Il referendum italiano secondo Credit Suisse

A cura di Sandrine Perret, Investment Strategist – Chief Investment Office IWM Credit Suisse
Il referendum italiano sulle riforme costituzionali si terrà tra poco più di un mese. La votazione nazionale – indetta dal primo ministro Matteo Renzi e prevista per il 4 dicembre – si propone di rimodellare alcune caratteristiche del processo di governo e legislativo italiano. Innanzitutto andrebbe a cambiare il sistema parlamentare, riducendo dimensioni e potere del Senato, mentre la Camera resterebbe il principale ramo del Parlamento a livello legislativo. Di fatto, si è ritenuto in passato che il sistema bicamerale italiano abbia decisamente rallentato l’adozione di una nuova legislazione. Infatti entrambe le camere presentano lo stesso potere decisionale nel regime attuale. Secondo la nuova proposta, il Senato andrebbe a rappresentare gli enti locali senza potere di veto. La seconda riforma principale andrebbe a riallocare e a ridistribuire le competenze tra il governo locale e centrale allo scopo di rendere più efficiente  la pubblica amministrazione.
Pur non incluso nel referendum, un nuovo sistema elettorale denominato «Italicum» modificherebbe la governance politica. Assegnerebbe un premio di maggioranza al partito che vince le elezioni nazionali, assicurando così al principale partito il 55% dei seggi in parlamento e una maggiore stabilità politica. I partiti politici più piccoli e una parte dello stesso Partito Democratico (PD) di Renzi hanno sostenuto che la legge elettorale, al vaglio della corte  costituzionale, non assicurerebbe loro una rappresentanza sufficientemente solida e hanno ritirato il loro sostegno alle proposte di riforma di Renzi.
Le intenzioni degli elettori indicano un «no» Mentre la campagna del governo a favore del «sì» è cominciata solo a inizio ottobre, Renzi ha annunciato e ripetuto di recente che si dimetterebbe se gli elettori bocciassero la proposta. La gran parte dei sondaggi resi noti nelle ultime settimane ha evidenziato un vantaggio dei «no», avanti di 3–4 punti rispetto al «sì». Ma, visto che una quota molto consistente di elettori è ancora indecisa al momento della redazione, il risultato è ancora incerto.
Incremento della volatilità in caso di una bocciatura Una bocciatura verrebbe percepita in modo negativo per il percorso delle riforme in Italia, dove il debito pubblico è cresciuto a dismisura al di sopra del 130% del PIL, e dove il settore bancario è in condizioni molto deboli. Ciò potrebbe alimentare dei dubbi sulle prospettive di crescita del paese, e quindi genera una certa volatilità per gli asset italiani. Prevediamo un’ulteriore volatilità degli spread obbligazionari e potenzialmente un’ulteriore svendita degli asset più rischiosi, sebbene essi abbiano registrato una correzione consistente da inizio anno. Inoltre una bocciatura potrebbe incidere sul sentiment di rischio verso gli asset di altri paesi periferici. A livello politico, un esito negativo potrebbe altresì dare slancio al partito di opposizione «5 Stelle» (MS5).
Tuttavia le alternative sono limitate in termini di governo ed è possibile che a Renzi verrà chiesto dal Presidente della Repubblica di restare in carica temporaneamente. Infatti la riforma elettorale dovrà comunque  cambiare prima che le elezioni anticipate vengano potenzialmente indette più in là l’anno prossimo.

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