Segmento high yield di nuovo ad alto rendimento

A cura di Chris Iggo, CIO Fixed Income di Axa Investment Managers
Generare rendimenti stabili conservando il capitale, soprattutto nei mercati obbligazionari, è il Santo Graal della gestione degli investimenti. I fattori chiave dietro al rendimento sono il rischio di credito e di tasso d’interesse. Questi due rischi possono essere, e spesso lo sono, correlati negativamente. Un’asset allocation attiva, basata sulla comprensione del ciclo macroeconomico e del sentiment degli investitori, può quindi aiutare a regolare l’esposizione a tassi e credito nel corso del tempo. Investire nel rischio di credito nel lungo termine paga, ma talvolta servono strumenti “sicuri” come i titoli di stato per compensare l’ampliamento degli spread del credito. Per il momento preferiamo incrementare l’esposizione al rischio di credito dopo le performance poco brillanti del terzo trimestre. Un ciclo di rialzo dei tassi moderato in uno scenario di stabilizzazione dei prezzi delle materie prime e di crescita costante (seppure sotto tono) è positivo per il credito.
Mai peggio di così dal 2008 Il rendimento complessivo del mercato high yield statunitense, rappresentato dagli indici obbligazionari Bank of America/Merrill Lynch, è sulla buona strada per essere il peggiore dal 2008. A fine settembre il rendimento complessivo era del -2,5%. Il segmento high yield in Europa è stabile mentre l’investment grade globale ha già registrato un rendimento complessivo negativo di 25 punti base. Al contrario, gli indici dei titoli di stato hanno un rendimento complessivo moderatamente positivo. Chi ci legge con regolarità sa che il team obbligazionario di AXA IM non è sorpreso da questi risultati. Forse non avevamo previsto ogni singolo evento di mercato del 2015, ma la valutazione del mercato obbligazionario all’inizio dell’anno ci aveva portati ad essere estremamente prudenti sulle prospettive di rendimento per gli investitori obbligazionari. Sostanzialmente la nostra opinione era che rendimenti e spread fossero troppo bassi. Esaminando l’andamento del mercato di quest’anno, si conferma valida una vecchia regola empirica per le gestioni obbligazionarie diversificate: c’è una correlazione negativa tra i rendimenti del mercato ‘puro’ dei tassi (titoli di stato) e di quello ‘puro’ del credito (il sovrarendimento generato dal credito rispetto agli strumenti privi di rischio). Questo è al cuore delle decisioni “risk-on / risk-off” e, in ultima analisi, è la chiave per produrre un rendimento corretto per il rischio migliore per gli investitori obbligazionari.
Tassi o credito? Crediamo fermamente nell’esposizione al credito nel senso più ampio. Al fulcro di questa convinzione c’è l’aspettativa che gli investitori nel lungo periodo vengano remunerati per il rischio di credito assunto rispetto ai titoli governativi (‘privi di rischio’).
Occorre però fare numerose precisazioni, che rispetto a quanto appena detto rendono alquanto complicato investire in obbligazioni. La prima è che questo presupposto non è sempre valido. Talvolta il credito registra performance inferiori ai tassi, generalmente a seguito di timori sul ciclo di crescita macroeconomico. Il punto di partenza nella costruzione della nostra strategia di investimento è quindi la valutazione delle prospettive economiche globali. La seconda precisazione è che non tutti i titoli di credito sono uguali. Ci sono caratteristiche di rischio diverse tra obbligazioni investment grade e high yield, tra titoli di stato di paesi non core (periferici europei, per esempio) e il rischio di credito nei mercati emergenti. Per questo motivo ha senso investire in modo diversificato nel credito, ma servono le competenze necessarie per valutare il valore relativo delle diverse categorie di investimento, lungo tutto il ciclo economico. Terzo, va considerata anche la liquidità. Ci sono momenti in cui un investitore sarà disposto a pagare un premio elevato per avere un portafoglio più liquido, e questo spesso significa rinunciare al rendimento. In altre occasioni è più remunerativo rinunciare alla liquidità e investire in strumenti di credito “alternativi”, come prestiti e cartolarizzazioni. Quarto, occorre avere un team che si occupa di ricerca sul credito per comprendere l’attività degli emittenti, i fattori tecnici alla base delle emissioni e il potenziale di deterioramento del merito di credito di queste.
