Usa, frenesia sul rialzo dei tassi è esagerata secondo Comgest

A cura di Christophe Nagy, gestore del fondo Comgest Growth America

La crescita americana rimane sostenuta e il PIL USA è cresciuto del 2,9% nel terzo trimestre dell’anno, dato superiore alle aspettative. Il tasso di disoccupazione rimane basso e i redditi delle famiglie aumentano. Tuttavia, numerosi fattori continuano a pesare sulla crescita dell’economia a stelle e strisce:

  • Il costo degli affitti e le spese per le cure mediche aumentano più rapidamente dei redditi disponibili;
  • Le imprese rimangono prudenti in tema di investimenti, probabilmente per effetto delle politiche monetarie;
  • Alcune voci di spesa importanti, come il settore alimentare, hanno registrato significative flessioni dei prezzi, a detrimento del settore della grande distribuzione.

In tale contesto, la frenesia sul rialzo dei tassi a breve termine e sul suo impatto ci sembra esagerata. È indubbio che ci siano pressioni salariali, ma i fattori citati poco sopra faranno riflettere due volte la Fed, prima di rialzare i tassi in maniera aggressiva.

Le società che deteniamo in portafoglio sono fondamentalmente poco o per nulla sensibili ai tassi d’interesse, per via del loro settore di attività (non deteniamo infatti banche in portafoglio e le vicende di Wells Fargo o Deusche Bank non ci faranno cambiare idea) e del basso livello di indebitamento.

La ripresa del prezzo del petrolio a fine trimestre è interessante. Non pensiamo che il suo prezzo potrà essere mantenuto a lungo oltre il prezzo a cui l’estrazione di petrolio non convenzionale americano è redditizia, cioè da 55 a 60 dollari. Oltre questo prezzo, l’offerta di petrolio USA rimbalzerà rapidamente.

Se si vogliono cercare dei rischi nel mercato americano, bisogna forse guardare dal nostro lato dell’Atlantico, dove la bassa capitalizzazione di tutto il settore bancario rappresenta un grave problema strutturale – che gli americani hanno saputo gestire nel giro di due anni, dopo la crisi finanziaria – che si aggiunge a una crescita atona e ad un’unione monetaria non molto convincente.

Tra i migliori contributori alla performance del nostro portafoglio, citiamo Cavium, che ha vissuto un consistente rimbalzo dopo essere stato penalizzato nel secondo trimestre, in seguito all’annuncio della riacquisizione di QLogic. Avevamo rinforzato la nostra posizione su questo titolo; la fusione è ora effettiva e gli investitori iniziano a comprendere meglio non solo la logica finanziaria dell’operazione, ma anche il potenziale di sinergie commerciali tra i due produttori di semiconduttori.

Da segnalare, poi, è Biogen, che ha segnato un rimbalzo grazie a un successo clinico, inizialmente atteso per il 2017, nel campo dell’atrofia muscolare spinale, malattia rara trattata in partenariato con Ionis. Nei risultati del secondo trimestre, l’EPS era in aumento del 22%, grazie a una ristrutturazione effettuata a fine 2015 e ai risultati dei farmaci contro la sclerosi a placche. Infine, la società ha ottenuto lo status “Fast Track” da parte della FDA per l’Aducanumab, farmaco contro l’Alzheimer.

Le vendite di Wright Medical continuano a un ritmo sostenuto (la crescita organica si attesta al 10% anno su anno). La qualità della gamma di protesi articolari favorisce l’allargamento della quota di mercato. La fusione con Tornier è stata completata con successo e ha permesso al Gruppo di raggiungere una dimensione commerciale notevole in tutti i mercati.

Il prossimo trimestre sarà segnato dalle elezioni di novembre, che avranno un impatto limitato, eccezion fatta per un’improbabile presidenza Trump e un Congresso a guida repubblicana. L’elemento da seguire sarà l’eventuale passaggio del Senato ai democratici, che provocherebbe un Congresso diviso tra i due partiti – la House of Representatives resterà molto probabilmente a guida repubblicana –, con la necessità di trovare dei compromessi. Emerge un consensus verso le misure di stimolo fiscale e una riforma fiscale, che sosterrebbero il mercato azionario.

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