Oro, domina l’incertezza con la presidenza Trump

A cura di Joe Foster, gold strategist di VanEck

I commenti della Fed su un rialzo dei tassi a dicembre interrompono la corsa al rialzo dell’oro
Le forti oscillazioni dei prezzi in seguito al referendum britannico sulla Brexit del 23 giugno avevano inaugurato un nuovo trend positivo per l’oro, invertendo la tendenza negativa instauratasi durante il periodo 2013-2015, con un mercato dell’oro ribassista. Il 4 ottobre, l’oro ha tuttavia ceduto USD 44 l’oncia, pari a una flessione giornaliera del 3,4% e chiudendo al disotto di USD 1300 l’oncia per la prima volta dal 24 giugno. Al pari di quanto avvenuto nella maggior parte dell’anno, la pressione al ribasso è intervenuta a ridosso dei commenti di alcuni membri della Federal Reserve (Fed), interpretati dagli operatori come segnali a conferma di una maggiore probabilità di rialzo dei tassi da parte della banca centrale statunitense a dicembre. Va inoltre sottolineato un altro fattore di rilievo: nella prima settimana di ottobre i mercati cinesi erano chiusi per la tradizionale festività della Settimana d’oro. Con il principale acquirente di oro inattivo per ferie, il metallo giallo è rimasto su livelli molto vulnerabili, cosa che a nostro parere ha incoraggiato i venditori allo scoperto. Il 14 ottobre l’oro ha chiuso in ribasso scendendo perfino a USD 1251 l’oncia, per poi mettere a segno una modesta ripresa e finire il mese a quota USD 1277,30 l’oncia, registrando quindi una flessione mensile pari a USD 38,45 ovvero al 2,9%.L’oro e il dollaro USA scontano un rialzo dei tassi
A inizio mese, i mercati pronosticavano una probabilità di rialzo dei tassi da parte della Fed a dicembre pari al 78%, come suggerito dai mercati dei future sui Fed Fund. A fine settembre tale probabilità era al 59% a dispetto della pubblicazione di dati macroeconomici USA molto eterogenei, fenomeno del resto osservabile durante tutto il periodo di ripresa post-crisi. Nel mese di ottobre sono emerse senz’altro alcune sorprese economiche positive: i dati relativi al Purchasing Managers’ Index (PMI), diramati dall’Institute of Supply Management (ISM) e da Markit Group per i settori manifatturiero, non manifatturiero e dei servizi hanno infatti posto in evidenza qualche segnale di espansione nonché un aumento degli ordinativi industriali per le merci statunitensi ad agosto.1 Per contro, sono invece apparsi meno incoraggianti i dati pubblicati sull’occupazione statunitense, i risultati preliminari dello University of Michigan Consumer Sentiment Index,2 l’Empire State Manufacturing Index,3 l’avvio di nuovi cantieri residenziali e lo U.S. Consumer Confidence Index.4 Mentre la crescita globale del prodotto interno lordo (PIL) nel terzo trimestre dell’anno è stata superiore alle attese di consenso, i consumi privati hanno ampiamente disatteso le aspettative. A metà ottobre, le previsioni di crescita della Fed regionale sono state riviste al ribasso.
Per quanto concerne il PIL nel quarto trimestre del 2016, le stime del Nowcasting Report pubblicato della Federal Reserve Bank of New York indicano ad esempio una crescita dell’1,4% al 20 ottobre a fronte di una crescita del 2% a fine agosto. Anche se, in questo contesto, un imminente aumento dei tassi da parte della Fed non ci sembra affatto una mossa ovvia, il mercato sconta già questo scenario nei prezzi. E l’andamento dell’oro e del dollaro USA a ottobre riflette tale aspettativa: l’oro è sceso del 3% nel mese, mentre lo U.S. Dollar Index (DXY)5 è salito del 3%.
