Warren Buffett, magnate della finanza, non sembra essere particolarmente preoccupato dall’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca. Il motivo è molto semplice: l’ottimismo genetico che contraddistingue l’approccio a lungo termine dell’ultraottuagenario investitore, suggerisce che l’azionario, da sempre caratterizzato da una tendenza al rialzo sul lungo periodo, continuerà a confermare questo trend.
Tra 10 o 30 anni l’equity registrerà un segno più a prescindere da chi, oggi, siede nello Studio Ovale. Buffett infatti, non concepisce altro frame temporale che quello del lungo termine e per questo motivo non condivide lo scetticismo di chi, spaventato dalle dichiarazioni del neoeletto, non ultima la conferma della costruzione del muro al confine con il Messico e l’espulsione di circa 3 milioni di immigrati irregolari.
Progetti che, veri o presunti che siano, difficilmente, secondo Buffett, potranno essere portati a termine prima di tutto perché molti dei proclami non erano altro che parte dello show che lo stesso Trump ha consapevolmente messo in atto per attirare su di sé le simpatie delle aree più populiste dell’elettorato.
Trump Presidente e Trump candidato
Il settantenne, per quanto digiuno di conoscenze diplomatiche, non lo è delle norme che regolano il mondo dello spettacolo e dal momento che tutta la sua campagna elettorale (per nom dire la sua vita) è stata improntata sulla base di uno spettacolo chiassoso portato avanti da persone altrettanto chiassose, una volta che è stato raggiunto lo scopo, la maschera verrà abbandonata a favore di un atteggiamento più consono al nuovo palcoscenico internazionale.
Non solo, ma a costringerlo a questo cambio di pelle sarà anche la necessità di riuscire ad andare d’accordo con un Congresso che, per quanto a maggioranza repubblicana, non solo non appoggia il tycoon proprio per la sua scelta di attaccare anche parte dell’establishment del suo stesso partito ma bloccherà i provvedimenti più estremisti che proporrà il presidente.
Se li proporrà. Questa, in sintesi, la convinzione di Buffett verso un Trump che, come confermato sia dallo staff in fieri del capo in pectore della Casa Bianca sia dai vertici di Pechino, incontrerà quant prima il presidente cinese per iniziare una cooperazione che, di fatto, è stata definita da entrambe le parti l’unica strada percorribile.
Una situazione che ha del paradossale se si pensa che proprio la guerra commerciale alla Cina e ai suoi prodotti importati, minacciati di dazi da Trump, era stato un argomento caro che ha permesso, tra le altre cose, la vittoria del repubblicano.
Ma c’è chi si preoccupa
Chi invece la pensa in modo diametralmente opposto è il vicepresidente della Banca centrale europea, Vitor Constancio il quale non si lascia trascinare da quello che definisce l’entusiasmo degli investitori, concentrati per lo più sul breve termine, perchè i politici devono ampliare la visione degli eventi agli effetti di lungo periodo e in questo caso le incertezze, nate per lo più dalla tendenza protezionistica di Trump e dalla sua volontà di rivedere la maggior parte degli accordi commerciali internazionali.
Il Vecchio Continente, la cui economia è comunque debole, dipende dalle esportazioni come anche il resto del mondo, ormai interconnesso in maniera globale: puntare sul motto First America significa inevitabilmente rovinare equilibri e soprattutto portare gravi svantaggi su altri fronti. Un primo esempio? Gli emergenti che stanno già registrando potenti deflussi di capitali e crolli valutari.
Fonte: TrendOnline