LuVe, azienda specializzata nel settore del condizionamento e della refrigerazione industriale, quotata sul mercato AIM Italia dallo scorso mese di luglio, ha pubblicato i suoi risultati del primo semestre. Ecco i punti salienti:
– cresce del 10,9% l’Utile netto del periodo, che passa da Euro 4 milioni ad Euro 4,5 milioni;
– resta stabile il fatturato (+ 2,6% a cambi costanti);
– l’EBITDA passa da Euro 14 milioni ad Euro 12,4 milioni (principalmente a causa dell’ “Effetto Rublo” e per costi non ricorrenti);
– la posizione finanziaria netta migliora di Euro 4,5 milioni rispetto a quella al 30 giugno 2014, passando da Euro 69,6 milioni ad Euro 64,9 milioni;
– la generazione di cassa netta (rettificata per dividendi e investimenti straordinari) nei 12 mesi conclusisi a giugno 2015, ammonta a circa Euro 12,2 milioni.
Uno scenario economico generale non brillante e pesantemente influenzato a livello internazionale dalla crisi della Grecia e dal protrarsi delle tensioni tra Ucraina e Russia, che hanno provocato il mantenimento delle sanzioni economiche verso questo importante mercato di sbocco dei prodotti del Gruppo; in secondo luogo, un consistente rallentamento degli investimenti di alcune delle maggiori catene di supermercati europee e un andamento cedente dei prezzi di mercato di alcune delle più importanti materie prime sia di diretto utilizzo del Gruppo (rame e alluminio) sia di altre quali il petrolio, che hanno pesantemente influenzato e rallentato i programmi di investimento in progetti legati ai settori dell’Oil & Gas e della Power Gen.
In linea generale, l’andamento della domanda nei diversi settori delle attività del Gruppo e nelle aree geografiche di interesse del Gruppo ha avuto un andamento piuttosto disomogeneo.
Nel complesso, dall’analisi delle vendite per aree geografiche emerge una crescita in tutti i paesi dove il gruppo è presente con propri siti produttivi; dall’Italia che cresce oltre il 9%, alla Svezia (+7%) alla Repubblica Ceca (+15%) alla Polonia (+23%) fino alla Cina (+12%).
Diverso il caso della Russia dove pure la forte crescita (+19%) delle vendite di prodotti realizzati in loco non è riuscita a compensare del tutto il forte calo delle esportazioni dall’Italia di prodotti attualmente non realizzabili nel sito produttivo di Lipetsk.