Clinton o Trump? Piani economici a confronto

A cura di RARE Infrastructure (Gruppo Legg Mason)
Il tema degli investimenti in infrastrutture è stato al centro della campagna elettorale di entrambi i candidati alla presidenza americana, Hillary Clinton e Donald Trump e ne ha anzi costituito uno dei pochi punti di accordo. Dei diversi miliardi di dollari messi a budget dai due candidati Clinton e Trump per il miglioramento delle infrastrutture negli USA, una fetta importante della spesa fiscale sembra che sarà destinata da entrambi al rinnovamento di strade e ponti.

  • Hillary Clinton propone un piano quinquennale di spesa complessivamente pari a $275 miliardi, insieme alla costituzione di una “National Infrastructure Bank” con il potere di emettere debito e porsi da garante, al fine di raccogliere ulteriore capitale da privati per un ammontare di spesa aggiuntivo stimato in circa $225 miliardi. In aggiunta a ciò, la Clinton ha in progetto il raggiungimento di una banda larga universale entro il 20120 ed un maggior focus sulle energie rinnovabili, da finanziare attraverso l’eliminazione di alcune scappatoie fiscali (cosiddette “corporate tax loopholes”) di cui alcune aziende beneficiano impropriamente.
  • Il piano di Donald Trump prevede invece $500 miliardi di spesa da finanziare attraverso l’emissione di nuovo debito. Anche se, a differenza della Clinton, Trump non ha aggiunto molti dettagli a riguardo, la campagna sembra simpatizzare per le infrastrutture coinvolte nell’industria tradizionale dei combustibili fossili.

IMPATTO SULLA CRESCITA USA. L’analisi degli sviluppi futuri attesi a livello macro economico è un aspetto essenziale del processo di investimento di RARE, di cui rappresenta quindi parte integrante. Benché sia difficile da stimare con precisione,  i risultati ottenuti dalla task force di esperti che RARE ha incaricato di analizzare l’impatto di una vittoria dell’uno o l’altro candidato sulla crescita statunitense stimano in entrambi che la spesa in infrastrutture proposta  si traduca in un incremento del PIL USA di circa lo 0.5%.
Secondo Oxford Economics, società di consulenza esterna di cui RARE si avvale, una vittoria della Clinton dovrebbe avere un effetto neutrale o moderatamente positivo sulla crescita, mentre nel caso in cui gli elettori americani sceglieranno di assegnare la Presidenza a Trump, è possibile che nei primi 18 mesi successivi la crescita economica subisca un rallentamento.
IMPATTO SUI MERCATI AZIONARI GLOBALI. In generale, i mercati azionari globali percepiscono una vittoria di Hillary Clinton come una sorta di continuazione dello status quo, mentre, al contrario, la minor chiarezza nella linea di azione di Trump induce i mercati a considerare una vittoria di quest’ultimo come un fattore di incertezza, che indurrà quasi certamente maggiore volatilità. Per questo motivo è più difficile stimare in maniera accurata l’impatto di una vittoria di Trump, i cui piani che prevedono l’imposizione di tariffe commerciali pari al 45% nei confronti della Cina e del 35% nei confronti del Messico, insieme alle modifiche inerenti il North American Free Trade Act potrebbero indurre una recessione negli USA.

  • Mike LaBella, Portfolio Manager di QS Investors (Gruppo Legg Mason): Qualunque sia il risultato delle elezioni americane, una sfumatura politica negativa continuerà a caratterizzare il mondo considerati elementi come la continua incertezza sulla sicurezza finanziaria, il nazionalismo economico e il rifiuto della globalizzazione e delle politiche commerciali. Tuttavia, è difficile prevedere a quale aspetto in particolare i mercati potrebbero legarsi. Pensiamo a tutte le previsioni negative su cosa sarebbe potuto accadere in caso di vittoria del “si” al referendum sulla Brexit – in quel caso, i mercati si sono in realtà comportati in modo diverso rispetto alle previsioni. Ciò ci  ricorda ancora una volta quanto sia complesso prevedere l’impatto immediato degli eventi politici. Per questo noi di QS Investors riteniamo che gli investitori siano meglio supportati da un approccio che prende in considerazione il lungo periodo e utilizza strategie di diversificazione e a bassa volatilità per bilanciare gli alti e bassi di simili eventi.

Guardando alle elezioni americane, un aspetto da evidenziare in caso di una vittoria della Clinton è la probabilità di un governo diviso. Un simile scenario renderebbe difficile affrontare i maggiori problemi strutturali del Paese ed è possibile che a Washington si continui ad operare con una mentalità orientata alle brevi scadenze, dal momento che i diversi schieramenti continueranno a rappresentare un possibile elemento di stallo del governo, essendo divisi su temi come i livelli massimi del debito. Se vincesse Trump i Repubblicani potrebbero prendere il controllo della Casa Bianca, Senato e Camera mettendo fine agli impasse politici. Tuttavia, considerata la retorica passata sui possibili conflitti commerciali con Cina, Messico, Giappone o altri Paesi, resta concreta in questo caso la possibilità di una significativa volatilità.

  • Francis Scotland, Co-Director della Ricerca Macro di Brandywine Global (Gruppo Legg Mason): siamo al rush finale dell’evento geo-politico più importante dell’anno – le elezioni presidenziali Usa. I due candidati propongono 2 visioni completamente differenti della politica interna ed esterna degli Stati Uniti, con enormi implicazioni per gli investitori, nonché per la stessa organizzazione delle attività economiche a livello globale. Gli investitori sono ancora particolarmente scossi dall’esito del referendum di Brexit ed ora – guardando all’8 novembre-  la preoccupazione maggiore è il rischio di un contagio politico di natura populista anche in America. La Storia ci ricorda che i problemi economici e sociali che hanno caratterizzato gli anni 70 hanno portato ai governi Thatcher e Reagan con una conseguente rivoluzione economica. La principale preoccupazione oggi è che gli attuali problemi di disuguaglianza economica e crescita lenta portino ad un’altra rivoluzione economica, ma questa volta verso il protezionismo e ad una fine delle spinte di globalizzazione che sono state invece un elemento positivo per la crescita livello globale negli ultimi 30 anni.

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