Le Borse nel dopo-Fed restano deboli e scettiche sul domani

a cura di TrendOnline

A Piazza Affari l’indice Ftse Mib è in calo di quasi l’1,5% a non solo per la decisione (in realtà una non-decisione) della Fed di lasciare invariati i tassi nella forbice tra lo 0 e lo 0,25%, ma per ciò che questa decisione significa e cioè una conferma che la situazione in generale non è così forte o stabile da permettere di prendere decisioni.
Un elemento confermato anche dal taglio sulle stime di crescita per il 2016 arrivate al 2,3% dal 2,5%.

Le previsioni e i pensieri Le correnti di pensiero che si stanno sviluppando sui mercati sono fortemente contrastanti e contrastate: da tempo la banca centrale statunitense, vero e proprio market mover di questi giorni (anche unico visto che ormai sulla Cina si è detto tutto) sta cercando di normalizzare la sua politica di agevolazioni all’economia e soprattutto ai mercati.

Purtroppo però, dall’altra parte, in pratica il resto del mondo, si assiste alla constatazione che tutte le misure prese non stanno dando i risultati attesi, nemmeno quando queste vengono attuate in concatenazione dalle varie banche centrali a livello mondiale. Quindi? Le paure sulla possibile recessione mondiale si moltiplicano e il sospiro di sollievo che in teoria avrebbe dovuto nascere dopo la decisione della Yellen di tagliare i tassi di interesse si è trasformato in un dubbioso singulto.

Il dollaro Usa Ad ogni modo, guardando l’andamento del biglietto verde non si può far a meno di constatare che le prospettive di un rialzo dei tassi avevano fatto si che sulla divisa statunitense soffiassero venti di rialzo, la permanenza invece dello status quo sgonfia una forza relativa finora registrata sull’onda delle ipotesi con i primi effetti immediatamente visibili visto che il cross viaggia a 1,14.

A tutto vantaggio degli emergenti i quali potranno però vedere solo una fiammata a livello valutario con il recupero istintivo dettato dall’avvenimento in sè: ciò che invece riguarda la crescita reale di nazioni come il Brasile o la Turchia investe problematiche molto più profonde e radicate nel tessuto politico, economico e sociale che non possono essere minimamente scalfite dalle decisioni presenti o future della Fed.

Intanto, come si diceva all’inizio, i miglioramenti dell’economia Usa sono stati più volte evidenziati dalla Fed la quale ha da tempo messo le mani avanti e preparato, o cercato di preparare, i mercati al “grande giorno”.
Eppure questo grande giorno è stato ulteriormente rimandato.

Cosa significa questo? Che evidentemente le paure per la debolezza dei mercati internazionali e della crescita sono talmente grandi da aver costretto persino la prima potenza economica a riflettere sulla situazione e a posticipare.
In altre parole Washington per quanto forte (tutti gli indicatori sono ormai positivi e l’inflazione vede un problema causato per lo più da fattori individuabili nel crollo degli energetici) dipende troppo dal panorama internazionale o anche, come collaterale, la situazione internazionale è talmente negativa che impatterà sull’economia Usa annullandone i traguardi segnati.

Da qui i timori: Wall Street potrebbe non riuscire a correre ancora.  Nel frattempo i rendimenti sui Tbond hanno ripreso a scendere, segno che restano ancora nelle corde degli investitori.

Come muoversi in questo scenario? Semplicemente non dimenticando che i vantaggi che nasceranno dalla finestra aperta dai tassi bassi ancora per un po’ permetterà di avere occasioni nell’immediato, ma non nel lungo periodo.
Tradotto in altri termini: la Fed non ha fatto altro che prolungare un’agonia che dura da mesi e alla quale gli investitori cercavano di dare fine con una scelta netta da parte di Janet Yellen la quale, con il suo atteggiamento dovish ad ogni costo, ha scelto di non agire.

Chi se ne avvantaggia? Come detto solo coloro abituati agli investimenti mordi e fuggi, gli speculatori di brevissimo termine perchè mai come in questo caso c’è sempre il fattore tempo: quello della Fed è stato un rinvio.

E i rinvii non durano in eterno.

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