agire alla bisogna e la fiducia di disporre ancora di ampio margine di manovra in tutte e 3 le dimensioni.  In realtà, i concetti più  interessanti erano emersi all’ultimo meeting BOJ, quando era stato annunciato, per settembre, un ” comprehensive assessment” dell’efficacia della politica monetaria nel perseguire i target.
Tra 3 settimane dovremmo avere i risultati di quest’assessment. Tra BOJ e FOMC, il 21 settembre si annuncia una data davvero fondamentale per il mix di politica monetaria globale.
Naturalmente il resto dell’area asiatica non ha condiviso l’entusiasmo di  Tokyo per dollaro e tassi US in rialzo. Ma  non si può  certo parlare di reazione veemente, con perdite generalmente moderate e India in controtendenza. Piatti i mercati cinesi, che hanno avuto dalla loro parte industrail profits di luglio in crescita (+2.5% mese su mese e +11% anno su anno vs +5% di giugno).
Venerdi la discesa di Wall Street era iniziata in concomitanza con la chiusura europea, e quindi i mercati continentali hanno dovuto fattorizzare circa un 1% di calo dell’S&P 500. Così  la mattinata ha visto gli indici accumulare più o meno un passivo di quell’ordine di grandezza, salvo  poi recuperare progressivamente, in parte avvantaggiandosi della crescente debolezza dell’€, e in parte scontando una Wall Street incline a recuperare parte di quello storno.
In US, come antipasto dei pesi massimi della settimana, abbiamo avuto ieri il personal income e spending di luglio, in linea con attese, ma con revisioni a rialzo dei dati di giugno. Sul fronte prezzi, la misura prediletta dalla Fed, il PCE deflator core, si è confermata a luglio a 1.6% anno su anno, vs attese che la vedevano calare di un decimo. Nulla che possa impattare più  di tanto sullo scenario FED.
Alla chiusura europea, solo il  $ sembra conservare interamente l’effetto dell’inedito Jackson Hole a 4 mani (Yellen-Fischer). Infatti il Dollar Index riesce a costruire sui progressi di venerdi, principalmente a spese, nell’ordine, di Sterlina, Yen e €. Le probabilità  di rialzo dei tassi scontate dai future sui Fed Funds hanno fatto una parziale marcia indietro,  con settembre che si coloca a 36% ( da 42%) e dicembre tornato a 60%  da 62%.  Ancor più rilevante il repricing sulla curva, con il  10y treasyry che perde oltre 4 bps di rendimento a 1.58%.
E Wall Street, trainata dai finanziari, era  intenta a recuperare la parte superiore del  range di agosto, ritracciando il grosso della perdita post Fischer, e consentendo all’Europa di contenere le perdite a  frazioni di punto.
Sollievo giustificato, o prematuro? Vedremo, ma io propendo leggermente per la seconda ipotesi. Sul fronte macroeconomico, il resto  della settimana porta domani la Consumer Confidence di Agosto, Mercoledi il  Chicago PMi e l’ADP  survey (antipasto dei payrolls),  Giovedi l’ISM manufacturing di Agosto e Venerdi il labour market report su cui Fischer ha messo tanto peso. Dati belli (in particolare gli ultimi 2) non potranno non rafforzare la probabilità di un rialzo dei tassi il  21.  Dati brutti potrebbero danneggiare la confidence nel ciclo US.
Solo dati anonimi o contrastanti (in particolare se sono i payrolls a deludere)favoriranno i risk assets.
Oltre a ciò, con questa settimana si chiude uno tra i periodi estivi più tranquilli delgli ultimi anni, ed entriamo in un autunno con qualche incognita (l’eventuale rialzo, la corsa presidenziale, etc etc. ). Dal punto di vista della stagionalità, normalmente la volatilità sugli asset aumenta, come nota anche Citigroup in un recente studio di cui riporto il grafico in fondo. Ed in questo caso si parte anche da quello che si può definire un “outlyier” (ovvero un periodo anomalo, in questa circostanza per il basso livello di volatilità rispetto alla media storica).
Per cui,  anche se per il momento non abbiamo in mano alcun segnale confermato di volatilità in arrivo, prediligo la cautela.

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