Le conseguenze delle Presidenziali Usa su Azioni, Europa ed Emergenti

A cura di Axa Im
Per discutere le implicazioni economiche e valutare il possibile impatto sui mercati finanziari, prendiamo in considerazione tre diversi scenari.
1. Hillary Clinton vince la corsa presidenziale, ma la Camera dei Rappresentanti resta a maggioranza repubblicana.
2. Donald Trump diventa presidente. Per incrementare le sue chance legislative, Trump adotta la proposta economica dei Repubblicani ma continua con la sua politica elettorale poco ortodossa.
3. Donald Trump vince e adotta tutti i provvedimenti promossi in campagna elettorale. Tra l’altro, impone dazi doganali al Messico e alla Cina, mette in dubbio la NAFTA, espelle gli immigrati non autorizzati (11 milioni secondo le recenti stime) e costruisce un muro sul confine col Messico.
I tre scenari che abbiamo delineato influiranno sui rendimenti obbligazionari a lungo termine negli Stati Uniti dato che incideranno certamente sui tassi di interesse e sulla componente ciclica del premio a termine. Nello scenario di base, la Federal Reserve, adottando un approccio molto accomodante, ritarderà il processo di normalizzazione dei tassi, mentre i fattori ciclici terranno il premio a termine in territorio negativo per diversi anni. In caso di vittoria di Trump sarà adottata una politica monetaria molto meno accomodante, col rialzo dei tassi lungo l’intera curva dei rendimenti. Inoltre, il premio a termine salirà più rapidamente, soprattutto se Trump sarà frenato dai Repubblicani, a fronte di un’economia più solida.
Di conseguenza, la curva dei rendimenti si appiattirà molto (i tassi di interesse a breve termine iniziano a convergere con quelli a lungo termine) nello scenario in cui Trump sarà vincolato dal Congresso rispetto allo scenario di base dove il segmento a breve termine continuerà ad essere sostenuto dalla politica monetaria. In caso di una vittoria totale di Trump, la curva dei rendimenti invertirà la tendenza a causa della stretta monetaria aggressiva, prima di un nuovo allentamento.
Per quanto riguarda il dollaro, entro fine anno dovrebbe essere intorno a 1,05 rispetto all’euro in caso di vittoria di Trump e intorno a 1,08 se vince la Clinton. Nel caso in cui Trump sarà frenato dai Repubblicani, l’ampia divergenza nella politica monetaria dovrebbe mantenere il dollaro forte. In caso di vittoria totale di Trump, inizialmente il dollaro salirà molto, seguito poi da una flessione a fronte del deterioramento dell’economia e delle aspettative di tagli ai tassi di interesse. Nel lungo termine, confermiamo le nostre stime di valore equo sulla base della parità del potere di acquisto, in questo momento a 1,09.
Azioni. I mercati azionari hanno mostrato qualche timida reazione ai sondaggi, con un calo delle performance e una maggiore volatilità in previsione di una probabile vittoria di Trump. Crediamo che un’elezione di Trump potrebbe provocare un’ondata di avversione al rischio nel breve termine, a fronte della composizione dell’elettorato e della maggiore incertezza politica. I mercati azionari storicamente hanno reagito male di fronte al cambiamento del partito del Presidente e a un Congresso diviso, entrambi scenari possibili in caso di vittoria di Trump.
Sebbene una presidenza Trump probabilmente introdurrà uno stimolo maggiore, al di là delle reazioni iniziali, non rappresenta una minaccia per gli utili nei primi anni del mandato. La prevista ripresa dell’attività e dell’inflazione, abbinate a profondi tagli fiscali per le imprese e all’allentamento fiscale mirato proposto dai Repubblicani al Congresso, rappresenteranno probabilmente un fattore di rilancio. Le prospettive a più lungo termine ci sembrano però negative in caso di vittoria di Trump. L’accelerazione a breve termine invertirà la tendenza nel medio periodo.
