Obbligazioni, la liquidità è davvero un problema per gli Etf?

a cura di Morningstar

Lo spettro di un incremento dei tassi di interesse nell’ultimo decennio ha portato alla ribalta il tema della liquidità del mercato obbligazionario. Il patrimonio investito in fondi di investimento a reddito fisso ed Etf è più che triplicato, mentre il ruolo dei tradizionali fornitori di liquidità sul mercato è andato via via riducendosi, così come i volumi negoziati.  Questi trend opposti hanno alimentato preoccupazioni sul fatto che tassi più alti potrebbero portare a vendite di massa all’interno di un mercato che non sembra pronto a far fronte a questa situazione.

Gli Etf, in particolare quelli che investono in obbligazioni high yield e prestiti bancari, sono stati indicati come una specifica area di allarme, a causa della loro particolare struttura e della percezione di una loro superiore liquidità. Alcune di queste paure potrebbero rivelarsi fondate, benchè molte non siano relative ai soli Etf. Le specifiche preoccupazioni in merito a questi strumenti, dimostrano che molti investitori non hanno ancora compreso a pieno il funzionamento e l’operatività di questi Etf.

La liquidità ha un prezzo La liquidità è un concetto multidimensionale. Le sue misure più importanti sono il tempo, la quantità e il prezzo. Assieme rappresentano il “costo” della liquidità. Agli investitori piace poter negoziare rapidamente grandi volumi con scarsi effetti sui prezzi dei titoli. In mercati con un ampio numero di acquirenti e venditori che eseguono frequenti transazioni, la liquidità è abbondante e poco costosa. L’ S&P 500 è un esempio. La liquidità è invece relativamente scarsa e più costosa in mercati con pochi attori e transazioni meno frequenti, come quelli obbligazionari.

Le obbligazioni sono diverse dalle azioni. Le prime sono spesso acquistate con l’intento di detenerle fino a scadenza. Per tale motivo, sono negoziate meno di frequente. Inoltre, non esiste una piazza di scambio come per l’equity. I titoli a reddito fisso sono infatti negoziati over-the-counter. Le controparti di uno scambio possono quindi mettersi in contatto tramite telefono o messaggistica istantanea. Il processo può però essere dispendioso sia in termini di tempo che di denaro. In aggiunta, le obbligazioni non sono standardizzate. Le azioni di Citigroup ad esempio hanno una quotazione unica, ma la società è titolare di oltre 1000 obbligazioni differenti, ognuna con caratteristiche specifiche. Questa frammentazione contribuisce ulteriormente l’illiquidità.

La liquidità varia anche in base alle condizioni del mercato. Nelle fasi di rialzo è abbondante ed economica. In quelle di ribasso è di difficile reperibilità e costosa.

Se i fondamentali del mercato scenderanno e gli obbligazionisti venderanno in massa, il costo della liquidità aumenterà. Ciò si manifesterà principalmente sotto forma di impatto sul mercato (cioè con un effetto negativo sui prezzi). Verranno quindi colpiti tutti i venditori, a prescindere che questi presentino un’ esposizione alle asset class tramite singoli titoli, fondi di investimento o Etf. Una turbolenza di questo tipo avrebbe un effetto permanente su chi deciderà di vendere (perchè incasserà una perdita effettiva) e temporaneo su chi manterrà i titoli in portafoglio (le perdite sono solo sulla carta) e potrebbe rappresentare una possibilità di acquisto (o di arbitraggio) per altri. Quindi, i soggetti che dovrebbero essere maggiormente preoccupati del “panic-selling” sono coloro che si fanno prendere dal panico e vendono. Gli investitori con orizzonti di lungo periodo e gli acquirenti tattici non sopporteranno i costi diretti derivanti dall’attività dgli investitori “emotivi”, potendo addirittura posizionarsi per trarne benefici.

Il nuovo arrivato  Gli Etf sono i nuovi arrivati sul mercato obbligazionario. Il primo di questo tipo è stato lanciato nel 2002. Più di recente sono stati invece lanciati Etf in grado di raplicare anche i segmenti meno liquidi del mercato, come il PowerShares Senior Loan ETF (quotato negli Stati Uniti) che replica un benchmark composto da prestiti bancari.

