Focus sulle economie avanzate: la view di Amundi sull’azionario

A cura di Eric Brard, Global Head of Fixed Income di Amundi Am
L a flessione del mercato azionario globale può essere attribuita ad un significativo ed implicito cambiamento delle prospettive sulla crescita globale. Tale outlook era troppo ottimistico all’inizio dell’anno. Ai livelli attuali, i mercati azionari sembrano riflettere un rallentamento globale pronunciato, in particolare nelle economie avanzate. Questo scenario non corrisponde alla nostra analisi dei fondamentali di tali economie e non tiene conto della probabile risposta della politica economica, in particolare da parte delle banche centrali.
Detto ciò, il caos delle ultime sedute potrebbe continuare a produrre i suoi effetti, soprattutto per quanto riguarda un possibile contagio ad altre classi di attivo. Il rischio di una spirale verso il basso e di contagio finanziario, una profezia che si autoavvera rinforzata da comportamenti imitativi, rimane alto. A tal proposito, la crisi attuale ricorda in qualche modo quella del 1997-1998. Il repricing delle classi di attivo probabilmente non è ancora giunto al termine. Ciò è particolarmente vero nelle economie emergenti che non costituiscono un blocco omogeneo e dove le conseguenze dei recenti eventi dei singoli paesi non sono ancora molto chiare.
Nell’attuale contesto, sono necessarie cautela e attenzione elevata. Sui mercati obbligazionari stiamo monitorando da vicino la liquidità nei portafogli. Sui mercati azionari è ancora troppo presto per aumentare l’esposizione al rischio. In termini relativi, continuiamo a privilegiare i mercati della zona Euro e del Giappone nella nostra asset allocation. Questi mercati trarranno beneficio da (1) rafforzamento della domanda interna, (2) calo dei prezzi delle materie prime e (3) politiche di acquisto di titoli potenzialmente più aggressive da parte delle banche centrali. Infatti, la BCE e la Banca del Giappone potrebbero adottare nuove misure per arginare l’accentuarsi delle pressioni deflazionistiche legate al forte apprezzamento delle valute locali (euro e yen) e al calo dei prezzi delle materie prime. In termini relativi, i parametri di valutazione della zona Euro e del Giappone potrebbero diventare rapidamente attraenti soprattutto se le loro valute dovessero perdere parte del terreno guadagnato di recente. Il mercato azionario statunitense potrebbe beneficiare del rimpatrio dei capitali (deflussi di capitali dai paesi emergenti).
Posizionamento globale
La svalutazione dello yuan cinese, lo scorso 11 agosto, ha innescato la sfiducia sui mercati, che ha accelerato solo nelle ultime sedute. Con il brusco rallentamento dell’economia cinese e il calo dei prezzi delle materie prime, i timori di un crollo della crescita globale e l’intensificarsi delle pressioni deflazionistiche sono tornati drammaticamente alla ribalta. Come interpretare tali avvenimenti?
• In Cina, prosegue il rallentamento dell’economia in particolare nel settore manifatturiero. La decisione delle autorità di svalutare il renminbi (RMB) nei confronti del dollaro ha risvegliato i timori di
(1) un hard landing dell’economia e
(2) una “guerra valutaria” che innescherebbe nella regione un circolo vizioso di svalutazioni competitive.
La trasparenza e la credibilità della politica macroeconomica della Cina sono state chiaramente intaccate dalle decisioni prese durante l’estate, dando l’impressione che le autorità abbiano agito in fretta, perdendo il controllo della situazione. Riteniamo che queste preoccupazioni siano eccessive per almeno due motivi:
– Lo sganciarsi del RMB dal dollaro USA è stato dovuto in gran parte al fatto che la situazione era diventata insostenibile. Infatti, dalla scorsa estate, il tasso di cambio effettivo del RMB si è apprezzato di quasi il 15% rispetto al dollaro. Il nuovo regime monetario mira soprattutto ad impedire che l’economia cinese perda ulteriormente terreno in termini di competitività, all’apprezzarsi del dollaro USA. Questo spiega il motivo per cui il recente deprezzamento del RMB è rimasto modesto (-3% rispetto al dollaro). L’obiettivo primario (nel medio termine) delle autorità resta il riequilibrio della regime di crescita della Cina a favore dei consumi delle famiglie. Ma un forte deprezzamento della moneta non sarebbe compatibile con il perseguimento di questo obiettivo.
