Dopo una settimana da brivido, indici al test di supporti importanti

A cura di Giuseppe Sersale, strategist di Anthilia Capital Partners
Che non sarebbe stata una giornata facile quella di venerdì, lo si era capito già a notte fonda (per l’Europa) quando il PMI cinese aveva fatto segnare il minimo dal 2009 (47.14 da prec 47.8 e vs attese per 48.2). Non ci voleva, questa doccia fredda, per un mercato già sull’orlo del panico per le potenziali ricadute di un forte rallentamento cinese e una (potenziale) svalutazione. Inevitabile il nuovo bagno di sangue nell’area asiatica, guidato dagli indici locali cinesi. Alzi la mano chi ha dato uno sguardo al PMI manifatturiero giapponese (51.9 da prec 51.2) secondo dato più alto del 2015 dopo il 52.2 di gennaio. Tokyo ha ovviamente fatto le spese del sentiment generale, aggravato dalla rottura di quota 20.000 di Nikkei, e del fatto di essere stata fin qui tra le piazze migliori (soprattutto in Asia). E’ notevole che indiscrezioni di tagli della riserva obbligatoria delle banche cinesi nel Week End non abbiano sortito alcun effetto ne sugli indici locali ne sul resto. La dice lunga sul mood del mercato.
Su queste basi, l’apertura europea è stata nuovamente in gap down. Peraltro, gli indici europei venivano da un calo del 5% in 2 sedute, e l’ulteriore – 1% iniziale ha visto la comparsa di  flussi d’acquisto, che si sono intensificati con la pubblicazione dei PMI flash europei di agosto. Se la Francia ha proposto il solito settore manifatturiero deludente, principale causa per un composite PMI che ha ceduto marginalmente terreno (51.3 da prec 51.5), le buone notizie sono giunte dalla Germania, con un PMI composite in inattesa salita (54 da 53.7 vs consenso di 53.6) grazie ad un balzo di 1.4 a 53.2 (massimo da 16 mesi) del manifatturiero. Non proprio quanto ti aspetteresti a fronte di un robusto rallentamento cinese. Vedremo che dirà l’ IFO lunedi.
Il dato europeo ha a sua volta sorpreso un consenso che lo attendeva in marginale calo (54.1 da prec 53.9 e vs attese per 53.7), mostrando un livello tra i più alti degli ultimi 4 anni. La valutazione, operata da Markit, del livello di attività economica dell’Europa ex Germania-Francia (il cui dettaglio verrà disponibile solo con i dati finali) la colloca ai massimi dal 2007. Il quadro resta coerente con una crescita trimestrale di 0.4%.
La percezione che l’economia europea, per il momento, non presenta i temuti sintomi di rallentamento globale di provenienza asiatica, ed anzi ridimensiona i modesti segnali di perdita di momenti comparsi in primavera, ha ridato un po’ di morale alle piazze europee, che hanno sfiorato la positività in tarda mattinata.
E’ stato un fenomeno effimero, e l’apertura di Wall Street ha riportato il pessimismo cosmico che ha caratterizzato gli ultimi giorni, conducendo gli indici ad una chiusura di settimana davvero terribile. Non ha aiutato un PMI manifatturiero US deludente (52.9 da prec 53.8 e vs attese per 53.8), anche se qui quel che conta veramente è l’ISM, in uscita il primo settembre.
Ovviamente l’estrema risk adversion si è abbattuta anche sugli altri asset correlati positivamente con la crescita. Il dollaro ha continuato ad indebolirsi, riflettendo la minor probabilità di un rialzo a settembre (e un target di fed funds più basso) e anche la riduzione di rischio nei portafogli degli investitori. Le commodities hanno continuato la loro discesa, col petrolio che ha lambito i 40 $ e il paniere CRB che ha segnato nuovi, significativi, minimi. E lo spread ha allargato sensibilmente, anche grazie grazie ad un calo dei rendimenti del bund, in simpatia con un treasury tornato nei pressi del 2%. Spettacolare il balzo del VIX, ai massimi dal dicembre scorso.
Tutto ciò, con volumi che ormai hanno ben poco di estivo, e sono in linea con livelli tra i più alti della normale stagione.
Davvero gigsntesca l’ondata di panico in corso sui mercati: cito le statistiche che ritengo più interessanti, tra l’ondata che pervaderà i media.
** Il DAX ha perso il 12.75% in 9 sedute, un ritmo doppio rispetto allo storno di ottobre 2014, e senza precedenti nel recente passato. DB nota come il 9% del fatturato delle aziende quotate a Francoforte venga dalla Cina, e il 15% degli utili ( 15-20% l’esposizione agli emerging). Su queste basi, pare una reazione spropositata alle notizie di cui siamo in possesso.
** Wall Street, che fino a pochi giorni fa aveva mostrato buona resistenza, nelle ultime 3 sedute ha accelerato a sua volta al ribasso ad un ritmo incredibile (-5% in 3 sedute). L’RSI orario si trova a 14, un livello anch’esso superiore a quanto osservato a ottobre scorso.
** Sui livelli attuali l’indice tedesco scambia appena a +3% da inizio anno, una performanxce analoga a quella dell’Eurostoxx  50, che mostra un +3% anche a 12 mesi.
E la svalutazione dell’€? e il QE ECB? E il crollo dell’ oil? La crescita macro e quella degli EPS? Ovvio, quello che conta sono le prospettive degli utili futuri, ma certo su questi livelli stiamo prezzando un bel cambio di scenario.
Sul fronte tecnico, la recente price action ha inflitto danni ingenti al quadro. Detto ciò, sia l’ Eurostoxx che l’S&P 500 si trovano a contatto con supporti trasversali, per il primo costituito dall’area 3300, massimo toccato più volte nel 2014 e minimo durante la crisi greca. La chiusura odierna si colloca sotto questo livello, ma il movimento è cosi iperesteso che un rimbalzo non può essere troppo lontano. Discorso analogo per l’S&P 500, che è arrivato come un lampo alla soglia psicologica di 2000, vista l’ultima volta 6 mesi fa, che lo ha sostenuto 4 volte tra dicembre  e febbraio. Vedremo se, con la collaborazione dell’estremo ipervenduto intraday, queste soglie reggeranno o daranno invece strada a correzioni più profonde.
In ultimo, osservo come il “panico macroeconomico” scoppiato ad agosto, giustificato o meno che sia, non tiene in alcuna considerazione quella che potrebbe essere la reazione dei policymakers, vale a dire ulteriori misure in Cina, un rinvio del rialzo dei tassi FED, e un eventuale azione anche da parte di Draghi, visto l’incupirsi dello scenario inflattivo (gli inflation swap sono tornati ai livelli di febbraio scorso). Infine il petrolio, sceso sotto 40$, per la prima volta dal 2009, coronando un calo del 35% in meno di 2 mesi. Un agosto davvero incredibile.

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