Scenari possibili dopo il FOMC

 a cura di Banca Intermobiliare

Mercati in fase di attesa in vista del FOMC di stasera, un appuntamento su cui l’attenzione è focalizzata da mesi e che ha acquisito ulteriori rilevanza dopo la fase di forte volatilità che ha caratterizzato la seconda parte di agosto.

Al momento la probabilità di un rialzo dei tassi implicita nelle quotazioni dei futures si colloca leggermente al di sotto del 30%, mentre è più alta, intorno al 50%, se si prendono a riferimento i sondaggi condotti presso gli economisti (percentuale che risente però probabilmente del fatto che alcune risposte sono state date qualche settimane fa).

Anche nel caso in cui la FED optasse per un nulla di fatto, è comunque probabile che nel comunicato del FOMC e/o nella successiva conferenza della Yellen vengano fornite chiare indicazioni per l’avvio del rialzo entro la fine dell’anno (i futures incorporano una probabilità di circa l’80% di un rialzo entro dicembre).

L’impressione è che sinora sull’andamento dei mercati abbia pesato più l’attesa e l’incertezza per le scelte della FED, che non il reale impatto di un rialzo di 25 bp, anche perché, come abbiamo più volte detto, la Yellen cercherà di trasmettere un messaggio di estrema cautela in merito al percorso dei tassi ed anzi non è da escludere che dopo il primo rialzo vi sia una pausa, anche piuttosto lunga.

Al di là di una eventuale volatilità di brevissimo termine, Wall Street dovrebbe essere piuttosto preparata all’evento ed in questo senso dovrebbe aiutare la correzione che ha già interessato il mercato nelle ultime settimane: un ritracciamento dell’S&P500 dell’8.5% dai massimi assoluti (in corrispondenza del minimo del movimento il ribasso ha superato il 12%) ha reso meno tirati i livelli valutativi del mercato.

 Resta comunque il fatto che Wall Street rischia di avere lo spazio verso l’alto limitato:

– da valutazioni che restano piene e difficilmente possono espandersi in un contesto di tassi in rialzo;

– da una crescita degli utili limitata dai già elevati margini reddituali, dall’andamento del Dollaro e del petrolio.

 Potrebbe quindi proseguire la fase di lateralizzazione, ma con una volatilità ed un trading range probabilmente superiori rispetto a quelli che hanno caratterizzato la prima parte dell’anno.

Sulla base dell’analisi storica, le scelte di politica monetaria della FED dovrebbero avere un impatto non così rilevante sulle Borse europee; in passato, in occasione dell’avvio del rialzo dei tassi di interesse da parte della FED i mercati azionari europei hanno:

– registrato comunque buone performance, seppure inferiori rispetto alla fase precedente il rialzo;

– evidenziato una sovraperformance rispetto a Wall Street;

– visto arrestarsi l’espansione dei multipli valutativi;

– avuto performance guidate soprattutto dall’evoluzione degli utili.

 Con riferimento a quest’ultimo punto, nonostante i timori sulla Cina e sui Paesi emergenti abbia portato nelle ultime settimane a delle revisioni negative, soprattutto sui comparti maggiormente esposti verso queste aree, le prospettive sugli utili delle aziende europee si confermano positive:

– la fase ciclica favorevole dell’economia dovrebbe garantire una buona espansione della top-line;

– in un contesto di margini reddituali ancora distanti dai massimi, la leva operativa dovrebbe assicurare una crescita più che proporzionale dei profitti;

– rispetto ai livelli dell’anno scorso l’Euro fornisce ancora un contributo positivo significativo.

 Lo scenario delineato, tutto sommato costruttivo, non può però prescindere dalla grande incognita rappresentata dalla Cina, che ha contribuito ad alzare in misura significativa la volatilità dei mercati, aumentandone il profilo di rischio: su questo fronte la visibilità è per definizione bassa e, dopo i “pasticci” sul mercato azionario domestico, il recupero di fiducia verso le autorità, che hanno sempre rappresentato un punto di riferimento fondamentale per i mercati, richiede del tempo e dei concreti segnali di intervento.

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