Cosa frena davvero i rendimenti obbligazionari?

Standard Life Investments, l’investment manager globale, ha analizzato a fondo i fattori senza precedenti che continuano a frenare i rendimenti delle obbligazioni USA. Nell’ultima edizione del Global Horizons, “A Brave New World for Bond Markets”, Jeremy Lawson e Sebastian Mackay si chiedono se i mercati obbligazionari stiano già scontando una grande stagnazione e come si evolveranno nel resto del ciclo economico.
Jeremy Lawson, Chief Economist, Standard Life Investments commenta: “Stiamo attraversando una fase estremamente insolita nel mondo del fixed income. I fattori che pesano sui rendimenti obbligazionari sono numerosi, complessi e in alcuni casi senza precedenti. In questo documento andiamo a fondo per capire cosa ha determinato i cambiamenti e identificare i driver strutturali e ciclici che frenano i rendimenti dei bond. La nostra analisi ha individuato una serie di importanti fattori economici e politici che sono alla base di questo contesto di bassi tassi d’interesse negli USA e nel mondo.
Sette anni dopo il crollo di Lehman Brothers possiamo ancora percepire le scosse di assestamento derivanti dalla crisi finanziaria. La nostra analisi mostra infatti che le cicatrici della crisi e il prolungato deleveraging del settore privato hanno incrementato l’accumulo di risparmi, gravando su domanda interna e inflazione. La debolezza della domanda interna nelle economie avanzate è stata poi amplificata da errori di politica monetaria con il risultato di deprimere i mercati del lavoro, scoraggiare le imprese dall’investire, mantenere bassa l’inflazione. La crescita della produttività, che era in declino anche prima della crisi, si è indebolita ulteriormente, sostenuta dalla carenza di spese in conto capitale a livello pubblico e privato.
“Che sia per caso o perché pianificato, le banche centrali e le autorità di regolamentazione hanno perseguito politiche volte ad abbassare i tassi di interesse reali e i premi a termine, incrementando di conseguenza la richiesta per tutti gli asset che generano rendimento. Le banche centrali sono state obbligate a mantenere i tassi di interesse a breve termine a livelli pari o addirittura inferiori allo zero, e a mettere in atto misure non convenzionali volte a sopprimere i tassi di interesse reali lungo tutta la curva dei rendimenti”.
Jeremy Lawson continua: “Guardando al futuro e tenendo conto di questi fattori straordinari – perché il mercato dovrebbe cambiare idea e iniziare ad anticipare un aumento dei tassi di interesse a lungo termine? Esaminiamo i potenziali fattori che potrebbero modificare i rendimenti dei titoli a lungo termine negli Stati Uniti. Se la ripresa nelle economie avanzate diventerà più sostenibile e se le condizioni economiche e finanziarie dei mercati emergenti non si deterioreranno ulteriormente, le l’inflazione attesa potrebbe crescere. La Fed dovrebbe essere disposta ad accettare un certo aumento dei tassi di interesse reali. Gli investitori potrebbero anche chiedere rendimenti più elevati  per mantenere in portafoglio rischi di tasso d’interesse a lungo termine.
“In conclusione riteniamo improbabile che i tassi di interesse di lungo termine tornino ai livelli pre-crisi. La nostra analisi suggerisce che il benchmark per i rendimenti dei bond governetivi decennali USA raggiungerà un picco del 3-4% durante l’attuale ciclo economico. Un dato sopra i livelli attuali, ma ben al di sotto del picco raggiunto nei cicli economici precedenti”.

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