Il confezionamento di strumenti relativamente illiquidi e rischiosi in un involucro che può vantare una liquidità intraday è stato ben accolto da molti investitori; alcuni hanno invece indicato questi fondi come pieni di rischi, individuandoli come una potenziale fonte incrementale di instabilità. A mio parere, questo tipo di timori sono eccessivi e riflettono in concreto una mancanza di conoscenza degli Etf.

Caos organizzato Una delle funzioni primarie a cui si prestano gli Etf è l’organizzazione della liquidità. Questi strumenti assemblano un insieme di titoli o prestiti relativamente illiquidi e non standard in un singolo paniere standardizzato che viene negoziato come un’azione su base intraday. Nel fare ciò, creano una nuova via di accesso all’esposizione verso un determinato segmento del mercato obbligazionario. Questo percorso è più efficiente rispetto alla ricerca di singoli titoli. Gli acquirenti e i venditori potenziali di quote di Etf sul mercato secondario sono, infatti, molto più numerosi rispetto a quelli dei singoli bond o prestiti che compongono i portafogli sottostanti. In ultimo, dal momento che sono scambiati in tempo reale durante i normali orari di mercato, essi forniscono un livello di trasparenza senza precedenti sulla determinazione del prezzo obbligazionario. Gli Etf a reddito fisso donano quindi una parvenza di ordine a un panorama caotico.

Tutti vendono   Molte delle attività di negoziazione relative agli Etf obbligazionari, hanno luogo sul mercato secondario, dove gli investitori possono scambiarsi quote di replicanti. Queste attività di negoziazione non implicano alcun tipo di transazione diretta sugli elementi sottostanti del fondo.

Le preoccupazioni relative all’effetto potenziale degli Etf obbligazionari sui mercati sottostanti si focalizzano principalmente su uno scenario di deflussi di massa. In questa eventualità, l’offerta di quote presenti sul mercato secondario supererebbe la domanda (ci sarebbero quindi più venditori che acquirenti). Ciò condurrebbe i prezzi degli Etf al di sotto del loro Nav (negozierebbero cioè a sconto), ed i fornitori di liquidità (acquirenti) più probabili sarebbero i market maker. Gli sconti si amplierebbero fino al punto in cui diventerà profittevole per i market maker intervenire e comprare con la prospettiva di una successiva vendita a premio. Sfruttando questa opportunità di arbitraggio, i market maker farebbero ridurre le quote in eccedenza sul mercato secondario e l’equilibrio tra domanda e offerta sarebbe ripristinato.

Lo scenario appena descritto non è solamente ipotetico. Questo processo è stato messo in pratica sin dalla nascita del primo Etf, SPDR S&P 500, nel 1993. Gli Etf obbligazionari, nonostante siano relativamente giovani, sono già stati sottoposti a stress-test in tempo reale. Hanno funzionato straordinariamente bene durante i giorni più bui della crisi finanziaria dove, in determinati momenti, si sono dimostrati una delle uniche risorse affidabili in termini di liquidità e di informazione sui prezzi. Questo pattern si è successivamente ripetuto, come evidenziato dalla contemporaneità tra i picchi nelle negoziazioni di Etf obbligazionari e gli intermittenti periodi di volatilità sul mercato dei titoli a reddito fisso (come il Taper Tantrum nel 2013, periodo durante il quale, a seguito dell’interruzione del programma di acquisto di bond da parte della Fed, si manifestò un improvviso rialzo nei tassi dei titoli a reddito fisso statunitensi).

Il costo della liquidità Gli Etf obbligazionari, benchè siano d’aiuto nell’organizzare la liquidità e abbiano ben operato durante i periodi di crisi, non hanno eliminato il costo della liquidità. Nel caso degli Etf a reddito fisso, esso prende la forma di bid-ask spread, impatto sul mercato (ossia sui prezzi) e premi o sconti rispetto al Nav. È vero, il costo della liquidità può essere volatile e aumentare di molto in presenza di un eventuale esodo di massa dai mercati obbligazionari. Ma tale fenomeno non è tipico dei soli Etf. Ciò che risulta unico è invece il livello di trasparenza che forniscono (sotto forma di prezzi giornalieri sempre disponibili e di proxy per il costo della liquidità) e lo strato aggiuntivo di liquidità che hanno donato al mercato sotto forma di negoziazioni sul mercato secondario.

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