Infine, in questo momento non è chiaro quale sia il tasso privo di rischio. Il peggioramento delle finanze pubbliche su scala globale e l’aumento del rapporto debito/PIL nella maggior parte delle economie durante la crisi finanziaria potrebbero suggerire che non tutti i governi emettono obbligazioni a basso rischio. In un portafoglio obbligazionario flessibile, devono essere prese decisioni sul merito di credito relativo dei vari titoli di stato. Ma a fini pratici, i titoli di stato delle principali economie sviluppate sono sicuri nel senso che, su qualsiasi orizzonte temporale sensato, difficilmente andranno in default.
La diversificazione è possibile Negli ultimi dieci anni, il sovrarendimento complessivo del credito rispetto a un indice di titoli di stato di alta qualità è stato positivo. Sempre in riferimento agli indici BoA/ML, il rendimento va da 40 a 70 punti base all’anno per il credito investment grade negli Stati Uniti, in Europa e nel Regno Unito, dal 2,5% al 5,0% per l’high yield e dall’1,5% al 2,0% per obbligazioni societarie e titoli di stato dei mercati emergenti.
Si possono costruire diversi portafogli di credito per prevedere, sulla base delle performance storiche, sovrarendimenti positivi per gli investitori a lungo termine rispetto a un indice sui tassi. Se esaminiamo questi sovrarendimenti e li confrontiamo con il rendimento complessivo di un portafoglio costituito unicamente da titoli di stato, appare evidente che le correlazioni sono negative. Questo favorisce quindi l’asset allocation attiva nei portafogli investiti nel reddito fisso. Questa conclusione appare ancora più ovvia nel rapporto tra high yield e tassi.
La correlazione tra il rendimento complessivo dei titoli del Tesoro USA e il sovrarendimento dell’high yield negli Stati Uniti è pari a -0,5 negli ultimi dieci anni e a -0,4 per il segmento high yield in Europa. Effettivamente, la stessa analisi evidenzia una correlazione negativa tra il rendimento complessivo di un portafoglio di titoli di stato e il sovrarendimento di diverse sottocategorie di credito, che va da -0,2 per gli ABS ad alto rating a -0,4 per il rischio di credito dei mercati emergenti. Un portafoglio obbligazionario costruito oculatamente porterà ad avere una esposizione sia al rischio di credito che al rischio di tasso lungo tutto il ciclo economico, in grado di produrre un rendimento corretto per il rischio migliore rispetto ad un portafoglio investito puramente in una sola delle due categorie.
Pochi timori circa i tassi di insolvenza Negli ultimi mesi il credito non andato particolarmente bene. Questo vale in particolare per l’high yield negli Stati Uniti e le obbligazioni dei mercati emergenti. La sovraperformance dei titoli del Tesoro USA rispetto al credito high yield in questo momento è quasi ai livelli del 2013, quando la Federal Reserve annunciò la graduale chiusura del piano di Quantitative Easing e la paura spinse a una rivalutazione di tutti gli strumenti obbligazionari. Questa volta invece la sottoperformance del credito dipende più che altro dai timori sulla crescita in generale, e in particolare sulla Cina, i prezzi delle materie prime ed i mercati emergenti. Fondamentalmente, per investire nel segmento high yield bisogna decidere se il rendimento previsto è in grado di compensare le possibili perdite derivanti da una insolvenza.
