E’ quanto emerge dalla nuova edizione della Deloitte CFO Survey, che viene condotta ogni sei mesi in 17 Paesi a livello EMEA (Austria, Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Portogallo, Spagna, Olanda, Polonia, Russia, Norvegia, Svezia, Svizzera, Turchia, UK), per mettere a confronto le opinioni e il sentiment dei CFO sulle principali variabili di natura macroeconomica e sull’andamento delle imprese di appartenenza.
La ricerca fotografa un sentiment di incertezza molto elevato tra i CFO europei, in parte conseguente agli avvenimenti politici che si sono verificati nel periodo estivo.
La percezione di instabilità è infatti particolarmente elevata in UK dove, a seguito del voto sulla Brexit, l’87% dei CFO intervistati giudica molto elevato il livello di incertezza del proprio business; anche in Germania la quota di CFO che percepisce elevata incertezza risulta significativa (88%), probabilmente come conseguenza della limitata crescita dell’economia cinese (il tasso di crescita del PIL cinese, pur essendo cresciuto nel secondo trimestre del 6,7% su base annua, si è attestato al ritmo più basso degli ultimi 7 anni) e dei timori di instabilità politica che potrebbero interessare l’Europa e la stessa Germania nel prossimo futuro.
Positivo risulta, invece, il panorama in Russia dove, a seguito della stabilizzazione del rublo e della parziale risalita del prezzo del petrolio, il 24% dei CFO è più ottimista del passato rispetto alle prospettive economiche finanziarie della propria società e solo il 29% giudica alto il livello di incertezza che la propria azienda si trova ad affrontare in relazione alla situazione finanziaria ed economica del Paese. Anche in Svezia 1 CFO su 3 si dichiara più ottimista che in passato rispetto all’andamento del proprio business, probabilmente in ragione del continuo miglioramento dell’economia svedese, che mostra un tasso di crescita del PIL (3,3%) tra i più elevati tra quelli registrati in area EMEA. Buoni i risultati anche in Finlandia, positivamente influenzata dalla situazione di maggiore stabilità che interessa la limitrofa Russia.
“In Italia i risultati della survey invece evidenziano – osserva Riccardo Raffo, Partner di Deloitte – un clima di minore ottimismo rispetto all’inizio dell’anno, per via delle preoccupazioni sul settore finanziario, di un mercato del lavoro e dell’occupazione ancora debole, del calo, rispetto ai precedenti trimestri positivi, dell’indice di fiducia dei consumatori, nonché della revisione al ribasso della stima di crescita del PIL, sia per il 2016 che per il 2017. Tuttavia, il sentiment dei CFO italiani risulta in linea con quello rilevato a livello EMEA e addirittura più positivo se si guarda alle aspettative di crescita degli utili operativi della propria azienda”.
La previsione dei CFO italiani sull’andamento dei principali indicatori economici del proprio business (fatturato, margine operativo, CAPEX e n° di impiegati), che fino ad Aprile 2016 risultava decisamente più ottimista rispetto a quella degli altri Paesi, si deteriora anche se nel complesso rimane positiva se confrontata con la media EMEA.
In particolare in Italia si rileva, in linea con il quadro economico generale:
- Un marcato calo (da 74% al 46%) delle aspettative dei CFO riguardo alle prospettive di crescita del fatturato della propria azienda rispetto a sei mesi fa, che rende la previsione sull’andamento delle revenue dei CFO italiani allineata alla media generale
- Un ridimensionamento delle aspettative di crescita del margine operativo (da 69% a 50%), del CAPEX (da 55% a 34%) e del numero di impiegati (da 37% a 15%) che, però, rimangono positive se paragonate a quelle dei CFO degli altri Paesi EMEA (il 50% dei CFO italiani stima un margine operativo in crescita vs 20% media EMEA; il 34% prevede un aumento del capitale investito vs 8% media EMEA; il 15% ipotizza una crescita delle assunzioni vs 5% media EMEA)
Per quanto riguarda la percezione di incertezza sulla situazione economica e finanziaria del Paese, sebbene in Italia all’incirca 1 CFO su 2 continui a dichiararsi molto preoccupato, la quota di coloro che percepiscono un clima di elevata incertezza risulta essere significativamente più bassa rispetto alla media dei Paesi EMEA (43% vs 63%).
Anche la propensione al rischio dei CFO italiani è elevata se confrontata con quella degli altri Paesi EMEA: la quota di CFO che, nonostante la situazione congiunturale, giudica il momento attuale adatto ad assumere rischi per la propria azienda si attesta al 36%. Si tratta di un dato superiore a quello che si registra in Paesi interessati da un contesto economico più favorevole come la Svezia (26%), oltre che tra i grandi ‘big’ europei (Francia: 27%; Germania: 25%; UK:18%).
Il 55% dei CFO italiani, inoltre, si dichiara consapevole di dover assumere dei rischi nonostante il momento sfavorevole, anche perché indotti dall’ambiente esterno (si pensi ai rischi derivanti da minacce informatiche).
Ciononostante, quando chiamati a indicare le proprie priorità strategiche per i prossimi 12 mesi, i CFO italiani – così come quelli europei – mettono al primo posto strategie difensive di contenimento e ristrutturazione dei costi: lo testimonia il fatto che cresce, passando dal 63% di aprile al 75% dell’edizione attuale, la quota di Paesi in cui i CFO citano al primo posto, tra le proprie priorità strategiche per i prossimi 12 mesi, un approccio di natura difensiva.
“Questo evidenzia – commenta Riccardo Raffo, Partner di Deloitte – la situazione di forte ambiguità che i manager finanziari si trovano a vivere oggi in Italia così come nel resto d’Europa: da un lato, sono chiamati a dover adottare delle strategie per sostenere la crescita della propria azienda nel medio-lungo termine; dall’altro, – continua Raffo – sono forzati dal contesto di elevata volatilità e incertezza a pensare in modo più tattico e difensivo, sotto la pressante richiesta di tenere sotto controllo il budget, correndo il rischio di trasformarsi nei “signor No” del processo decisionale strategico”.