Petrolio sotto i 45 dollari, ma Eni sfrutterà ritorno dell’Iran sul mercato

Continua il calo delle quotazioni sul petrolio con un Brent che scende sotto i 50 dollari e un WTI che addirittura va sotto 45 dollari al barile.

I dati che si annullano a vicenda In tutto questo la stagione estiva, quella dei viaggi e che per eccellenza avrebbe dovuto far aumentare la richiesta di carburante è andata a sovrapporsi a un aumento delle scorte di benzina, troppe per riuscire a far registrare un impatto positivo sull’andamento dei prezzi del greggio.
Numeri alla mano si parla di un aumento delle scorte di benzina che supera gli 800mila barili contro previsioni che parlavano invece di un calo superiore ai 500mila, una contraddizione troppo forte rispetto alle previsioni, contraddizione che si va ad aggiungere a un altro dato il cui potenziale vantaggio sfuma così nel nulla: le scorte di petrolio USA la settimana scorsa erano in calo di 4,4 milioni di barili ovvero tre volte le proiezioni.
Eppure questo non è bastato agli esperti per gridare al cambio di rotta. No, perchè adesso che la stagione estiva volgerà al termine, tornerà a diminuire anche l’unica richiesta attiva proprio mentre il ritorno all’operatività nel dopo-ferie, porterà con sè nuova produzione.

Il miraggio dei 100 dollari al barile  Unica certezza a questo punto è la volatilità dei prezzi di un greggio che adesso è diventato una vera e propria lotteria.
Ma al ribasso. Si perchè se gli analisti si dividono sulle quotazioni di fine anno che oscillano dai 20 dollari al barile di Goldman Sachs fino a una media di 40 dollari per i più ottimisti, tutti restano accomunati da un target comune: i 100 dollari al barile sono e resteranno ormai una leggenda per diverso tempo, con ogni probabilità anche anni. A tutto vantaggio di chi questo petrolio lo importa. Oppure anche di chi, tra le aziende, è riuscito a sfruttare il trend per razionalizzare le spese e tagliare i progetti più costosi. Tempo di adeguamenti, dunque, per le grandi protagoniste del mercato dell’oro nero che, paradossalmente, condivide con quell’altro oro, quello giallo, il triste destino di un calo improvviso dal momento che anche il pregiato (o ex tale) metallo non se la passa bene con prezzi che scendono sotto i 1085 dollari l’oncia.  Comunque il mercato può offrire anche risvolti inattesi per chi riesce a coglierli.

E’ il caso di Eni L’entrata in scena dell’Iran, o per meglio dire il ritorno del gigante petrolifero, ha notevolmente forzato la mano nel processo di svilimento delle quotazioni sui petroliferi, co la prospettiva di nuove, abbondanti disponibilità di materia prima.
Ma alla fine è un potenziale mercato extra per le società che ormai da anni erano rimaste fuori dai rapporti commerciali con Teheran. L’occasione per Eni si presenta anche per rientrare nel settore, assieme ad esponenti di altri rami della produzione italiana, tutti interessati al ammodernamento di una nazione ormai riaffacciata sui circuiti internazionali, tanto da portare la stessa nazione islamica a proporre nuovi modelli contrattuali per i prossimi impegni.  Intanto, per Eni si guarda allo sblocco di quegli 800 milioni di crediti commerciali incagliati e a un contratto da sette miliardi che proprio a causa delle sanzioni, a suo tempo, fu rimandato a data da destinarsi.

a cura di Trend Online

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