Mercati emergenti ancora in prognosi riservata

Il processo di svalutazione delle divise dei mercati emergenti continua ed il saldo trimestrale rivela una flessione del 9,1% per la rupia indonesiana, 7,1% per baht Thailandese, 6% per il dollaro di Taiwan (maggiore flessione dal 1997), e solo 2,4% per uno Yuan cinese che però sembra in predicato di riservare altre sorprese ribassiste nel corso del 2015/2016 in un contesto in cui la Banca Centrale Cinese sta aumentando (di pari passo alle mosse implementate da Russia o Kazhakstan) gli acquisti di oro (sempre con il lecito dubbio che tali statistiche siano veritiere). E a giudicare dall ’attuale peso di riserve auree nelle casse di Pechino lo spazio per un incremento è quanto mai abbondante.

Sempre i tema di mercati emergenti, drammatico il saldo dei disinvestimenti con gli investitori che hanno ritirato ben 40 mld di usd di fondi nel terzo trimestre (il deflusso più accentuato dal 2008) a segnalare come le prospettive di un incremento del costo del denaro americano e l’elevato livello di indebitamento di questi paesi (secondo uno studio del FMI il debito corporate di aziende non finanziarie nei mercati emergenti è salito a 18 trilioni di usd nel 2014 contro i 4 trilioni del 2004) in un clima di scarsa fiducia sulla sostenibilità dello stesso, stia portando a consistenti flussi di riallocazione di capitale.

“Insomma una rondine non fa primavera – avvertono gli analisti di Wings Partners Sim –  e pur tenendo conto di potenziali fenomeni di short covering e window dressing, legati alla contestuale chiusura del trimestre e le festività cinesi, i mercati rimangono ancora in prognosi riservata per i giorni a venire”.

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