Mercati emergenti: prevale l’ottimismo

A cura di Simon Lue-Fong, Head of Emerging Debt di Pictet Asset Management
A inizio ottobre ho partecipato alle riunioni annuali del Fondo Monetario Internazionale a Washington e New York; di seguito alcune delle osservazioni emerse nel corso della discussione sui mercati in via di sviluppo.
Le considerazioni sui Paesi emergenti sono state in generale ottimiste. Lo scorso anno, invece, prevalevano i timori circa l’impatto di prezzi delle commodity in calo, valute deboli e probabile inasprimento dei tassi da parte della Fed. Quest’anno sembra non ci siano particolari ostacoli per coloro che desiderano investire nelle aree in via di sviluppo. I prezzi delle commodity sono tornati a salire. Il petrolio ha messo a segno un rialzo. Le valute locali hanno riguadagnato terreno rispetto al dollaro USA. E anche se in dicembre è probabile un aumento dei tassi da parte della Fed i mercati scontano già un inasprimento tra 25 e 50pb e il picco del ciclo sarà probabilmente più basso di quanto temessimo un anno fa.
La riduzione dell’inflazione nei Paesi emergenti, in particolare nell’area delle commodity, è stata fonte di grande ottimismo poiché offre alle banche centrali maggiori opportunità di allentare la politica monetaria. Lo scorso anno le autorità monetarie dovevano fare i conti con l’aumento dell’inflazione e la svalutazione delle divise, un circolo vizioso che le costringeva ad alzare i tassi nonostante il rallentamento congiunturale. Da allora, si è verificata una svolta nel ciclo economico. Le valute si sono apprezzate e l’inflazione è diminuita consentendo alle banche di tagliare i tassi e stimolare la crescita.
I partecipanti agli incontri guardavano con favore all’America Latina. A mio parere, ciò si deve al fatto che nei Paesi della regione si assiste al passaggio da figure carismatiche e populiste di sinistra a una politica di centro o centro-destra orientata al mercato e all’integrità sul fronte economico.  L’Argentina ha aperto la strada con la presidenza di Mauricio Macri.
Anche dal Brasile giungono segnali incoraggianti: Michel Temer ha lanciato un pacchetto di riforme che include l’austerità fiscale. Anche gli elettori di Perù e Bolivia hanno optato per una svolta rispetto alle politiche socialiste di vecchio stampo. Il Venezuela rappresenta ovviamente un’eccezione ma anche in quel caso è probabile che l’opinione pubblica si opporrà all’attuale amministrazione. Una normalizzazione renderebbe il Venezuela molto simile all’Argentina.
La Cina non è più al centro dell’attenzione. Lo scorso anno si temeva che il governo di Pechino potesse scatenare un hard landing e un crollo del renminbi nel tentativo di ribilanciare l’economia favorendo una crescita meno dipendente dagli investimenti e di risolvere il problema dell’indebitamento del settore privato. Gli investitori avevano quindi iniziato a sottopesare la Cina. Tuttavia, le autorità locali sono state costrette a fare marcia indietro a causa del deterioramento della crescita e di nuovi inaspettati problemi. Le società statali in fallimento sono state fuse con altre più solide, e nonostante la recente flessione del renminbi, l’economia si è stabilizzata.
Nel complesso, in base a un’indagine di BofA Merrill Lynch, la stragrande maggioranza dei partecipanti alle conferenze prevedeva flussi di investimento nel debito emergente in valuta locale nei prossimi sei mesi.
I FATTORI NEGATIVI SONO MOLTO MENO PREOCCUPANTI DI UN ANNO FA. TUTTAVIA, È IMPORTANTE CONSIDERARE ALCUNI RISCHI.

Nonostante il clima positivo nessuno dei nostri interlocutori era particolarmente ottimista circa le prospettive di crescita dei Paesi emergenti. La nuova norma per le aree in via di sviluppo è simile alla nuova norma dei Paesi avanzati, ovvero inflazione e crescita tendenziale inferiori rispetto agli anni precedenti la crisi finanziaria globale. Detto questo, le economie emergenti dovrebbero crescere a un ritmo quasi doppio rispetto al mondo industrializzato in termini reali.
L’inflazione è ancora un rischio. Nelle economie sviluppate si parla sempre più di stimoli all’economia tramite interventi in ambito fiscale; per contro, nelle aree emergenti le autorità continuano a optare per misure ortodosse e per una politica fiscale rigorosa. Idealmente tale linea dovrebbe coincidere con una politica monetaria moderata e una valuta forte.
Tuttavia, nei Paesi in via di sviluppo il ciclo inflazionistico è tornato ai minimi del 2008 e si teme un graduale aumento dell’inflazione che causerebbe un nuovo indebolimento delle divise e il ritorno all’inasprimento monetario. In altre parole, un nuovo circolo vizioso. Ma quante probabilità ci sono che l’inflazione torni a crescere? Gli effetti base saranno certamente un fattore importante. Nei prossimi mesi verranno meno alcuni fattori positivi che avevano portato a un calo dell’inflazione a/a.
Al contempo, l’aumento dei prezzi delle commodity inizierà a influire sui prezzi di vendita al dettaglio. Non si prevedono variazioni significative dell’inflazione, ma è bene tenere la situazione sotto controllo.

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