I tassi di insolvenza dell’high yield stanno salendo ma restano ben al di sotto delle medie di lungo termine. Ciononostante, se consideriamo il peso del settore dell’energia nel mercato high yield negli Stati Uniti, ci sembra legittimo porsi qualche domanda sulle dinamiche future del ciclo delle insolvenze. A livello aggregato ci sono numerosi fattori che potrebbero far aumentare il tasso di insolvenza: un deterioramento della qualità di credito media del mercato, un brusco rallentamento della crescita e i rischi di rifinanziamento che in genere aumentano durante i periodi di stress del mercato. Per quanto concerne il primo aspetto, non ci sono segnali evidenti di profondo deterioramento del rischio di credito in media.
La percentuale di obbligazioni con rating CCC o inferiore nel mercato high yield negli Stati Uniti è più o meno la stessa di dieci anni fa e assai inferiore rispetto al periodo della crisi e negli anni immediatamente seguenti. In Europa, nel mercato high yield prevalgono le emissioni con rating BB e la loro percentuale sul totale è molto più alta rispetto agli anni della crisi. Per quanto concerne il secondo punto, non rileviamo un deterioramento generalizzato della crescita. In effetti, le previsioni per il PIL nell’Eurozona e negli Stati Uniti restano moderatamente positive. Chiaramente vi sono problemi per le imprese collegate alle materie prime, anche vista la flessione dei flussi di cassa e degli utili in questi settori, che porterà a un certo rischio di insolvenza. Infine, il mercato resta in genere aperto ai rifinanziamenti. Potrebbe essere un po’ più problematico negli Stati Uniti in questo momento, ma in Europa il QE in corso implica che il mercato high yield beneficia del fatto che gli investitori sono alla ricerca di rendimenti più alti di quelli offerti dai titoli investment grade e di stato.
Il quarto trimestre sarà migliore per il credito? Il rendimento poco brillante del segmento high yield e di altre sottocategorie di credito durante il terzo trimestre ha portato ad excess return negativi da inizio anno, nonché ad un ampliamento degli spread. Per noi si tratta oggi di un’opportunità per incrementare l’esposizione al credito, allo scopo di sfruttare la parziale inversione di tendenza. Questo processo è già iniziato: abbiamo visto investitori sfruttare l’ampliamento degli spread dopo la volatilità provocata dai casi Volkswagen e Glencore. I rendimenti dei titoli di stato probabilmente scenderanno rispetto agli ultimi mesi, considerando che la banca centrale americana ha in programma di innalzare i tassi quest’anno. Continueremo a monitorare l’inflazione dei prezzi al dettaglio, per vedere il momento in cui inizierà a risalire per gli effetti di base.
Il prezzo a pronti del greggio è ancora del 40% inferiore a un anno fa, ma se resta su questi livelli la differenza rispetto all’anno precedente entro dicembre sarà pari a zero. Questo significa che l’impatto negativo sui tassi di inflazione svanirà e l’inflazione dei prezzi al dettaglio inizierà a convergere verso l’inflazione core. Sebbene non sia l’inizio di un aumento generalizzato dell’inflazione, darà un po’ di respiro alla Federal Reserve visto che le aspettative inflazionistiche in genere sono collegate al tasso di inflazione corrente. Pertanto, facciamo fatica a prevedere un forte calo dei rendimenti dei titoli di stato al di sotto dei livelli attuali.
Il segmento high yield è di nuovo ad alto rendimento (8%) In un portafoglio obbligazionario è fondamentale concentrarsi sui fattori di rischio. Con gli spread investment grade relativamente bassi, il tasso di interesse incide molto sul rendimento complessivo, soprattutto per le duration più lunghe. Per il segmento high yield, la situazione è diversa, considerati gli spread più ampi e la duration leggermente più breve. Pertanto per bilanciare l’esposizione ai tassi di interesse in un fondo obbligazionario è utile investire nell’high yield. Comunque per investire con successo nel mercato high yield occorre capire molto bene le tendenze del credito, l’opzionalità dell’investimento (le obbligazioni possono essere rimborsate anticipatamente) e i fattori di insolvenza. A nostro giudizio, ci troviamo in una fase positiva del ciclo di credito per gli investimenti high yield e, persino negli Stati Uniti, gli spread offerti compensano il lieve aumento del rischio di insolvenza per il prossimo anno circa.

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