Le minacce per la ripresa ciclica europea e le implicazioni per le diverse asset class

a cura di Etf Securities Research e Roubini Global Economics

L’eurozona è nel mezzo di un debole rimbalzo ciclico iniziato nel secondo trimestre dopo una doppia ricaduta, ma ha guadagnato recentemente un ritmo (da un 1% anno su anno) con i risultati dei bassi tassi di interesse, un euro debole, una riduzione del drenaggio fiscale di alcuni Paesi (in modo da incrementare la “flessibilità fiscale” che le autorità dell’Unione Europea hanno permesso, i bassi prezzi del petrolio e altri fattori idiosincratici. Le minacce a breve termine abbondano, e allo stesso tempo i problemi a lungo termine rimangono.

In particolare, se la Grecia dovesse fallire l’attuazione delle riforme potrebbe essere bocciato il suo successivo salvataggio per la terza volta. Le politiche e l’economia fra Regno Unito e Unione Europea sono divergenti, e gli altri partiti “contro il sistema” stanno guadagnando posizioni (IN Francia, Ungheria e Spagna), mentre gli sforzi sulle riforme rimangono deboli, i livelli di indebitamento alti e quelli demografici negativi.

La Grecia si ferma bruscamente Fino a quando le negoziazioni sul debito greco non sono cadute nella crisi sul territorio, l’eurozona era nel pieno di una debole ripresa economica che iniziò due anni fa, supportata dal consumo interno, da un minore auto sacrificio all’austerità e, ad un livello minore, dalle esportazioni nette, dato che la regione (specialmente i Paesi core come la Germania) ha guadagnato dalla debolezza dell’euro. Nonostante la minaccia immediata di “Grexit” evitata, i rischi di un calo rimangono e una ripresa strutturale rimane elusiva. Per quanto riguarda quest’ultima, le autorità dovrebbero fare di più per supportare la domanda aggregata. Così, attendiamo che la BCE continui col quantitative easing oltre il 2016 e di vedere l’euro continuare la sua traiettoria calante contro il dollaro americano ad un ritmo moderato.

Vediamo due scenari principali di fronte alla Grecia, con differenti effetti sul resto d’Europa.

Scenario 1: Spillovers contenuti In questo scenario (il caso base e dove ci sembra di essere al momento), l’impatto della chiusura delle banche e dei controlli al capitale dovrebbe essere contenuto e qualsiasi effetto di spillover dovrebbe essere marginale sulle nazioni periferiche. Infatti, Germania e Francia, potrebbero performare leggermente meglio grazie al sollievo delle condizioni finanziarie come diretta conseguenza dei rendimenti più bassi che sostengono l’investimento del settore privato. In Spagna e Italia, un euro più debole dovrebbe essere controbilanciato da rendimenti maggiori, limitando l’impatto sul PIL. Le ripercussioni dell’austerità e dei deboli controlli delle banche/capitali per la Grecia sono negative e controproducenti, ma, per l’eurozona nel complesso, l’impatto dovrebbe risultare contenuto, senza grossa differenza con i tassi di crescita annuale – dovrebbe continuare con la sua ripresa ciclica e moderata nel 2016.

Scenario 2: Il default della Grecia (ma no Grexit) Questo scenario di “limbo” per la Grecia è una più lunga versione estesa dello scenario 1, con tutti gli shocks degli ultimi due trimestri. Comunque, in questo caso, la Grecia potrebbe anche fallire per una parte del suo debito e, di conseguenza, ci potrebbero essere movimenti nei rendimenti dei Paesi che sono considerati sia “porti sicuri” che portatori di contagio. Questo scenario è più probabile quando il Bailout greco 3.0 abbia luogo. In quel caso potremmo assistere a maggiori e più significativi effetti di spillover nell’eurozona allargata. Le due nazioni al di fuori della Grecia che verrebbero significativamente colpite sotto questo scenario, in particolare nel 2016, sono Italia e Spagna, che perderebbero rispettivamente lo 0.5% e lo 0.3% di crescita paragonata alle nostre linee guida su questi Paesi. L’Italia sarebbe affetta da una combinazione di bilancia commerciale peggiore e declino negli investimenti; la Spagna principalmente dagli investimenti. La seconda sarebbe influenzata da un aumento del costo reale del capitale come da una crescita dei tassi.

