In attesa di Fomc e Pil Usa

A cura di Corrado Caironi, strategist Ricerca & Finanza
La massima attenzione si sporterà nei prossimi giorni negli Stati Uniti per la riunione della FED che seppure non risulti ancora intenzionata ad iniziative sui tassi dei Fed Funds, dovrà ‘rispondere’ alle parole di Mario Draghi che ha parlato di una situazione internazionale ostile alla ripresa economica dell’area Euro. La riunione della BCE si è conclusa con un forte messaggio che lascia intravedere un programma di nuovi interventi a sostegno della crescita e della stabilizzazione dei prezzi nella logica dell’obiettivo di inflazione nel medio termine del due per cento.
Attese in Usa per il GDP. Gli economisti statunitensi hanno segnalato un possibile downgrade sulle stime di crescita per i prossimi trimestri, partendo dai dati attesi in settimana per il terzo trimestre: mentre il consensus si posiziona per una crescita di periodo del +1,7% QoQ, non mancano stime che lo riposizionerebbe ad più limitato +1,2%, un dato che condizionerebbe le riflessioni dell’organo esecutivo FOMC della banca centrale statunitense. Sebbene quindi le previsioni di politica monetaria restino focalizzate per un aumento dei tassi in Usa prima di fine anno, tutto potrebbe essere rivisto proprio alla luce dei prossimi dati macro.
In Cina PBoC taglia i tassi. A conferma di una situazione con prospettive ancora poco chiare si inserisce la Banca Centrale della Cina, PBoC, che per la sesta volta quest’anno ha tagliato il Lending Rate a 12 mesi dal 4,6% al 4.35%, e abbassato le riserve obbligatorie RRR per le istituzioni creditizie di 50bps. Il tasso di espansione del GDP a +6,9%, misurato nelle recenti rilevazioni, potrebbe essere compromesso da un outlook difficile da decifrare e con rischi deflazionistici non completamente dissolti. I mercati finanziari hanno festeggiato la prospettiva ancora più espansiva della BCE, la stazionarietà riflessiva della FED e la mossa espansiva cinese, mentre le ricoperture sui risky asset spingono i cambisti a riprendere in considerazione il rafforzamento del dollaro contro le principali valute.
Focus della settimana. Principali dati attesi in settimana. Nell’area Euro: Consumer Confidence Index, Economic Confidence, Unemployment Rate e dati CPI. Negli Usa: decisione sulla politica moneria del FOMC, dati sul GDP, Personal Spending, Durable Goods Orders. In Giappone: Industrial production, BoJ monetary policy meeting. Negli Emerging Markets: National Unemployment Rate e Central Govt Budget Balance in Brasile.
BCE vs FED: passaggio di testimone. Contrariamente a quanto viene normalmente inteso dagli operatori, ovvero dicembre mese di risultati e vacanze a cui sono preclusi eventi stravolgenti, quest’anno potrebbe rivelarsi un periodo intenso dove le due principali autorità monetarie potrebbero passarsi il testimone: mentre la Fed statunitense di Janet Yellen agirebbe con un rialzo del tasso dei Fed Funds per la prima volta dal 2006, la Banca Centrale Europea presieduta da Mario Draghi, già si ripromette di abbassare ulteriormente il livello dei tassi sui depositi e allargare e/o forse allungare il Quantitative Easing partito a marzo.
Draghi prospetta un QE2. Solo qualche ora prima la conferenza stampa a La Valletta, l’esito della riunione della BCE lasciava intendere la presentazione dello schema usuale con le riflessione sull’attuale condizione dell’economia e le incertezze delle aree emergenti. In verità il presidente Mario Draghi ha voluto lanciare un messaggio forte di possibile azione della banca centrale in un contesto che presenta rischi soprattutto riguardo all’obiettivo di inflazione, nel mirino dell’attuale strategia monetaria. Secondo il Presidente la mancanza di un segnale chiaro sul lato della domanda e dei prezzi impone un aumento di attenzione e se necessario l’utilizzo di tutti gli strumenti adatti allo scopo.
Reazioni dei gestori. La reazione dei mercati finanziari è stata immediata con un flusso di acquisti sui listini azionari e la compressione degli spread tra i governativi dell’europeriferia e il Bund tedesco. Gli analisti finanziari sono convinti che per molti operatori il cambio di prospettiva manifestato in modo aperto da Draghi sia una sorpresa che avrà impatto sulla minore esposizione ai risky asset attuata negli ultimi mesi dai gestori e un’eccessiva porzione di liquidità nei portafogli di investimento che aveva raggiunto un massimo dalla crisi finanziaria del 2008.
