Europa, l’economia vince sulla politica: bond in ribasso, banche in rialzo

Di Viktor Nossek, direttore della Ricerca di WisdomTree Europe

Il sentiment rialzista sull’obbligazionario europeo sta progressivamente scemando mentre i titoli bancari sono in ascesa. Colpa della Brexit, dell’elezione di Trump come presidente degli Stati Uniti, della vittoria del “no” al referendum sulla riforma costituzionale in Italia e del ridimensionamento (“tapering”) del programma di QE da parte della Banca centrale europea. Questi eventi macro-economici hanno inflitto violente correzioni ai prezzi dei titoli governativi ma, nel più lungo periodo, gli effetti su specifici asset rischiosi – in particolare sui titoli bancari- potrebbero essere positivi. Il settore bancario dell’Eurozona, negoziato a forte sconto (soprattutto quello italiano), offre agli investitori potenziali punti d’ingresso in un momento in cui i premi degli investimenti considerati un “porto sicuro” si trovano sotto pressione. Riteniamo che il settore bancario dell’Eurozona continuerà ad essere una possibilità di investimento interessante anche nel corso del 2017. Per le ragioni illustrate più avanti, una posizione ribassista sulle obbligazioni e una rialzista sui titoli bancari rappresentano una scelta tattica di asset allocation da prendere in considerazione entro la fine dell’anno.

Il rialzo dei tassi d’interesse dal mese di luglio in poi abbia drasticamente invertito il sentiment pessimistico sui titoli bancari dell’Eurozona. Da luglio l’indice EURO STOXX Banks è salito del 37% e il rendimento dei titoli considerati i più sicuri di tutta Europa, ossia dei Bund tedeschi, è salito di 49 punti base.

Il tapering del QE della BCE e l’estensione del programma per contrastare il rischio politico nel 2017 La BCE ha assunto toni più ottimistici, adducendo una moderata ma solida ripresa dell’Eurozona quale motivazione principale della scelta della Banca centrale di ridimensionare gli acquisti mensili di titoli, portandoli da 80 mld di euro a 60 mld di euro tra marzo e dicembre 2017. Se l’estensione del programma di allentamento quantitativo funzionasse effettivamente da ammortizzatore degli shock, in un clima di rinnovata incertezza politica, viste le prossime elezioni generali in Francia (a maggio) e in Germania (a settembre), crediamo che i mercati obbligazionari dovrebbero prepararsi ad un ulteriore ribasso del limite superiore dopo le elezioni di settembre. Con le pressioni che portano gli investitori a differenziare maggiormente i titoli del debito high grade in Europa, ci aspettiamo che i rendimenti dei bond sovrani possano essere interessati da una correzione al rialzo e che gli spread del credito possano subire un ampliamento.

L’elezione di Trump rafforza l’asset allocation in modalità risk-on Le previsioni ottimistiche riguardo alla crescita dell’attività economica negli Stati Uniti sembrano avere spazzato via le incertezze geopolitiche provocate dalla retorica nazionalista di Trump in tema di difesa e di alleanze commerciali. La vittoria di Trump si è ripercossa sui mercati obbligazionari europei con maggiore veemenza delle problematiche politiche interne al Vecchio continente. Il rendimento dei titoli governativi europei è salito considerevolmente nei giorni antecedenti alle elezioni presidenziali d’Oltreoceano e, dopo la vittoria di Trump, è salito di 50-100 bp, stabilizzandosi al rialzo. Se da un lato gli investitori si aspettano che le politiche aggressive pro-crescita proposte da Trump migliorino i fondamentali dell’economia a stelle e strisce, dall’altro crediamo che le previsioni di un’ulteriore stretta monetaria da parte della Fed potrebbero far aumentare i rischi di credito del debito sovrano europeo dove ad un contesto di inflazione bassa o nulla si somma l’onere degli interessi, soprattutto nei Paesi sovraesposti come l’Italia.

Trump ha risvegliato la tendenza al risk-on nelle asset allocation. Di conseguenza, i rendimenti obbligazionari sono aumentati a livello globale e in Europa sono saliti rispetto al livello zero/negativo. A nostro avviso, le implicazioni sul credito e i portafogli di negoziazione delle banche europee, riflesso dei rialzi dei tassi indotti dagli USA, potrebbero rafforzare l’outlook sulla redditività del settore bancario. Gli istituti di credito, con ogni probabilità, possono ancora evitare l’addebito di commissioni aggiuntive ai contocorrentisti, rischiando in caso contrario di perdere dei clienti, anche se nel frattempo l’irripidimento delle curve di rendimenti crea nuove opportunità di carry trade.