Secondo le nostre stime, i settori che beneficerebbero di una presidenza Trump rappresentano la maggior parte dell’indice MSCI US, mentre quelli che beneficerebbero della vittoria della Clinton sono marginali. La presidenza Trump sembrerebbe dunque relativamente positiva per i mercati, al di là delle reazioni iniziali. Abbiamo illustrato l’impatto dei diversi scenari sulle performance settoriali in una precedente pubblicazione. Mentre l’esito resta incerto, l’impatto finale sull’economia e sulle condizioni finanziarie dipenderà non solo da chi sarà eletto, ma anche dalla libertà che avrà di portare avanti le sue proposte economiche.
Conseguenze delle politiche di Trump: Europa e mercati emergenti. Da un punto di vista macroeconomico, un aumento degli stimoli fiscali negli Stati Uniti avrebbe un impatto positivo anche se limitato per l’Eurozona, poiché gli Stati Uniti rappresentano meno del 3% delle esportazioni lorde in termini di valore aggiunto. La rivalutazione del dollaro dovrebbe favorire marginalmente sia la crescita (attraverso la competitività commerciale), sia l’inflazione. Nel complesso, le implicazioni per la Banca centrale europea (BCE) saranno a nostro giudizio limitate. Nel caso di una presidenza Trump frenata dal Congresso, il rialzo del dollaro dovrebbe favorire la crescita nell’Eurozona e le prospettive inflazionistiche, nonché incrementare le probabilità di una chiusura del QE verso la fine del 2017. Il canale finanziario, nel caso in cui le prospettive cicliche negli Stati Uniti saranno favorite dalla politica fiscale, dovrebbe avvantaggiare la regione.
Ma l’impatto più consistente delle elezioni si sentirebbe nel caso di una vittoria totale di Trump, poiché gli Stati Uniti potrebbero iniziare una guerra commerciale oppure semplicemente inasprire i toni contro i “manipolatori di valuta”. La Germania e l’intera Area Euro hanno registrato un avanzo delle partite correnti, rispettivamente dell’8,6% e del 3,4% del PIL quest’anno; prevediamo che resti oltre la soglia del 3% indicata dal Rapporto sui cambi del Tesoro USA7 come un “avanzo di bilancio consistente”. L’impatto negativo sull’Eurozona sarebbe assai più forte ed è improbabile che ci siano ritorsioni coordinate, per cui la BCE dovrebbe essere ancora più accomodante.
Trump ha minacciato di imporre dazi punitivi sulla Cina. Nella misura in cui questi interventi non rispettino le norme del WTO, nonché siano ritenuti ostili dal governo cinese, crediamo che la Cina potrebbe applicare ritorsioni (forse con le stesse modalità) contro i prodotti americani venduti nel Paese. In base alla nostra analisi8, una contromisura di questo tipo potrebbe danneggiare molto le esportazioni degli Stati Uniti, dato che la Cina è il terzo mercato per dimensioni. Per quanto concerne il tasso di cambio del RMB, non prevediamo che le elezioni negli Stati Uniti possano alterare la politica valutaria della Cina basata su un sistema di cambio variabile. In particolare, se una vittoria di Trump facesse oscillare molto il dollaro, le autorità cinesi potrebbero intervenire nel medio termine per contenere la volatilità del mercato. Tuttavia, difficilmente sarà interrotto il processo di riforma valutaria nel lungo periodo che prevede tra l’altro il passaggio a un tasso di cambio più orientato al mercato.
Per quanto concerne i mercati emergenti più in generale, lo scenario peggiore derivante dal protezionismo commerciale negli Stati Uniti farebbe diminuire i volumi degli scambi globali. Sono possibili ritorsioni, come avvenne negli anni ‘30 del 1900 quando gli Stati Uniti adottarono lo Smooth-Hawley Act. Una questione importante sarebbe la NAFTA9, e in particolare i rapporti commerciali con il Messico.

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