Mind the gap: lo studio di Zurich sul divario della tutela del reddito in Europa

A cura di Kristof Terryn, Ceo Global Life Zurich Insurance Group
Il divario pensionistico è probabilmente uno degli argomenti più discussi nel settore assicurativo. Le persone sono sempre più consapevoli delle modifiche introdotte nei sistemi pensionistici attuali e del fatto che, a causa delle tendenze demografiche, non sarà possibile mantenere l’attuale tenore di vita una volta in pensione. Tuttavia, la maggior parte della popolazione attiva sottovaluta una sfida ancor più grande: il rischio di perdere la propria capacità lavorativa e una conseguente diminuzione del reddito. Questo è ciò che definiamo come divario della tutela del reddito. A causa degli spostamenti a livello demografico e di un’accresciuta pressione di bilancio in molti Paesi, osserviamo una tendenza a una sospensione graduale delle garanzie sociali finanziate dallo Stato e dei piani di previdenza aziendali. Le persone devono tutelarsi sempre di più in maniera autonoma. Ma sono davvero consapevoli di questo rischio? Per rispondere al nostro interrogativo, abbiamo chiesto l’opinione di oltre 6.000 persone in Germania, Irlanda, Italia, Spagna, Svizzera e Regno Unito. Il nostro sondaggio ha rivelato una differenza significativa tra realtà e percezione.
Tre quarti degli europei credono di fare abbastanza per tutelare sé stessi dalla perdita della capacità lavorativa. I tedeschi sono meno propensi a pensare ciò: infatti soltanto due terzi dei partecipanti dichiarano di prendere sufficienti misure per tutelarsi. Mediamente, gli europei dichiarano di avere dei risparmi, investimenti, polizze assicurative e pensionistiche che consentirebbero loro di coprire le spese per un periodo di 4,6. In Irlanda, Spagna e Italia, i risparmi in questione consentono una copertura di 3,5 anni, mentre in Svizzera e in Germania di circa 6,5. Oltre la metà dei partecipanti ritiene che la crisi economica abbia avuto un impatto negativo sulla propria situazione finanziaria.
In Spagna, Italia e Irlanda questo dato supera il 75 percento. Molti ritengono che il proprio reddito abbia subito una diminuzione, mentre il debito, la paura di ammalarsi e i livelli di stress siano aumentati. Soltanto un terzo degli europei è, tuttavia, consapevole delle possibilità di tutela del reddito. L’attenzione è più alta in Germania, dove quasi la metà dei partecipanti dice di essere consapevole di quest’aspetto; In Spagna vi è l’attenzione minore, dove troviamo soltanto un partecipante su sei che dichiara di esserne cosciente.
Nel complesso, la metà dei partecipanti in Europa ritiene di avere meno del 10 percento di possibilità di perdere la propria capacità lavorativa, sebbene soltanto tre su dieci credano che questa sia la normalità per il resto d’Europa. Gli europei sottovalutano in maniera significativa i loro stessi rischi. Difatti, i dati mostrano che fino al 25 percento delle persone perde la capacità lavorativa durante il corso della propria vita.
Le fasce di età con la più elevata probabilità di perdere la capacità lavorativa differiscono significativamente in tutta Europa. I dati indicano che, mentre in Irlanda, Italia, Svizzera e Regno Unito le persone con più di 55 anni presentano il rischio maggiore, in Germania, gli uomini di età compresa tra i 47 e i 51 anni e le donne tra i 45 e i 47 anni corrono il maggior rischio di invalidità. In Spagna, l’età media si attesta sui 51 anni.
Ci si aspetta una diminuzione del reddito, pur avendo bisogno di maggiori entrate Sette partecipanti su dieci credono che riceveranno meno del 75 percento del loro ultimo livello di reddito familiare in caso di invalidità; due su cinque stimano invece che riceverebbero meno della metà del loro ultimo reddito familiare. Al contempo, sei su dieci dichiarano di avere bisogno della stesso livello del loro ultimo reddito, o maggiore, per poter mantenere il tenore di vita attuale.
Molte speranze sono riposte nel sostegno statale Circa due europei su tre si aspettano che lo Stato provveda al sostegno finanziario degli invalidi a livello lavorativo. In Italia e Spagna, tali aspettative sono ancora più alte, quattro partecipanti su cinque dichiarano, infatti, che il loro Governo provvederà all’assistenza necessaria. In Svizzera, soltanto il 54 percento dei partecipanti dichiara che farebbe affidamento sullo Stato.
Mentre i partecipanti svizzeri, britannici e tedeschi si sono dimostrati complessivamente fiduciosi circa la capacità del loro Governo di provvedere agli obblighi sociali, la fiducia nei piani di welfare in Irlanda, Italia e Spagna è ben più bassa. In Svizzera e Germania, un numero piuttosto alto di persone indica che gli assicuratori dovrebbero essere i principali fornitori di supporto finanziario. Ciò potrebbe essere collegato al fatto che i partecipanti in Europa possiedono in media quattro polizze assicurative, ma in Germania questo numero sale a cinque e in Svizzera a sei.
L’errata percezione in relazione agli infortuni e all’invalidità I partecipanti considerano le gravi malattie e i disturbi mentali e nervosi quali cause principali di invalidità. Difatti, in Germania, Irlanda, Svizzera e Regno Unito, i disturbi mentali e nervosi occupano il primo posto, mentre in Italia le malattie muscolo scheletriche e in Spagna le malattie reumatiche sono la principale causa di invalidità. In maniera generale, i partecipanti sopravvalutano gli infortuni come causa di invalidità.
Gli europei ritengono che avere uno stile di vita salutare e mantenere un buon equilibrio tra vita privata e lavoro sia il miglior modo di prevenire l’invalidità professionale, sebbene gli spagnoli e gli italiani pongono maggiormente l’accento sulla sicurezza sul luogo di lavoro. Il dato interessante è che il 10 percento degli spagnoli e il 20 percento dei britannici sono maggiormente rassegnati rispetto a un tale rischio, difatti credono che nulla può essere fatto al fine di prevenire gli infortuni, interpretando una tale circostanza come un evento sfortunato.

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