Tips alla ribalta!

A cura di Ritchie Tuazon, gestore di portafogli obbligazionari di Capital Group
 Con un tasso di disoccupazione pari al 4,9% in agosto, un livello vicino a quello che molti economisti considerano ottimale, l’attenzione del mercato è ora rivolta verso l’inflazione statunitense. Anche per comprendere l’esito dell’ultima riunioni della Fed è opportuno tenere a mente il duplice mandato della banca centrale, i cui obiettivi sono la piena occupazione e la stabilità dei prezzi.
Nel corso degli ultimi due anni, la crescita annua dell’indice dei prezzi al consumo (IPC), l’indicatore principale dell’inflazione negli Stati Uniti, ha raggiunto in media uno scarso 0,5%, percentuale molto inferiore rispetto al target d’inflazione della Fed (2%).
Il dato riferito all’inflazione primaria negli USA è stato influenzato soprattutto dal calo dei prezzi dell’energia: da luglio 2014, gli elementi costitutivi dell’IPC che rientrano in tale categoria hanno registrato una flessione del 13% circa. Escludendo energia e generi alimentari, si rileva tuttavia che l’inflazione core statunitense dell’ultimo biennio si è attestata al 2%.
A causa della ridotta inflazione realizzata conseguita di recente, il mercato dei TIPS (Treasury Inflation-Protected Securities) ha ridimensionato le proprie aspettative sull’inflazione. Dall’estate 2014, il tasso di breakeven dei TIPS a dieci anni (l’inflazione necessaria in un determinato periodo di tempo per eliminare la differenza tra il possesso di titoli di Stato nominali statunitensi e TIPS) è passato dal 2,2% all’1,5%. È interessante notare come le aspettative per il futuro si siano modificate a tal punto in risposta alla bassa inflazione realizzata dell’ultimo biennio.
E a nostro avviso non si tratta di un ridimensionamento giustificato. L’inflazione core negli ultimi 12 mesi, fino a luglio compreso, risulta pari al 2,2%. Nel corso di quest’anno il tasso di inflazione core annuale ha raggiunto il livello più alto dal 2008 e riteniamo vi siano diversi segnali che indicano che il dato continuerà a salire. Tra questi, la recente ripresa a livello di salari, l’incremento nella massa monetaria superiore al 7% lo scorso anno e una politica monetaria globale accomodante
Con la recente stabilizzazione dei prezzi dell’energia, infatti, l‘inflazione primaria non dovrebbe in futuro discostarsi molto dall’inflazione core. Secondo le nostre previsioni, entro i primi mesi del 2017 l’inflazione primaria su base annua tornerà al 2%.
A nostro avviso, dunque, i TIPS rappresentano un investimento interessante per tre ragioni: l’energia non è più un ostacolo per l’inflazione primaria, le prospettive per l’inflazione core sono positive e il mercato dei TIPS appare ancora valutato in maniera non adeguata. Considerando i dati attualmente a disponibili, riteniamo possibile che l’inflazione superi la soglia dell’1,5%. Per di più, nel caso in cui dovesse raggiungere livelli ancora più elevati, gli obbligazionisti ne trarrebbero un notevole vantaggio.
In ogni caso, anche nell’eventualità (improbabile) di una deflazione, le perdite degli obbligazionisti sarebbero con tutta probabilità contenute perché il dipartimento del Tesoro statunitense garantisce di pagare, alla scadenza di tutti i TIPS, un importo non inferiore al valore nominale. Ed ecco un’altra caratteristica che rende interessante questo tipo di investimento.

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