La “Trumpnomics” è fondamentalmente inflazionistica

A cura di Marc Craquelin, Direttore della Gestione di Financière de l’Echiquier
Contrariamente alle attese, l’elezione di Donald Trump è stata vissuta piuttosto “bene” dai mercati azionari, gli investitori scommettono su un «nuovo Reagan» e sull’attuazione di politiche molto pragmatiche. Pertanto questi mercati minimizzano o ignorano il premio per il rischio politico derivante da questo risultato elettorale e si focalizzano sul «programma» Trump.
Quest’ultimo è una sorta di UFO economico che unisce keynesismo, deregolamentazione e protezionismo. È troppo presto per avere un quadro chiaro: alcune misure dovrebbero sostenere la crescita economica (tagli alle tasse, spesa per le infrastrutture), mentre altre al contrario sono recessive, come ad esempio il ritorno al protezionismo. Tutto dipenderà, in ultima analisi, dalle misure effettivamente adottate, dalla loro portata e da come si susseguiranno.
Tuttavia, è evidente che la “Trumpnomics” è fondamentalmente inflazionistica. Pertanto – e questo rappresenta il momento clou della settimana – le aspettative di inflazione di mercato hanno subito un forte rialzo su entrambi i lati dell’Atlantico con, infine, un importante aumento dei tassi di lungo termine e una forte rotazione settoriale dei mercati azionari. I titoli finanziari e ciclici (minerari, industriali …) sono stati i grandi vincitori della settimana, a scapito di immobiliare, utility e beni di consumo di base, che sono settori di lungo termine.
Si noti inoltre che gli asset emergenti sono stati tra le vittime collaterali di elezione di Donald Trump. L’aumento del dollaro, l’aumento dei tassi di lungo termine e i timori circa la possibile messa in discussione dei trattati hanno impattato gravemente azioni e bond dei mercati emergenti.

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