Turchia, l’ora più buia è poco prima dell’alba

a cura di Emre Akcakmak, Portfolio Manager East Capital

Con un tessuto sociale che sembra più polarizzato che mai, la Turchia sta faticando a recuperare la stabilità politica, a consolidare la democrazia e a migliorare la fiducia del mercato. Le elezioni dello scorso giugno hanno generato una fase di stallo, dato che nessun partito è riuscito ad assicurarsi una maggioranza e i tentativi di creare una coalizione si sono rilevati fallimentari. Nonostante abbia conquistato il 41% dei voti, il partito di maggioranza AKP ha perso molto consenso rispetto alle elezioni precedenti (2011), quando aveva ottenuto quasi il 50%. I negoziati per creare una coalizione si sono rivelati una missione impossibile, soprattutto per la tangibile opposizione di Erdogan a lasciare che la sua forte presa politica fosse messa in discussione da una qualche altra forma di governo di coalizione.

Nel frattempo, l’escalation di attacchi terroristici, le tensioni con la Siria e adesso anche con la Russia, e gli ingressi di rifugiati in corso stanno surriscaldando gli animi. E questo porta ad un’instabilità ancora più accentuata, che si riflette di frequente tanto nelle strade quanto sui mercati finanziari.

Le ragioni per essere ottimisti non mancano, almeno guardando al lungo periodo. In primo luogo, è importante ricordare che l’influenza militare sulla politica si è decisamente affievolita. In maniera altrettanto importante, sembra ci sia ampio consenso sull’idea mantenere i militari al di fuori della sfera politica per sempre, cosa che favorirà la prosecuzione del processo democratico. In secondo luogo, nonostante i preoccupanti report sulla chiusura di Twitter, la censura dei media, l’imposizione di coprifuoco e gli arresti dei giornalisti, la popolazione rimane forte, continuando a rimanere coeso e a mostrare reazioni pacifiche. Indipendentemente dalle scelte degli elettori, la democrazia è vista ancora come l’unica alternativa per la maggioranza dei turchi. Da questo punto di vista, siamo meno preoccupati quando si parla di “tendenze autoritarie”, dato che “tendenze” di questo tipo, nella Turchia di oggi, non sono sostenibili e sono destinate, presto o tardi, a evaporare.

Riteniamo che alcuni dei recenti eventi, come le proteste a Gezi nel giugno del 2013, le presidenziali ad agosto 2014, la crescita del partito filocurdo nel 2015 e i recenti tentativi di formare una coalizione, abbiano contribuito in maniera massiccia a costruire una piattaforma di comunicazione tra differenti segmenti della società.

La formazione di una solida coalizione di potrebbe rappresentare a questo punto un risultato tanto positivo per il Paese almeno quanto lo sarebbe la creazione di un governo monopartitico. Una coalizione alla ricerca di consenso, inizialmente ipotesi temuta non solo dalla maggioranza della popolazione ma anche dagli investitori, potrebbe invece gettare acqua sul fuoco delle tensioni sociali e accelerare la fiducia dei consumatori nel breve periodo. E questo, a sua volta, potrebbe anche generare un rally di sollievo per il mercato turco, soprattutto dopo un anno in cui la Borsa di Istanbul ha perso più del 30% dato che la lira turca ha toccato minimi mai registrati nella storia e il sentiment degli investitori è peggiorato.

L’ora più buia è poco prima dell’alba. Con molti scenari ancora sul tavolo, decidiamo di considerare quello che sta accadendo un passaggio doloroso in un periodo di transizione di lungo periodo, che speriamo possa dare i suoi frutti quando la Turchia entrerà nella prossima fase di sviluppo.

 

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