In Germania, l’impatto di una caduta del commercio interno all’eurozona potrebbe essere importante, con una conseguenza negativa sulla crescita nel 2016. Comunque, il minore costo del capitale aumenterebbe l’investimento del settore privato, portando ad un guadagno netto nel 2016. Idem per il caso della Francia. Nel complesso, l’impatto di questo scenario ridurrebbe la crescita dell’eurozona rispetto le nostre previsioni al massimo dello 0.1% e dello 0.4% rispettivamente nel 2015 e nel 2016, ipotizzando che le misure impediscano gli spillover prima che lo stesso prenda piede. Ma il resto dell’Europa potrebbe iniziare a beneficiare da qualche parte di 0.2-0.3% in termini di crescita nel 2016, come conseguenza delle esternalità positive dall’impatto volo-sicurezza sui redditi.

Implicazioni Asset-Class: Reddito fisso 

Mercati sviluppati Nel mercato del reddito fisso dei Paesi sviluppati, non abbiamo modificato la nostra previsione per i Fondi o i Bund, con gli obiettivi di fine anno del 2.5% e 0.5%, rispettivamente, piuttosto vicini ai livelli attuali. I rendimenti a lungo termine nel quarto trimestre continuano a essere contenuti grazie ai programmi di acquisto su larga scala operati dalla Banca Centrale Europea e dalla Banca Centrale Giapponese, e c’è un piccolo segnale il quale sottolinea che i fondamentali stiano migliorando sufficientemente per garantire la loro conclusione. Continuiamo ad attenderci un altro ciclo del cosiddetto “quantitative e qualitative” easing della Banca Giapponese verso la fine dell’anno. I rischi di crescita sui rendimenti potrebbero comprendere una maggiore reflazione dell’eurozona, anche nel caso in cui la crescita ristagni, o se il mercato riducesse le probabilità di uno scenario “stop-and-go” della Fed verso una più duratura normalizzazione.

Mercati Emergenti Riteniamo che i mercati emergenti rimangano sotto pressione così come l’aumento dei tassi della Fed. Le valute che sono performers relative, come lo yuan Cinese, il won Koreano o lo shekel Israeliano, rimarranno forti grazie ai surplus di conto corrente. I guadagni totali dovrebbero essere piatti nell’universo delle valute dei mercati emergenti, e i rendimenti maggiori dovrebbero compensare la condizione di debolezza localizzata (per esempio, in Brasile, Russia e Turchia). La svolta nei prezzi del petrolio dovrebbe aiutare il peso Messicano e il rublo Russo. É stato così dall’inizio dell’anno. Gli spread sul debito dei mercati emergenti esteri si allargherà lievemente, ma rallenterà la discussione sul rialzo dei tassi della Fed rispetto una brusca correzione.

Implicazioni Asset-Class: Equities

Mercati sviluppatiLe quotazioni nella fine del secondo trimestre sono state guidate dai crescenti rischi di Grexit e dalle agitazioni in Cina, ma questi shocks pare abbiano raggiunto il loro picco, consentendo al mercato di concentrarsi sui fattori micro (redditi). Tuttavia, le deboli vendite retail americane di giugno unite alla debolezza nei prezzi dell’oro nero pongono ora rischi di calo della crescita del terzo trimestre rispetto alla previsione americana di miglioramento del mercato. Ciò suggerisce rischi di caduta nei settori di crescita leverage (interni e internazionali ciclici). I rischi alla relativa crescita sull’aggregato, però, sono controbilanciati da maggiori probabilità che la Fed ritardi il suo iniziale rialzo dei tassi di interesse (fino a dicembre rispetto a settembre). All’interno dello S&P 500, l’equilibrio nei rischi appare più d’aiuto ai settori finanziari che ai settori sensibili alla crescita. Vediamo solamente pressioni moderate sugli equities statunitensi nel caso in cui la Federal Reserve proceda col rialzo dei tassi in settembre.

Mercati emergentiLe nostre scelte top nell’equity dei mercati emergenti rimangono quelle interessanti dell’equity risk premium, vale a dire Messico, Russia e Corea del Sud. Restiamo neutrali sugli equities sudafricani, che beneficiano delle considerevoli proprietà immobiliari istituzionali nazionali, così come delle preoccupazioni degli investitori sulla Russia e la Turchia, gli altri maggiori mercati dell’equity EMEA.

