Milano evita il peggio, ma le banche affondano mentre l’Europa corre

A cura di Vincenzo Longo, market strategist, di IG

Chiusura in positivo per tutte le principali borse europee, fatta eccezione per Milano che ha terminato in frazionale calo. La vittoria del NO al Referendum sulla riforma costituzionale non ha avuto i tanto temuti effetti e le altre principali piazze finanziarie del Vecchio continente hanno letteralmente snobbato l’evento. Anche Wall Street è rimasta piuttosto sorda alle vicende politiche italiane. Il Dow Jones ha addirittura aggiornato i massimi storici in apertura spingendosi sopra quota 19.200 punti. Sui mercati abbiamo assistito a un fase di risk on, guidata direttamente e indirettamente ancora dal petrolio. Il Brent e il WTI oggi hanno aggiornato i nuovi massimi da luglio 2015, arrivando a superare rispettivamente i 55 e i 52 dollari al barile, grazie all’eco delle decisioni OPEC della scorsa settimana e all’indebolimento del biglietto verde. I prezzi del petrolio hanno fatto finire sotto pressione il fixed income, con le aspettative inflattive ancora in ripresa. A beneficiarne è stato il comparto bancario, con i rialzi che hanno permesso a Goldman Sachs di arrivare ai nuovi massimi da fine 2007. In grande spolvero anche le banche in Europa, Deutsche Bank a un soffio dai picchi di novembre.

Su Piazza Affari le vendite sono state piuttosto contenute e concentrate soprattutto sul comparto bancario. Una serie di fattori hanno contribuito, a nostro avviso, a questo movimento:

  1. il mercato stava già scontando una vittoria del NO, anche se non con questo ampio gap;
  2. l’attesa della riunione di politica monetaria della Bce di giovedì potrebbe aver stemperato gran parte delle vendite sul mercato. I rumors sul mercato puntano a un prolungamento del QE per ulteriori 6 mesi (sino a settembre 2017), con gli acquisti che potrebbero essere concentrati sull’Italia, vista la scarsità di asset tedeschi e in vista di turbolenze sui BTp;
  3. le dimissioni di Renzi di ieri sera, dopo un’ora dalla chiusura dei seggi, avrebbero permesso agli operatori di digerire durante la notte gran parte della negatività.

Molti settori in Italia hanno segnato delle buone performance, soprattutto quelli export driven. La performance delle banche è stata decisamente negativa e ad evitare il peggio è stato probabilmente la tenuta del settore a livello globale. I dubbi insorgono se guardiamo alla performance relativa tra i titoli bancari italiani e quelli europei, vero termometro al momento sul rischio paese. Il gap è tornato a penalizzare i titoli del Belpaese, dopo il tentativo di recupero della scorsa settimana. La tendenza potrebbe peggiorare nei prossimi giorni, se l’incertezza politica dovesse perdurare a lungo. Tutte le attenzioni sono rivolte a MPS, rimasta molto volatile per tutta la seduta. Nel pomeriggio alcune fonti avrebbero riferito che l’aumento di capitale potrebbe subire ritardi di 3-4 giorni, almeno fino a quando la situazione politica non sarà più chiara. Il burden sharing diventa sempre più una possibilità, in sostituzione al bail in, dato che avrebbe l’approvazione della Commissione europea. La tensione rimane altissima e ogni notizia potrebbe essere in grado di accendere fasi di forte volatilità.

Probabilmente, gli investitori attenderanno le decisioni della Bce di giovedì e questo frena la speculazione al ribasso. Nel caso la risposta di Draghi non dovesse piacere al mercato, le vendite potrebbero essere violente. Proprio per questi motivi, lo spread e i rendimenti del mercato governativo sono scarsamente attendibili e non riflettono il rischio e le tensioni che gli investitori hanno sull’Italia.

Tra le valute, l’euro si è spinto ai massimi da metà novembre verso il biglietto verde, con il cambio che ha superato quota 1,07, dopo un rapido test stamane su 1,05. Il supporto strategico di lungo periodo sembra aver tenuto per ora. Il risultato delle elezioni in Austria potrebbe aver contribuito a stemperare l’eccessivo pessimismo sulla tenuta della zona euro.

Tra le commodity, l’oro non ha approfittato del deprezzamento del biglietto verde. Il metallo prezioso è sceso ai minimi da 10 mesi, sotto quota 1.160 dollari/oncia.

Vuoi ricevere le notizie di Bluerating direttamente nella tua Inbox? Iscriviti alla nostra newsletter!