Morningstar preferisce rimanere cauta sulle nozze Pioneer – Amundi

Di M. Dobrescu e F. Paganelli, analisti di Morningstar

Non siamo convinti, ad oggi, dei benefici che l’integrazione tra Pioneer Investments e Amundi potrà portare agli investitori; tuttavia non vediamo alcuna ragione di panico in merito all’operazione. Questa la nostra opinione, a pochi giorni dall’annuncio delle nozze tra le due società di gestione, avvenuto il 12 dicembre. Prima della notizia, il rating Morningstar sul pilastro società era rispettivamente di Neutral per la Sgr del gruppo Unicredit e di Negative per Amundi. Seguiremo costantemente l’evoluzione dell’operazione, nel frattempo abbiamo deciso di lasciare per il momento i due giudizi invariati.

Le sfide per Pioneer
Il futuro di Pioneer è ora meno incerto. Tuttavia, sono ancora molte le questioni aperte. L’ultima, in ordine di tempo, è la sospensione di Tanguy Le Saout e Ali Chabaane, che coprivano rispettivamente il ruolo di responsabili del reddito fisso e del risk manangement, dopo un’inchiesta interna che ha accertato la loro intenzione di aprire una società concorrente. L’accaduto ha indotto gli analisti di Morningstar a mettere sotto revisione (under review) i fondi interessati.

… e per Amundi
Per quanto riguarda Amundi, invece, siamo convinti che la società non abbia ancora fatto abbastanza per allinearsi con gli interessi degli investitori. Storicamente è stata opportunistica nel lanciare nuovi fondi e successivamente liquidare quelli non di successo. Un altro punto di debolezza è l’alto turnover nel team di investimento: a fine 2015, la durata media dei gestori nei fondi più grandi era di quattro anni, inferiore ad altre case simili. Tra i punti di forza, invece, annoveriamo il segmento degli Exchange traded fund (Etf), “gestito in modo efficiente e da persone esperte.

 
Le future nozze
Le due società hanno annunciato la chiusura dell’operazione nel secondo trimestre 2017, con la nascita di un gruppo con un patrimonio in gestione di oltre 1,2 mila miliardi di euro. Ci si aspetta quindi la completa integrazione entro il 2018 e un risparmio di costi derivante dalle sinergie pari a 150 milioni di euro. Unicredit e Amundi hanno stimato in circa 4 miliardi il valore totale della transazione, con un esborso in contanti di 3,545 miliardi. La banca italiana incasserà un dividendo straordinario di 315 milioni. “Una serie di fattori chiave rimangono incerti”, si legge nella nota. “Tra questi ci sono la sede, la composizione del team di investimento, la possibile razionalizzazione della gamma, la strategia di prezzi e la struttura di incentivi ai professionisti”.
Amundi prevede esuberi per poco meno del 10% della forza lavoro e ha individuato alcune aree di grande esperienza in Pioneer che non dovrebbero essere toccate, tra cui il segmento multi-asset, azionari e obbligazionari Usa e azionario Europa. Ci sono però punti di sovrapposizione come il reddito fisso in euro. “Pioneer ha una buona struttura di remunerazione del team che dovrebbe ridurre il turnover”, si legge ancora nella nota. “Tuttavia monitoreremo la situazione per valutare gli impatti sui fondi di qualsiasi movimento di gestori e professionisti”.
 

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