Vola il Pil Usa, Ftse Mib oltre quota 22.000 punti

L’economia statunitense nel secondo trimestre ha evidenziato un balzo del 3,7% in termini annualizzati, in forte rialzo rispetto alla prima lettura flash (+2,3%) e al consenso del mercato (+3,2%). È stato, invece, confermato a +0,6% il dato del primo trimestre. A contribuire all’accelerazione della crescita sono stati:
–          la spesa per consumi delle famiglie, cresciuta del 3,1% contro il +1,8% del 1° trimestre;
–          l’export, tornato in positivo dopo il calo accusato nei primi tre mesi dell’anno (+5,2% da -6%);
–          gli investimenti fissi non residenziali (+3,2% da +1,6%);
–          la spesa governativa (+2,6% da -0,1%).
I dati sono stati veramente brillanti e riportano in auge la possibilità che la Fed ritocchi i tassi di interesse nel meeting del 16-17 settembre. Sino a quella data a disposizione dei vari governatori della Fed ci saranno solo i dati sul mondo del lavoro (4 settembre), le vendite al dettaglio e l’inflazione (16 settembre). Al di là dei dati, saranno da considerare anche l’andamento del prezzo del petrolio e l’evoluzione della crisi finanziaria in Cina. Probabilmente i commenti che arriveranno dal simposio di Jackson Hole, che inizierà questo pomeriggio, saranno strategici per capire l’aria che tira all’interno del board della Banca centrale americana.
Nonostante i miglioramenti dell’economia, visibili sia sul fronte della crescita che sul fronte del mercato del lavoro, ci aspettiamo che la Fed possa temporeggiare fino a fine anno prima di alzare i tassi di interesse. Il rapido deterioramento delle aspettative inflattive di medio-lungo periodo (derivante dal crollo dei prezzi delle materie prime, petrolio in primis) sarà il principale elemento che impensierirà la Fed al momento del suo primo rialzo dei tassi dal 2006. La strategia del “comprare tempo” potrebbe essere utile a valutare anche quanto siano credibili i timori di un violento rallentamento economico in Cina, in attesa dei dati che arriveranno in autunno.
A conferma di quanto esposto, ci sono anche i movimenti del mercato valutario, che hanno visto il biglietto verde recuperare solo frazionalmente il terreno perso nell’ultima settimana. Anche le vendite sul Treasury sono rimaste piuttosto limitate, con i tassi sulla scadenza decennale che sono rimasti sotto all’area del 2,20%. Positiva la reazione delle borse europee che hanno approfittato della debolezza della moneta unica, complice la riapertura di posizioni di carry trade in un clima di sostanziale risk on, per cercare di allungare il passo.
A Milano il Ftse Mib è tornato sopra la soglia dei 22 mila punti per la prima volta da venerdì scorso. Rimbalzi sino a 22.750 punti sarebbero configurabili come un rimbalzo dopo le massicce vendite delle ultime sedute. Solo un riposizionamento sopra tale riferimento potrebbero riaprire al raggiungimento dei 24 mila punti.
A cura di Vincenzo Longo, market strategist di IG

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