Implicazioni Asset-Class: Commodities

Sostenevamo che il rialzo del prezzo del petrolio tra marzo e giugno avrebbe avuto il potenziale per bloccare i tagli alle spese per capitale che l’industria dell’energia aveva pianificato. Come ci aspettavamo, l’eccessiva offerta ha portato i prezzi ancor più in basso. Crediamo che se i prezzi rimarranno a questi livelli per diversi mesi, i progetti ad alto costo verranno rinviati o cancellati, contribuendo ad irrigidire l’equilibrio offerta-domanda del petrolio. Uno studio recente di Wood Mackenzie mostra che le decisioni di investimento finali su 20 miliardi di barili di petrolio equivalente in energia a monte verranno rinviati come conseguenza della ritirata dei prezzi di quest’anno. Ciò equivale ad un buco di 200 miliardi di dollari americani nell’industria degli investimenti negli oleodotti. Più del 50% di questi tagli provengono dai tagli nei progetti in acqua profonda e circa il 30% dalle sabbie di petrolio canadesi. I tempi di esecuzione per questi progetti sono lunghi. Una volta posticipati, questi progetti non torneranno in produzione rapidamente. Ci attendiamo che l’OPEC continui ad investire e ad aumentare l’offerta. La potenziale revoca delle sanzioni in Iran porterà ad una maggiore offerta una volta che il Paese avrà messo in pratica i necessari miglioramenti alle infrastrutture. Un’Arabia Saudita antagonista continuerà a produrre ad un ritmo vertiginoso per difendere la sua quota di mercato. La capacità di scorta dell’OPEC è probabile che rimanga sottilissima. Qualunque shock al mercato potrebbe quindi tradursi velocemente in un’impennata dei prezzi. L’agile industria del petrolio di scisto resterà l’agente bilanciante. Nel caso di uno shock, la produzione di petrolio di scisto è probabile che aumenti rapidamente la produzione, in risposta a prezzi più alti. Di conseguenza, gli investimenti negli Usa rimarranno indisturbati.

Implicazioni Asset-Class: Forex 

La divergenza di crescita tra i Paesi, e di ogni politica monetaria, rimarrà l’indicatore chiave della performance del G10 FX nei mesi a venire. La Federal Reserve rimane equilibrata nella sua retorica, sottolineando i risultati fatti sul fronte dei posti di lavoro. Sia la piena occupazione che la stabilità dei prezzi devono essere prese in esame come obiettivo della politica della Banca Centrale Statunitense. Il problema è che l’inflazione tende a rallentare un miglioramento dell’attività economica, e pertanto la Banca Centrale deve adattare la sua politica monetaria 12-24 mesi nel futuro. Dopo tutto, lo stesso effetto economico dei cambiamenti in politica monetaria si verifica con un ritardo. Ci attendiamo che la Fed mantenga la sua intenzione di alzare i tassi nel 2015 e pensiamo che il meeting di settembre potrebbe essere il momento appropriato per attuare il primo e modesto aumento dei tassi di interesse permettendo un miglioramento dell’economia primaria. Ciononostante, al momento, c’è una interessante divergenza tra la politica dei prezzi del mercato e il consenso economico su quando la Fed aumenterà i tassi: la prima si aspetta un incremento a novembre (il FOMC è previsto per il 27-28 ottobre), mentre gli economisti si aspettano un innalzamento a settembre. Noi pensiamo che se il mercato comincia a prezzarsi in un aumento di settembre, il dollaro americano ne beneficerà. Un innalzamento dei tassi quest’anno è plausibile che veda una prolungata divergenza nei differenziali dei tassi di interessi tra gli Usa e i suoi principali partner commerciali e d’investimento. Una così larga differenza è probabile che veda il dollaro americano ai livelli alti visti all’inizio dell’anno. Attualmente il mercato delle opzioni sta prezzando fortemente il dollaro statunitense contro tutte le valute del G10, con l’eccezione dello yen Giapponese nel prossimo mese. Le monete peggiori previste sono quelle legate alle commodities, come il dollaro Australiano, il dollaro Neozelandese, il dollaro Canadese e ad un livello inferiore, la corona Norvegese. Queste cosiddette valute commodities sono considerate le peggiori performers nel prossimo mese contro l’euro o la sterlina.

 

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