Draghi ha favorito l’allungo dell’azionario Europa. Cruciale ora la tenuta di Wall Street

A cura di Banca Intermobilare

Poche novità sui mercati finanziari, anche se il meeting della BCE ha prodotto qualche effetto nonostante sia stato avaro di indicazioni.
Draghi ha detto veramente poco, ma gli operatori hanno tratto dalla riunione un messaggiodovish”: sono probabilmente state interpretate in questa direzione le due dichiarazioni del Presidente della BCE secondo cui nel corso del meeting non si è parlato di “tapering” e non giudica il mercato troppo compiacente in merito alle aspettative in termini di QE.

L’interpretazione data alle poche parole di Draghi insieme all’incremento delle aspettative di rialzo dei tassi a dicembre da parte della FED (la probabilità implicita nei FED Funds si è portata per la prima volta sopra il 70%) ha enfatizzato il differenziale di politica monetaria tra Stati Uniti ed Europa con il conseguente rafforzamento del Dollaro.

Questi sviluppi sono stati favorevoli alle Borse europee, che hanno proseguito il movimento di recupero, confermando anche la forza relativa nei confronti di Wall Street. Al di là delle differenze di politica monetaria e dei conseguenti effetti sul cambio, sono molteplici i fattori (più volte citati) che possono spiegare il positivo movimento dei mercati azionari europei:

  • una gap valutativo, che tenendo conto del differenziale tassi è piuttosto ampio;
  • uno stadio meno maturo del ciclo economico;
  • un minore impatto dalla rotazione settoriale conseguente alle aspettative di rialzo dei tassi;
  • una sottopeformance piuttosto evidente, soprattutto se si guardano le variazioni da inizio anno.

Ovviamente anche le problematiche restano sempre le stesse in Europa: in primo luogo quelle politiche ed, infatti, la prospettiva di un recupero in termini relativi rispetto a Wall Street è sempre stato inquadrato nell’ottica dello spazio temporale disponibile prima dei delicati appuntamenti politici di fine anno, il Referendum Costituzionale italiano in primis.
Il Referendum non ha soltanto una valore simbolico, ma anche di sostanza: una vittoria del no porterebbe quasi sicuramente ad una crisi di Governo, che tra le altre cose rischierebbe di mettere in dubbio il percorso di rafforzamento del settore bancario.

Proprio la crisi del settore bancario è un altro degli elementi di incertezza che pesano sull’Europa; a questo proposito occorre avere ben presenti due elementi:

  • da un lato nei prossimi mesi dovrebbero iniziare ad arrivare operazioni un po’ più costruttive rispetto ad aspettative che restano piuttosto basse (vedi le prime importanti cartolarizzazioni di sofferenze e le nuove operazioni di aggregazione, soprattutto nel mondo delle popolari italiane);
  • dall’altro bisognerà continuare a mettere in conto una volatilità estremamente elevata, che nel breve può andare molto al di là delle considerazioni di valutazione fondamentale, anche per questioni di carattere tecnico; è il caso del Monte Paschi che avrà per definizione un quotazione di mercato spaventosamente volatile sino a quando non sarà fissato il prezzo dell’aumento di capitale, dato che si trova a realizzare una ricapitalizzazione per una buona parte senza diritto di opzione e di importo decisamente elevato rispetto all’attuale capitalizzazione di mercato.

Detto quanto sopra, resta il fatto che per la prosecuzione del positivo trend di breve termine delle Borse europee è necessaria una tenuta di Wall Street.
La Borsa americana si trova in una fase tecnicamente abbastanza delicata: è tornata a muoversi in un trading range decisamente contenuto, con una volatilità estremamente contenuta ed una soglia di supporto di breve termine delicata e piuttosto vicina (area 2119).

Per quanto questo prolungato andamento laterale di Wall Street sia un elemento di attenzione, trova comunque una spiegazione fondamentale: le valutazioni piuttosto elevate e la bassa crescita la “cappano” al rialzo, mentre i bassi tassi e la mancanza di alternative di investimento fanno da “floor” al ribasso.

Nel breve alcuni elementi a favore della tenuta sono:

  • i recenti dati macro americani, che sono migliorati e questo è positivo in un contesto in cui si dà ormai sostanzialmente per scontato il rialzo dei tassi da parte della FED;
  • la reporting season, da cui arrivano indicazioni piuttosto positive (dopo diversi trimestri gli utili per azione dovrebbero essere tornati a crescere nel 3Q);
  • l’evoluzione dei sondaggi sulle Presidenziali, che, con l’allungo della Clinton, vanno nella direzione preferita dai mercati.

Ritornando alle Borse europee e spostandosi su considerazioni di carattere tecnico, la configurazione è sicuramente migliorata, anche se sono ora arrivate sui primi livelli di resistenza significativi (10800 di DAX, 3100 di EUROSTOXX50 e 17400 di FTSEMIB).

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