La domanda di oro ha mostrato una buona tenuta a fronte della recente ondata di vendite
Nonostante il calo del prezzo dell’oro a ottobre, la domanda di fondi indicizzati quotati (ETP) su lingotti d’oro si è mantenuta solida. Benché sia innegabile un rallentamento degli afflussi di capitale rispetto a inizio anno (crescita delle posizioni detenute dello 0,4% a ottobre rispetto alla progressione del 12% e 6% registrata, rispettivamente, a febbraio e giugno), durante la recente ondata di vendite la domanda non ha subito battute d’arresto. Riteniamo che ciò sia positivo dal momento che gli investimenti in ETP su lingotti d’oro sono generalmente espressione di una domanda di investimenti strategici con un orizzonte d’investimento più lungo. Per contro, l’ultimo rapporto Commitment of Traders evidenzia una notevole flessione delle posizioni lunghe nette nel COMEX,6 che quest’anno hanno raggiunto livelli record. Siamo dell’avviso che il posizionamento del COMEX rifletta una domanda di oro più speculativa e maggiormente orientata sul breve termine, e il recente calo suggerisce che forse alcuni degli operatori più deboli hanno liquidato posizioni durante le massicce vendite di ottobre. I titoli auriferi hanno sottoperformato rispetto all’oro fisico, com’è prevedibile in caso di calo dei prezzi dei lingotti. Il NYSE Arca Gold Miners Index (GDMNTR)7 ha perso il 7,3%, mentre il MVIS Global Junior Gold Miners Index (MVGDXJTR)8 ha lasciato sul terreno l’8,8% nel mese. Questa flessione ha eroso i profitti per l’anno, portandoli al 79% per il GDMNTR e al 110% per il MVGDXJTR al 31 ottobre, mentre nello stesso periodo da inizio anno i lingotti d’oro sono saliti del 20,3%.
L’incertezza derivante dal voto negli USA e la robusta domanda stagionale in Asia dovrebbero sostenere l’oro
Rispetto alle nostre precedenti aspettative, il prezzo dell’oro ha ora imboccato un percorso leggermente diverso. Alla luce dell’eccellente performance di quest’anno, la correzione non è certo giunta inattesa. Eravamo però dell’avviso che il livello di USD 1300 sarebbe stato sostenibile e che l’oro si sarebbe mosso in linea con la nuova tendenza inaugurata quest’anno, con la previsione di una chiusura del 2016 intorno a quota USD 1400. Anche se le nostre prospettive a breve termine sono state raffreddate dal recente movimento dei prezzi, che ci induce ora a ritenere che l’oro potrebbe anche non raggiungere USD 1400 entro il 2016, crediamo che la sostenuta domanda stagionale proveniente dall’Asia e le perduranti incertezze a seguito dei risultati delle elezioni presidenziali statunitensi possano offrire sostegno all’oro nel breve periodo. Nella prima settimana di novembre l’oro è riuscito a risalire al disopra di quota USD 1300. In occasione della riunione del Federal Open Market Committee (FOMC) del 2 novembre, la Fed ha deciso di mantenere i tassi invariati ma, trattandosi di una decisione largamente attesa, a nostro parere l’andamento positivo è perlopiù riconducibile alla preoccupazione del mercato circa l’esito delle elezioni negli Stati Uniti. Le opinioni di mercato hanno ancora una volta subito un repentino mutamento, e l’8 novembre, ossia il giorno delle elezioni negli Stati Uniti, l’oro ha chiuso a quota USD 1277. Dopo la sorprendente vittoria di Donald Trump, la mattina del 9 novembre l’oro ha nuovamente superato USD 1300.
