Verso uno scenario di reflazione?

A cura di Jeremy Lawson, Capo Economista, Standard Life Investments
Negli ultimi due anni ampie fasce dell’economia globale sono state frenate dalla bassa inflazione. L’inflazione CPI nei mercati sviluppati, che nel 2015 aveva registrato una media dello 0,3%, sembra destinata ad attestarsi allo 0,7% per quest’anno. Nei mercati emergenti l’inflazione è stata generalmente più elevata, anche se la lunga fase deflazionistica dei prezzi alla produzione in Cina dimostra che nemmeno gli emergenti sono stati immuni al trend globale. Le cause di questa bassa inflazione sono state discusse approfonditamente.
A spingere l’inflazione verso il basso è stato innanzitutto l’esteso calo dei prezzi delle materie prime, mentre molte economie lottavano per creare pressioni interne sui prezzi in linea con gli obiettivi di inflazione. La prima di queste forze ha già iniziato a ridursi e nei prossimi mesi la disinflazione dei prezzi delle materie prime continuerà a diminuire all’interno dei tassi di inflazione. Considerato il rally di alcuni mercati delle materie prime ci aspettiamo di vedere un lieve impulso inflazionistico su questo fronte. Le nostre previsioni riflettono questo miglioramento: ci aspettiamo un’accelerazione all’1,7% della crescita dei prezzi nei mercati sviluppati per il 2017.
Questo significa che non dobbiamo più temere una “lowflation”? Non del tutto. Escludendo l’andamento dei prezzi delle materie prime, i segni di una più forte inflazione core sono al massimo sporadici. Negli Stati Uniti la crescita dei salari e l’inflazione core sono in rialzo e potrebbero accelerare ulteriormente nel 2018 se l’operato del governo repubblicano porterà a un grande stimolo fiscale. Questo rappresenterebbe un problema per il FOMC. Ci aspettiamo inoltre che nel Regno Unito vi sia un aumento significativo del tasso di inflazione, anche se questo riflette in larga misura l’impatto del deprezzamento della sterlina. Prevediamo infatti, che l’indebolimento dell’economia farà vacillare l’inflazione generata dall’interno, permettendo alla Banca d’Inghilterra di mantenere una politica accomodante.
L’ Eurozona continua invece a lottare per generare inflazione, con una capacità disponibile ancora apparentemente abbondante. Analogamente, analizzando i dati su salari e costi unitari in Giappone vi è scarsa evidenza che la crescita dei prezzi si stia avvicinando al target. Pertanto, se da un lato l’aumento dell’inflazione è utile, dall’altro non potrà dissipare i timori legati ai bassi tassi di inflazione in questi mercati.
 

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