Cina in rally ma la frenata dell’economia di Pechino pesa sulle Borse asiatiche

La settimana si apre in rally per i mercati della Cina continentale, ma complessivamente le Borse asiatiche restano vicine ai minimi di un anno e mezzo, con valute come il ringgit della Malaysia che si indeboliscono ancora e sempre a causa di Pechino. I dati macroeconomici in arrivo dalla Cina non sono confortanti.
Da una parte l’ennesimo declino dell’export (il peggiore degli ultimi quattro mesi all’8,3% in luglio) e dall’altra il crollo del 5,6% dei prezzi alla produzione, il più marcato dall’ottobre 2009 (e il quarantunesimo mese consecutivo in flessione), mostrano quanto il rallentamento della domanda di Pechino colpisca il commercio globale e in particolare le economie dei mercati emergenti.
“I mercati stanno iniziando a scontare la strutturalmente più bassa crescita in Cina e la fine del cosiddetto super-ciclo delle materie prime”, ha detto a Reuters Yoshinori Shigemi, strategist di JpMorgan Asset Management. Se gli economisti avevano da tempo previsto il rallentamento dell’espansione economica della Cina, gli investitori sono stati presi alla sprovvista dalla portata della frenata e dall’impatto sui mercati emergenti.
Nei sei mesi allo scorso mese di maggio, i volumi del commercio mondiale si sono ridotti di circa il 4% su base annuo, tendenza che non si vedeva dai tempi delle recessioni globali di 2001 e 2009.

Shanghai Composite, Shenzhen Composite e Shanghai Shenzhen Csi 300 scambiano tutti in progresso di circa il 5% su aspettative da parte degli investitori per l’ennesimo intervento di stimolo da parte di Pechino.

Ottimismo che non ha contagiato Hong Kong, con l’Hang Seng sostanzialmente invariato nella seduta. Seduta positiva invece per Sydney, con l’S&P/ASX 200 che ha chiuso in progresso dello 0,63% al traino soprattutto del settore bancario, che ha recuperato terreno dopo una due giorni da incubo giovedì e venerdì in seguito all’annuncio di Anz Banking Group del piano di raccolta di 3 miliardi di dollari australiani (poco più di 2 miliardi di euro) di capitale.
La mossa è necessaria dopo che l’Australian Prudential Regulation Authority aveva imposto nuove più stringenti regole sulle riserve e delle Big Four del credito australiano Anz è quella il cui capitale è ai livelli più bassi. Anche il dollaro australiano ha segnato un ripresa nei confronti di quello Usa mentre i corsi delle materie prime continuano a essere negativi, a partire da quello del petrolio.

Tokyo ha aperto in flessione dopo che i positivi dati sul lavoro in Usa hanno reso sempre più probabile un rialzo dei tassi da parte della Fed già a settembre.
A spingere al ribasso il Nikkei sono stati però soprattutto i titoli delle aziende più esposte alla Cina (come quelle del settore siderurgico). Alla fine, però, il Nikkei 225 ha chiuso con un progresso dello 0,41% nonostante dati macroeconomici interni non certo esaltanti. In luglio l’indice della fiducia dei consumatori in Giappone è sceso a 40,3 punti da 41,7 punti di giugno, contro il progresso a 42,2 punti del consensus.
Si tratta della seconda peggiore lettura di quest’anno. Il dato è sotto alla soglia di 50 punti, che separa fiducia da pessimismo, dal marzo 2006. A Seoul invece il Kospi ha segnato un declino dello 0,35% alla fine delle contrattazioni.

a cura di Trend Online

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