Mercati emergenti nuovi leader nel 2017?

A cura di Mathieu Nègre, Head of Global Emerging Equities di Union Bancaire Privée
Con l’avvicinarsi della fine del 2016, potrebbe essere il momento giusto per rivedere le aspettative sugli utili per i Mercati Emergenti. Basandoci sulle stime di consensus pubblicate su Bloomberg, i Mercati Emergenti, con un 14%, saranno l’area con la maggiore crescita degli utili, contro il 12%, il 13% e il 7% rispettivamente di Stati Uniti, Unione Europea e Giappone. All’interno degli stessi Mercati Emergenti, la crescita più forte è attesa nella regione degli EMEA (Europa, Medio Oriente e Africa), con un 16%, seguita da un 15% per l’America Latina e da un 13% per l’Asia.
A prima vista, una crescita degli utili del 14% nei Mercati Emergenti per il 2017 potrebbe sembrare una sorta di rallentamento rispetto a quanto accaduto nel 2016. Tuttavia, un punto importante da notare è che l’intera crescita degli utili di quest’area nel 2016 è derivata dal ritorno al profitto delle società che nel 2015 erano in perdita. Infatti escludendo questo aspetto e guardando solo a società con utili positivi, il 2016 è stato il terzo anno di seguito – a partire dal 2013 – in cui gli utili netti in realtà sono diminuiti. Il 2017, invece, sarà il primo anno dal 2013 in cui, sulla base di questi parametri, ci si aspetta una reale crescita dei profitti.
A livello di singoli Paesi, ci sono significative differenze all’interno dei Mercati Emergenti in materia di aspettative di crescita degli utili nel 2017. Per esempio, fra quelli più grandi, la crescita più significativa è prevista in Sud Africa, India e Messico, con un tasso rispettivamente del 25%, 22% e 20%. Per Malesia, Filippine e Tailandia, invece, è atteso un tasso di crescita a una sola cifra. Tra questi due gruppi ci sono Cile, Brasile e Russia, dove è attesa una crescita degli utili intorno al 13%-15%.
Per quanto riguarda i settori, la crescita maggiore in termini di utili nei Mercati Emergenti è prevista nell’energia (27%), nell’industria (22%), nell’IT (21%) e nella sanità (20%). Questi settori sono seguiti da quelli legati ai consumi ciclici, non ciclici e dai servizi di telecomunicazioni con attese di crescita degli utili che si aggirano intorno al 18%. I risultati delle previsioni più pessimisti riguardano i settori dei materiali, delle utility e dei finanziari, dove ci si aspetta che i profitti crescano rispettivamente solo del 2%, dell’1% e dell’8%.
Chiaramente, queste previsioni andranno incontro a revisioni significative nel corso dei prossimi mesi, non appena l’amministrazione Trump comincerà a mettere in chiaro le proprie priorità in termini di politiche economiche. Ci vorrà poi del tempo prima che queste politiche vengano implementate e ancora di più perché gli analisti possano rivedere le proprie previsioni sugli utili. In questo momento ci sono decisamente troppe incertezze riguardo la direzione delle politiche economiche degli Stati Uniti. Tuttavia, è già possibile discutere di alcuni dei rischi al rialzo e al ribasso, sulla base di ciò che è già noto.
Una chiara promessa della campagna di Trump era quella di rilanciare gli investimenti per infrastrutture finanziati con una espansione della politica di bilancio. Questo probabilmente presenta un potenziale rischio al rialzo per le aspettative sugli utili del settore dei materiali e per le società produttrici di materie prime come Brasile, Sud Africa e Russia. Un fattore significativamente negativo, legato in particolar modo alla Russia, è il petrolio il cui prezzo potrebbe dover far fronte a un potenziale impatto negativo derivante dalle intenzioni di Trump di aumentare la produzione di shale oil. Per la stessa ragione, il settore energetico nei Mercati Emergenti potrebbe vedere un calo degli utili.