– L’attuale rallentamento della produzione industriale è inevitabile dal momento che è il risultato dell’eccesso di capacità produttiva. D’altra parte, non c’è ragione per cui i consumi delle famiglie cinesi debbano collassare, fatto che dovrebbe attutire il colpo e quindi impedire un hard landing.
Il calo dei prezzi delle materie prime e delle valute grava pesantemente su molte economie emergenti. I prezzi del petrolio (Brent) sono scesi al livello più basso dall’inizio del 2009. I metalli industriali hanno registrato un calo molto brusco. Il rallentamento della produzione in Cina, primo importatore mondiale di questi prodotti, spiega gran parte di questo calo dei prezzi. Questi sviluppi deteriorano la situazione economica dei paesi esportatori (soprattutto economie emergenti), innescando a loro volta il crollo delle valute. I timori sul ritmo del deprezzamento del RMB hanno incrementato la diffidenza verso le economie emergenti. Dato l’attuale contesto, le principali economie emergenti sono destinate ad indebolirsi e la crescita globale rallenterà.
• Al contrario, nelle principali economie avanzate, si osserva una dicotomia tra i settori domestici (servizi) «protetti» e il settore manifatturiero, più esposto alla concorrenza internazionale. È il settore manifatturiero che sta subendo maggiormente i timori sulla crescita globale. Tuttavia, non vi è alcuna ragione, in questa fase, per una revisione al ribasso della crescita interna. L’esposizione commerciale delle principali economie avanzate verso la Cina – e l’Asia nel suo complesso – non è abbastanza forte per far deragliare la crescita globale. Si dovrebbe comunque tener presente che il rapido apprezzamento dell’euro e dello yen (4% e 6%, rispettivamente, in
termini commerciali dall’inizio di agosto) peserà sugli utili societari, anche se la domanda interna regge.
Le politiche economiche unite ai bassi prezzi delle commodity dovrebbero tuttavia contribuire a stabilizzare il ciclo economico.
In Cina, la politica monetaria sarà ulteriormente allentata. Inoltre, se necessario, le autorità potrebbero varare ulteriori stimoli fiscali, in particolare nell’eventualità di indebolimento dei consumi delle famiglie.
Negli Stati Uniti, l’inflazione non è una minaccia e la Fed potrebbe temporeggiare e posticipare l’inizio del rialzo dei tassi.
Nell’Eurozona, la BCE non esiterà, se necessario, ad estendere il programma di acquisti alle obbligazioni societarie nel tentativo di: 1) mantenere condizioni monetarie e finanziarie accomodanti 2) ancorare le aspettative di un Euro debole.
– Infine, da sottolineare che il calo dei prezzi delle commodity (nei paesi importatori, vale a dire la maggior parte dei paesi sviluppati) e delle valute (nei paesi emergenti) dovrebbe svolgere un ruolo di stabilizzazione nel 2016.
Cosa ci dicono le aspettative dei mercati sull’andamento del ciclo economico?
La performance relativa delle azioni rispetto alle obbligazioni è correlata all’andamento del ciclo economico, e tende ad essere considerata un indicatore dell’attività economica. Di conseguenza, siamo in grado di captare i segnali anticipatori di crescita sottostanti ai movimenti dei mercati azionari e dei tassi di interesse. All’inizio dell’estate, questo indicatore di performance relativa suggeriva che le aspettative di crescita del mercato erano troppo alte. Tuttavia, ai livelli attuali, i mercati azionari indicano un calo della crescita, anche nelle economie avanzate, che si assesta a circa il 50% del PIL mondiale.
• Grazie al trend positivo dei consumi nelle economie avanzate (Stati Uniti, Regno Unito, zona Euro e Giappone), il commercio globale rallenterà ma non crollerà. Ci aspettiamo una stabilizzazione delle crescita intorno al 3% nel 2016.
In questo contesto, prima o poi, le economie avanzate dovrebbero riconquistare l’interesse degli investitori che cercano di ridurre l’esposizione ai mercati emergenti e ai paesi esportatori di materie prime.

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