Iggo (Axa Im): “Finalmente un po’ di calma”

A cura di Chris Iggo, Cio Fixed Income di Axa Im
Le autorità governative e gli investitori, in un clima di generale stanchezza, hanno accolto con un profondo sospiro la notizia del raggiungimento di un accordo con la Grecia, che apre la strada a possibili negoziati per un terzo bailout. Non necessariamente si è trattato di un sospiro di sollievo, quanto di sconcerto per come si sia potuti giungere fino a tale punto. Sono in pochi a credere che il problema della Grecia sia stato risolto. E sono in pochi anche coloro che ritengono che la Grecia non rappresenterà più un problema per i mercati o che il futuro a lungo termine dell’euro sia ben delineato. Se non altro tiriamo il fiato per un momento. La maggior parte degli investitori obbligazionari sarà felice di un attimo di tranquillità dopo un anno finora decisamente impegnativo. I rendimenti sono saliti e il carry è migliorato. Calma signori, stiamo incassando le cedole qui.
È politica, non economia L’arte del possibile ha fatto sì che la Grecia restasse nell’Eurozona, almeno per il momento. L’accordo dell’ultimo minuto raggiunto all’inizio di questa settimana è stato accolto bene dai mercati finanziari ma schernito dalla maggior parte degli osservatori per diverse ragioni: non tiene conto dei desideri espressi democraticamente dal popolo greco, mancano misure concrete per il risanamento del debito, le ipotesi sulle privatizzazioni sono irrealistiche così come le previsioni sulla crescita dell’economia greca, e in generale manca la convinzione che le misure concordate saranno realmente attuate dal governo in carica. L’accordo ha anche riportato alla ribalta gli euroscettici, che hanno colto l’occasione per evidenziare le divisioni politiche all’interno dell’Europa e discutere dell’inevitabile (secondo loro) tracollo della moneta unica. Mi ha sempre divertito l’idea in campo sociopolitico che esista una sorta di terra promessa che sarebbe raggiungibile se solo i politici si impegnassero in tal senso. Nulla è perfetto e la realtà, soprattutto nei mercati finanziari, è come un viaggio tra uno stato di disequilibrio ad un altro. Dobbiamo quindi convivere con l’idea che la Grecia resta un problema (e potrebbe ancora lasciare l’Eurozona), ma finché qualcosa non andrà storto il mercato obbligazionario rimarrà concentrato altrove ora.
E i tassi di interesse? La Fed e la Banca d’Inghilterra sono state un po’ più esplicite in merito alla probabilità di un rialzo dei tassi a partire da quest’anno. Certo, nei limiti della chiarezza tipica delle banche centrali. Janet Yellen ha lasciato intendere che per la Federal Reserve l’economia si sta avvicinando ad un punto in cui è giustificabile un rialzo dei tassi, anche se è ancora possibile che le proiezioni della banca centrale siano disattese. Mark Carney ha rilasciato dichiarazioni analoghe per quanto concerne il Regno Unito: il dibattito sul possibile rialzo dei tassi potrebbe accendersi verso la fine dell’anno. Anche se i dati economici non appaiono sempre robusti (per qualche ragione, pur in presenza di un mercato dell’occupazione in crescita e dell’aumento dei salari, non sembra che i consumatori americani stiano aumentando la spesa, sulla base degli ultimi dati sulle vendite al dettaglio), l’economia statunitense e britannica sono entrambe vicine alla piena occupazione, e quindi all’avvio di politiche monetarie meno accomodanti.
L’anello mancante è l’inflazione. L’inflazione dei prezzi al consumo su base annuale è ancora vicina allo zero e non c’è nulla che lasci presagire una variazione a fronte dell’aumento dei salari. Il ritmo della crescita dei salari e dell’inflazione è comunque incoraggiante. Dopo molti anni in cui la crescita media degli utili nel Regno Unito è stata inferiore all’inflazione, l’anno scorso abbiamo iniziato a registrare una crescita dei salari su base reale. Anche negli Stati Uniti la crescita degli utili supera l’indice dei prezzi al consumo, sebbene il tasso di crescita nominale in termini assoluti deluda ancora. La crescita dei salari potrebbe accelerare se la domanda di lavoro continuasse a salire. Il costo reale del debito per le famiglie è più basso oggi a fronte dell’aumento del reddito da lavoro e, certamente nel Regno Unito, la Banca d’Inghilterra potrebbe considerare questo un altro fattore che ha contribuito all’inflazione dei prezzi immobiliari. Le richieste di mutuo approvate, pur se in leggero calo a maggio, sono salite stabilmente nel 2015 e l’inflazione dei prezzi degli immobili supera di gran lunga l’inflazione generale.