La vittoria del “no” al referendum e le dimissioni di Renzi non hanno intaccato il sentiment sulle banche italiane In Italia sta diventando sempre più urgente affrontare la ristrutturazione del settore bancario prima che venga sciolto il governo tecnico e che vengano indette nuove elezioni.

Dopo la vendita della partecipazione nella banca polacca Pekao e la cessione di Pioneer Investments ad Amundi, Unicredit ha rincuorato gli investitori lanciando un aumento di capitale pari a 13 miliardi di euro e scongiurando così i timori di rischio sistemico posti dalla maggiore banca italiana. In virtù del notevole potenziale di rialzo, supportato dalle valorizzazioni fortemente scontate rispetto agli altri istituti europei ed ai benchmark dei mercati azionari in senso ampio, riteniamo che gli investitori reagiranno con favore alle soluzioni di ristrutturazione e di ricapitalizzazione proposte dalle principali banche italiane senza ricorrere all’intervento pubblico.

Anche se non di natura sistemica, ma comunque nociva dal punto di vista politico, la vicenda che riguarda il Banco Monte Dei Paschi Di Siena (BMPS) probabilmente rappresenterà un evento isolato. In attesa degli aiuti di Stato si cerca di evitare una ricaduta politica adottando un piano che potrebbe indurre a far nuovamente ricorso alla garanzia sui depositi quale strumento per limitare le perdite degli investitori retail con un’esposizione significativa sulle obbligazioni subordinate di BMP che – secondo la normativa europea in materia di gestione delle crisi bancarie- devono accollarsi le perdite prima che i fondi attinti dalle entrate tributarie statali vengano stanziati per finanziare il riassetto. A prescindere da quelle che saranno le sorti di BMPS, i mercati hanno già iniziato ad attribuire nuovi rating a Unicredit e agli altri istituti bancari.

Brexit: credito a rischio in un contesto di deterioramento delle finanze statali e modelli commerciali incerti Nel Regno Unito, il mercato “orso” che interessa il segmento obbligazionario è stato ulteriormente enfatizzato dai timori sull’inflazione trainata dalle importazioni dopo il crollo della sterlina che ha fatto seguito al voto sulla Brexit. La forte svalutazione della sterlina si è inoltre verificata in un contesto in cui le spese delle famiglie sono state alimentate dal debito. L’aumento delle bollette dell’energia e dei costi dei trasporti potrebbe ridurre la propensione al consumo delle famiglie. In questo caso la spirale sviluppatasi in scia al voto è negativa: il rallentamento della crescita economica si traduce in minori entrate fiscali per il Tesoro. Il tutto in un momento in cui il governo si sta preparando a finanziare la spesa pubblica in disavanzo per attenuare l’impatto delle persistenti incertezze riguardo al modello commerciale che il Regno Unito cerca di concordare con l’Unione Europea. Al momento è troppo presto per capire se la Brexit abbia danneggiato il commercio, gli investimenti o la crescita. Alla luce degli ultimi dati pubblicati, l’economia sembra perseguire un trend di forte crescita e il sentiment è ottimistico. L’altalenante dibattito dei partiti in Parlamento riguardo le tempistiche e le modalità con cui lasciare l’UE indica che la posta in gioco è sufficientemente alta da garantire che la data di applicazione dell’Articolo 50, al momento pianificata per il mese di marzo 2017, sarà procrastinata.

Conclusione Gli eventi macro politici hanno dato nuovo vigore all’approccio di risk-on nelle asset allocation, soprattutto in Europa, dove il costo dei premi addebitati sui contratti di debito governativi contrasta con le valorizzazioni profondamente in calo dei titoli bancari. Il fatto che queste valorizzazioni dislocate stiano iniziando a manifestarsi tra le due asset class riflette la fiducia della BCE riguardo al percorso di crescita sostenibile intrapreso dall’Eurozona (testimoniato dalla scelta di prolungare il QE) e, allo stesso tempo, la necessità impellente di anteporre soluzioni di mercato per la ristrutturazione delle banche ad ogni sviluppo politico in Italia e in Europa. E’ l’economia, più della politica, ad influenzare il sentiment dei mercati finanziari europei. Gli investitori dovrebbero agire di conseguenza.

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