Un altro chiaro messaggio della campagna di Trump erano i controlli sull’immigrazione e sul commercio internazionale. C’è una grande gamma di opzioni in termini di politiche in questo ambito, dalle misure relativamente leggere e a basso costo, come il fatto di indicare dei partner commerciali come manipolatori della propria valuta, a quelle difficili e costose come l’implementazione indiscriminata di tariffe sulle importazioni. Ognuna di queste misure potrebbe impattare negativamente e in gradi diversi sugli utili. Sebbene al momento sia impossibile fare previsioni, i Paesi che più logicamente rischieranno di vedere un downgrade degli utili sono Messico, Corea del Sud e Taiwan, mentre i Paesi più grandi che però sono relativamente poco dipendenti dall’export, come India, Brasile e Indonesia, dovrebbero essere un po’ meno meno influenzati.
La portata e la severità delle restrizioni commerciali saranno probabilmente arginati dal fatto che qualsiasi limitazione degli scambi avrebbe un costo per i consumatori e per le imprese statunitensi. Questo aumenta il rischio dell’adozione di una view eccessivamente pessimistica dei Paesi Emergenti esportatori basata su scenari irrealistici. È importante ricordare che negli ultimi anni il commercio tra i Mercati Emergenti è aumentato e che l’area, in generale, è meno dipendente dagli scambi con gli Stati Uniti. Il ribilanciamento dell’economia Cinese in corso, con una forte crescita dei servizi e dei consumi, potrebbe aiutare ad alleviare qualsiasi potenziale shock negativo proveniente dalle politiche americane.
Lo scenario dei tassi d’interesse potrebbe essere un altro fattore che potrebbe pesare sui Paesi dei Mercati Emergenti. Un periodo esteso di espansione fiscale negli Stati Uniti potrebbe portare a tassi più alti che potrebbero colpire la crescita degli utili in Paesi dipendenti da finanziamenti esterni. I due che si distinguono per un grande disavanzo delle partite correnti sono Turchia e Sud Africa.
Infine, anche il cambio potrebbe avere un ruolo importante in qualsiasi potenziale revisione dei profitti. Nella settimana che è seguita alle elezioni, il JP Morgan EM currency index ha perso più del 4% del suo valore rispetto al dollaro. Al di là di questo valore c’è un ampio range all’interno dei Mercati Emergenti, a seconda della vulnerabilità percepita delle valute. Per ovvi motivi, il peso messicano è stato quello che è stato colpito maggiormente in maniera negativa, arrivando a perdere il 12% del proprio valore contro il dollaro nello stesso periodo. Il peso è stato seguito dal real brasiliano e dal rand sudafricano, due valute ad alto rendimento favorite dai carry trader prima delle elezioni, che hanno perso più dell’8% del proprio valore. In tali Paesi probabilmente vedremo revisioni al ribasso degli utili per quelle aziende con livelli di debito valutario elevato o con costi di importazione elevati, mentre potrebbero esserci delle revisioni al rialzo per le società esportatrici. Dall’altro lato ci sono Paesi come India e Cina dove gli spostamenti valutari non sono stati significativi.
Una differenza importante tra questo potenziale rafforzamento del dollaro e i precedenti periodi di crisi nei Mercati Emergenti come quelli del 94 e del 97 è che ora molte divise fluttuano liberamente e si adattano rapidamente ai cambiamenti come nel caso di Messico, Brasile e Sud Africa. La debolezza in queste valute ha già reso questi Paesi più competitivi e ha in parte controbilanciato il costo di un potenziale aumento delle tariffe.
In sostanza, anche se il quadro degli utili nel 2017 è in qualche modo incerto per il momento, la ripresa degli stessi iniziata nel 2016 nei Mercati Emergenti probabilmente continuerà anche nell’anno prossimo. Una supposizione chiave dietro questo quadro è che qualunque restrizione da parte degli Stati Uniti in materia di commercio potrebbe essere limitata nella sua portata per via del potenziale impatto negativo sulle aziende e sui consumi del Paese, mentre la nuova amministrazione probabilmente andrà avanti con un piano di espansione fiscale significativo.
Ciò potrebbe portare a degli spostamenti degli utili tra i Mercati Emergenti e tra i vari settori, spingendoli lontano da quei Paesi e da quelle aziende che dipendono dalle esportazioni verso gli Stati Uniti e con un debito valutario elevato e portandoli verso società che traggono vantaggio da prezzi delle commodity più elevati, da valute più convenienti, debito basso e da un consumo interno in crescita. L’azionario dei Mercati Emergenti continuerà a presentare un’esposizione attraente sul probabile reflation trade e sulla forza demografica dei Mercati Emergenti.

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