Il carry è la chiave I tassi a termine hanno già registrato notevoli oscillazioni quest’anno. Ricordiamoci le discussioni di inizio anno, quando dicevamo che i premi a termine erano irrealisticamente bassi in uno scenario di timori deflazionistici. Dai minimi di quest’anno, i Treasuries US decennali hanno segnato un aumento di 70 punti base, pari a un rendimento complessivo del -1% sull’indice di riferimento. I Gilt britannici hanno perso il 2% in termini di rendimento complessivo a seguito di un simile aumento di 70 punti base dei rendimenti a 10 anni (le duration più lunghe nel Regno Unito hanno registrato le performance peggiori). Quindi, parte della normalizzazione monetaria si è riflessa sui prezzi del mercato.
Nella parte a breve termine della curva, i futures su tassi di interesse euro-dollaro e short-sterling suggeriscono 2-3 rialzi dei tassi entro la prossima estate. A meno che non cambi la dialettica delle banche centrali, ci sembrano ipotesi ragionevoli. L’irripidimento delle curve negli Stati Uniti e nel Regno Unito di quest’anno suggerisce che le strategie di carry più che quelle direzionali costituiranno probabilmente la principale attività nel corso dell’estate. Anche se da un punto di vista strategico crediamo che i rendimenti saliranno verso il 3% nel corso del prossimo anno, con la Grecia ancora in sottofondo, il prezzo del petrolio ancora a livelli bassi e la BCE che spinge in basso i rendimenti obbligazionari europei, è difficile prevedere che i mercati obbligazionari negli Stati Uniti e nel Regno Unito vengano scossi nel brevissimo termine.
Prospettive positive per il credito Questa relativa stabilità dei rendimenti e la mancanza di un’effettiva urgenza nell’operare una stretta monetaria dovrebbero favorire i mercati del credito. Di recente le nuove emissioni sono state alquanto limitate, a causa dell’incertezza che circonda la Grecia e della stagione degli utili negli Stati Uniti. Potrebbe essere difficile lanciare nuove emissioni prima di agosto, ma questo sembra un buon momento per raccogliere capitale nei mercati, e probabilmente è un buon momento per gli investitori obbligazionari per incrementare il loro posizionamento nel credito attraverso nuove emissioni. Gli spread investment grade negli Stati Uniti e nel Regno Unito sono molto più alti rispetto all’Eurozona, con rendimenti sugli indici del 3,4% in entrambi i mercati.
Nell’ultimo trimestre, gli excess return sui titoli di stato sono stati negativi, ma credo che assisteremo a un’inversione di tendenza nel 3° trimestre, a meno che non si verifichi qualche evento straordinario (per esempio in Grecia). Sembra che nelle ultime settimane gli investitori si siano tenuti lontano dal mercato accumulando liquidità, che ci aspettiamo venga utilizzata nonostante vi siano in vista possibili aumenti dei tassi verso fine anno. A nostro giudizio, le prospettive macroeconomiche sono positive negli Stati Uniti e nel Regno Unito, le valutazioni più interessanti rispetto alla prima metà dell’anno, i fattori tecnici restano molto favorevoli, ed il sentiment dovrebbe migliorare se gli sviluppi in Grecia saranno positivi.
La BCE ha ancora una forte influenza sui mercati dell’Eurozona Inclusi i mercati del credito europeo. I fattori tecnici sono molto positivi, nel senso che l’impatto del Quantitative Easing sta spingendo gli investitori verso i mercati del credito. Una lezione che possiamo trarre dalla crisi in Grecia è che certamente gli altri paesi periferici non avranno interesse a sfidare l’ortodossia dei requisiti imposti dall’Unione Europea. Le riforme graduali ed il miglioramento del sistema fiscale dovrebbero proseguire in Spagna e Italia. I rendimenti dei titoli sovrani periferici non offrono granché (ho già spiegato che lo spread di 100 p.b. rispetto alla Germania è un grosso vincolo per gli investitori alla ricerca di forti plusvalenze nelle obbligazioni periferiche), a meno che gli investitori non abbiano bisogno di una maggiore esposizione alla duration, che i titoli sovrani sono in grado di offrire rispetto al credito. Per le scadenze brevi, il credito investment grade e high yield in Europa non è male. Non ci farà diventare ricchi, ma dovrebbe continuare ad essere una strategia di investimento con una volatilità contenuta.
Dopo qualche settimana di tensione ad Atene, potremo godere di un po’ di tranquillità estiva, con qualche emissione corporate in cui la domanda ha superato l’offerta. Abbiamo tutti bisogno di un po’ di tregua prima che la banca centrale americana apra le danze.

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