La presidenza di Trump potrebbe accrescere i rischi finanziari
Ora che le controverse elezioni presidenziali sono finalmente archiviate, possiamo passare ad analizzare quali saranno le ripercussioni della vittoria di Trump sul paese e, aspetto non meno importate, in che modo essa potrebbe accrescere i rischi a carico del sistema finanziario. Sebbene Trump si sia imposto alle urne, permangono grossi dubbi in merito alla sua integrità morale, al suo temperamento e alle sue opinioni. A livello internazionale, la forte ansia relativa ai suoi orientamenti di politica estera non dovrebbe placarsi nell’immediato, e il suo atteggiamento di chiusura rispetto agli scambi commerciali potrebbe compromettere la crescita economica. A nostro parere, l’aggressiva politica di Trump in materia di immigrazione ha senz’altro contribuito in modo determinante a decretarne il successo. Se messa in pratica, però, potrebbe tradursi in disordini civili, costi esorbitanti e difficoltà di ordine logistico. Se Trump riuscirà a mettere in pratica alcune delle misure propagandate in campagna elettorale, la spesa per infrastrutture potrebbe spingere il debito pubblico a livelli insostenibili, e il finanziamento della spesa pubblica in disavanzo di bilancio dovrebbe continuare. Benché i rischi associati a una presidenza di Trump non siano certo trascurabili, la possibilità di riforme fiscali e normative a sostegno della crescita potrebbe però attenuare tali rischi almeno in parte. A prescindere dall’effettiva declinazione della sua politica, acquista sempre più credito la possibilità che il neopresidente sarà chiamato a guidare il paese durante la prossima recessione. Dopo otto anni di espansione, vi sono infatti segnali a riprova del fatto che l’economia è entrata nella fase di «fine ciclo». Gli sforzi della Fed volti a inasprire la propria politica potrebbero penalizzare ulteriormente la crescita. A nostro avviso, se ai rischi associati alla presidenza di Trump si aggiungesse anche una recessione economica, il rischio di una crisi finanziaria di tipo sistemico diventerebbe più probabile.
Non sempre l’aumento dei tassi è negativo per l’oro
I mercati sembrano già scontare quasi interamente un incremento dei tassi da parte della Fed a dicembre. Uno degli argomenti comunemente citati a supporto di tale tesi è che l’innalzamento dei tassi è negativo per l’oro in quanto si tratta di un attivo infruttifero. Eppure, dopo il primo aumento dei tassi dell’attuale ciclo di irrigidimento adottato a dicembre 2015, nell’anno in corso l’oro è finora avanzato di oltre il 20%. Scotiabank ha analizzato i precedenti sei cicli di inasprimento a partire dal 1982 (quando divenne disponibile un indice adeguato per l’oro), mettendo in luce che, nell’anno successivo al primo rialzo, nella metà dei cicli i prezzi dell’oro hanno fatto segnare un progresso, nell’altra metà dei casi una flessione. Scotiabank segnala che l’unico altro momento in cui la Fed ha innalzato i tassi in un contesto di bassa inflazione fu nel 1986, quando tale decisione fu presa per aiutare a sostenere un dollaro in rapido deprezzamento. Questo è uno dei periodi di rialzo dei tassi in cui l’oro ha esibito un andamento favorevole. Il periodo attuale si profila per certi versi analogo, come dimostra l’andamento già robusto dell’oro dopo il primo aumento dei tassi a dicembre 2015. Il contesto economico-finanziario che fa da sfondo all’attuale ciclo dei tassi presenta caratteristiche uniche rispetto alla storia recente, e ci aspettiamo che l’oro continui ad andare bene. A nostro avviso, la pressione che un incremento dei tassi è in grado di esercitare sull’economia globale e il sistema finanziario depone fortemente a favore dell’oro.
Le prospettive di lungo periodo restano favorevoli a un mercato dell’oro rialzista
La nostra opinione sul prezzo dell’oro a lungo termine resta immutata. La recente debolezza viene da noi vista e considerata come un momento di consolidamento all’interno di quelle che riteniamo essere le fasi iniziali del prossimo mercato rialzista per l’oro. Restiamo del parere che le turbolenze generate dalle politiche non convenzionali adottate dalle banche centrali in tutto il mondo siano con tutta probabilità destinate ad aumentare i rischi finanziari globali. Siamo convinti che gli investitori continueranno ad essere attratti dall’oro per le sue qualità di «porto sicuro» alla luce dell’ulteriore perdita di fiducia nelle banche centrali a livello globale e forse nazionale, nonché del clima d’incertezza conseguente alla vittoria di Trump nella corsa alla Casa Bianca.

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