Emergenti, tra azioni e obbligazioni

Tim Love, Direttore Investimenti strategie azionarie emergenti di GAM. Le azioni dei mercati emergenti, come molti mercati azionari globali, sono state in larga parte prese in contropiede dal risultato elettorale. Sottostimando il potenziale di un contraccolpo populista nei confronti della politica mainstream, il rapporto rischio/rendimento degli asset degli emergenti è stato messo alla prova dalle argomentazioni negative di Trump. Più ottimisticamente, invece, lo scenario per le imprese negli Stati Uniti potrebbe beneficiare delle tasse più basse, della minore regolamentazione e, in generale, di un sentiment generalmente più business-friendly. È anche chiaramente un segnale positivo, il fatto che il nuovo presidente abbia buone possibilità di mettere fine all’impasse di Washington, controllando le maggioranze sia della Camera sia del Senato. Ma, e questa è una domanda fondamentale, la nuova svolta verso un’economia “pro-USA”, potrebbe scivolare verso un accanito protezionismo?
Sarà infatti cruciale vedere se Trump smorzerà la retorica della sua campagna su aree d’intervento cruciali e controverse. Il Messico è stato uno dei principali target, ma è discutibile fino a che punto questo avrà davvero un serio impatto economico. Se gli Stati Uniti dovessero ritirarsi dalle iniziative del WTO e dagli accordi di libero scambio come il TTIP, tra quelli che ne pagheranno le conseguenze ci saranno Taiwan e la Corea. Anche la Cina ci rimetterebbe dinanzi a una marcia indietro in materia di libero scambio, e qualora il mercato azionario locale dovesse tenere, sarebbe parzialmente dovuto alla percezione che in termini geopolitici Trump rappresenti il minore dei mali se paragonato a Clinton. Una potenziale riduzione della sfera di influenza della NATO per l’alleanza occidentale, e per l’Europa Orientale in particolare, rappresenta un ulteriore rischio per la Polonia, il Baltico e la Romania.
Così come dopo la Brexit, continuiamo a concentrarci su quei catalizzatori domestici delle economie Emergenti che stanno dando forma a questo cosiddetto “nuovo ordine mondiale”, verso il quale le campagne elettorali occidentali rappresentano solo una risposta. Questi driver sono rappresentati da una gigantesca spesa per le infrastrutture, basti pensare che la Cina vuole costruire 500 nuovi aeroporti entro il 2020, oppure riforme fiscali o sociali supportate dallo sviluppo tecnologico, come l’India che ha recentemente annunciato di voler abolire le banconote di grosso taglio per combattere la corruzione e sostenere la propria aspirazione a diventare un hub del fintech.
Jack Flaherty, Direttore Investimenti strategie obbligazionarie di GAM. Ai mercati non piace l’incertezza, perciò in seguito alla notizia della vittoria di Trump c’è stata una reazione impulsiva di vendita di tutti gli asset di rischio, con il Dow Jones Average che ha perso 800 punti base ad un certo punto. Queste perdite sono state frenate significativamente dal fatto che la prospettiva di una Casa Bianca, di un Senato e di una Camera tutte in mano ai repubblicani può essere vista come un’amministrazione maggiormente favorevole alle società rispetto alla precedente.
Il mercato del credito negli Stati Uniti ha anche mostrato una prima debolezza, ma ha poi messo a segno un rimbalzo. Il mercato dei Treasury, che dovrebbe essere visto come un “beneficiario” di una fuga verso gli asset di qualità, si sta invece focalizzando su alcune delle ramificazioni economiche di un governo statunitense monopartitico. A prima vista, il piano di Trump dovrebbe essere stimolante e aumentare il deficit.
Le preoccupazioni sulle posizioni di Trump riguardo al Messico hanno portato a un indebolimento del peso, che ha però messo a segno un rimbalzo rispetto ai minimi toccati. In questo contesto, vedremmo massicci indebolimenti come un’opportunità di acquisto. La vittoria di Trump dovrebbe continuare a incoraggiare un certo irripidimento della curva dei rendimenti, grazie al maggior stimolo fiscale e al ridotto premio di mandato, un tema cui guardiamo favorevolmente. Ma potrebbe anche sostenere un proseguimento del sell-off sui tassi.
Nei mercati emergenti, è probabile che gli asset messicani subiscano una certa volatilità ma noi vedremmo qualsiasi significativo sell-off, in particolare dei bond messicani, come un’opportunità. Il recente restringimento delle politiche monetarie e il probabile effetto sul sentiment dovrebbe causare un rallentamento dell’economia messicana nei prossimi 12-18 mesi e dovrebbe significare che qualsiasi shock inflazionistico derivante dalla debolezza valutaria non si autoalimenterà. Un contagio del real brasiliano da parte del peso messicano potrebbe rallentare il recente ciclo espansivo ma, a nostro avviso, non lo impedirà.
Continuiamo a preferire obbligazioni brasiliane a lunga scadenza, e a considerare una debolezza nelle prossime settimane come un’opportunità per partecipare a un ciclo espansivo ancora più accentuato di quanto il mercato stia attualmente prezzando.

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