Dati PMI in recupero. L’aggiornamento dei dati Flash PMI in uscita ha presentato segni positivi sia in Francia che in Germania. In particolare il settore privato della parte core dell’area Euro vede un buon inizio del quarto trimestre; l’evidenza arriva dall’indice destagionalizzato Markit Flash in Germania passato da 54,1 punti di settembre a 54,5 di ottobre, scansando i problemi di credibilità dopo il caso Volkswagen e Deutsche Bank. Mentre la crescita della produzione è rallentata nel settore manifatturiero, le attività dei servizi hanno mostrato il dato di espansione più forte degli ultimi sette mesi. Cresce anche l’Indice Flash Composite dell’Attività Globale in Francia che si è posizionato a 52.3 punti contro i 51.9 di settembre, un buon risultato che ci riporta ai livelli precedenti l’estate.
Ora tocca alla FED. La prossima settimana la voce torna alla FED, negli Stati Uniti, dove sono attese le indicazioni monetarie dall’organo esecutivo FOMC presieduto dalla presidente Yellen. Sebbene non siano attese particolari decisioni sarà comunque interessante sentire i commenti dall’altro versante delle scelte di politica monetaria, orientata alla restrizione, a cui gli investitori guardano ancora con preoccupazione.
Area Euro: attese per gli utili di periodo. In occasione della nuova Earnings Season, gli analisti finanziari tornano ad interrogarsi sul rallentamento della crescita del ciclo economico dell’Area Euro a seguito delle prime indicazioni che vedono una stabilità nel terzo trimestre dell’anno, + 0,4% QoQ, dopo l’andamento più convincente nei primi due periodi dell’anno. A dare un chiaro segnale, quali anticipatori del trend, sono stati gli indici di fiducia, in particolare quelli dell’istituto ZEW, che hanno ridimensionato le attese ottimistiche derivanti dal lancio del Quantitative Easing della BCE.
Pesante lo ZEW in Germania. Nell’ultima release, rilasciata a metà ottobre, lo ZEW Indicator of Economic Sentiment in Germania ha avuto un calo di 10.2 punti rispetto al mese precedente posizionandosi a 1,9, rispetto alla media di lungo periodo di 24,8 punti. Secondo gli economisti le ragioni principali sono da imputarsi in maggior parte al ridimensionamento delle esportazioni, a fronte delle dinamiche meno brillanti delle aree emergenti. In molti sostengono che, nel caso in particolare della Germania, il dato di fiducia potrebbe essere stato impattato dai recenti problemi di credibilità generati dal ‘dieselgate’ di Volkswagen e quindi momentaneo.
Occupazione in leggero aumento. Dal punto di vista macro, i numeri sul lavoro sono comunque migliorati nell’intera area; il tasso di disoccupazione resta posizionato all’11% anche se sono stati rilevati buoni dati sui nuovi occupati. La tendenza rimane comunque molto diversa a livello di singolo paese: il tasso di disoccupazione rimane ai minimi di periodo per Germania e Austria, con un trend in ulteriore discesa in Spagna e Olanda, e in miglioramento finalmente anche in Italia.
Ritocco delle stime degli utili per il 2016. Sul tema dei profitti aziendali gli analisti sono relativamente positivi: il taglio del 4% sulle stime di consensus registrate a fine luglio, rende le attuali previsioni sostenibili se non addirittura con possibili sorprese al rialzo. Dopo un brillante secondo trimestre, che ha proiettato la crescita degli utili ad un +14%, le forti revisioni per il terzo trimestre portano le attuali stime ad un -3,7% rispetto al 3Q14, un calo giustificato dalla revisione al ribasso delle stime di crescita economica globale per i prossimi trimestri. Nelle ultime settimane infatti il consensus degli analisti ha visto un deciso ritocco anche per le previsioni di crescita degli EPS (utili per azione) per il prossimo anno che da +10% sono scese al +8,2%.
Se quindi il clima rimane legato ad una incertezza di fondo, il possibile rimbalzo degli indici di fiducia nei prossimi mesi porrebbe le basi per una revisione meno severa degli utili e una conseguente ripresa dei listini azionari.

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