Fed e PBoC sempre al centro della scena

di Christopher Chu, Fund Manager, Azionario Asia, Union Bancaire Privée – UBP

Per gran parte del 2015, gli investitori si sono focalizzati su due temi chiave: la tempistica sul primo rialzo dei tassi della Fed e l’intensità del rallentamento dell’economia cinese. Questi due temi, dato l’impatto dei costi globali di finanziamento, sono considerati fortemente critici e, allo stesso tempo, driver per l’economia mondiale.  Nel corso dell’ultima settimana di ottobre, le principali banche centrali si sono riunite nei consueti meeting di politica monetaria, consolidando gran parte delle attese dell’estate.

La Federal Reserve si è riunita dopo che sia la Banca Centrale Europea (BCE) sia la People’s Bank of China (PBoC) hanno annunciato i piani per ammorbidire ulteriormente la politica monetaria. Il sentiment aveva predetto correttamente che non ci sarebbe stato alcun rialzo dei tassi da parte della Fed, data la debolezza dello slancio di crescita del mercato del lavoro e la decisione di non organizzare una conferenza stampa post-riunione.

Tuttavia, i mercati sono stati sorpresi quando il FOMC ha reso pubblici i verbali dell’incontro, secondo i quali il presidente Yellen ha sottolineato come l’attuale clima economico sia ancora favorevole per un rialzo dei tassi a dicembre: un cambiamento di posizione rispetto alla riunione di settembre. La confusione è stata poi ulteriormente esacerbata, poiché due membri del Comitato si sono detti pubblicamente contrari al rialzo dei tassi, sostenendo che un aumento prematuro potrebbe portare a un impatto più pericoloso. Successivamente, i mercati si sono mossi al ribasso, mentre il dollaro si è rafforzato.

La riunione del FOMC si è conclusa un giorno prima della fine del quinto plenum in Cina, un incontro in cui i vertici hanno tracciato le politiche economiche e sociali del Paese per il periodo tra il 2016 e il 2020. Come per il FOMC, i mercati hanno esaminato la situazione nel dettaglio, per stabilire se la priorità della crescita economica avesse rubato la scena all’attenzione per le tanto necessarie riforme. E’ stata mantenuta l’enfasi sulla crescita, poiché l’assemblea ha dichiarato che, entro il 2020, la Cina mira a raddoppiare le dimensioni della propria economia, rispetto ai livelli del 2010, uguagliando il PIL statunitense. Sulla base della prima metà del decennio, il plenum ha suggerito un tasso di crescita annuo minimo del 6,5%, che appare raggiungibile. L’Assemblea ha inoltre sottolineato nuovamente l’importanza di un’ulteriore liberalizzazione dei mercati finanziari e di un progresso dei servizi dell’industria manifatturiera. Tuttavia, la sorpresa più grande è che Pechino ha deciso di abolire la politica del figlio unico, in vigore da 3 decenni e basata su una teoria di Thomas Malthus.

Le implicazioni della scorsa settimana sono molte, anche se, purtroppo, sollevano anche ulteriori domande. E’ evidente che ci sia una biforcazione tra le politiche monetarie delle due maggiori economie, con gli Stati Uniti che segnalano un irrigidimento, mentre la Cina preferisce un ammorbidimento. La realtà è però che entrambi i Paesi riconoscono che il contesto globale attuale sia difficile e incapace di gestire forze contrapposte aggressive.

Nel nostro scenario base, un rialzo dei tassi a dicembre da parte della Fed resta probabile, dato il bisogno della banca centrale statunitense di ristabilire la credibilità, diminuita durante l’estate. Tuttavia, l’esito probabile potrebbe essere che la Fed dia una stretta alla propria politica rialzando la parte bassa della banda, dallo 0,0-0,25% allo 0,125-0,25%.

Continuiamo a vedere prove dell’attuazione del processo di riforme economiche in Cina, compreso il desiderio di riequilibrare l’economia rispetto al modello di crescita guidato dagli investimenti. A nostro avviso, la rimozione della politica one child è un importante miglioramento sociale, contribuendo a calmare i timori circa una popolazione in invecchiamento. Tuttavia, questo intervento fa poco per migliorare la produttività. Inoltre, la tradizionale preferenza della popolazione cinese per gli uomini e il rapporto malsano di 120 a 100 tra uomini e donne stanno già ponendo delle sfide per la stabilità sociale. Le implicazioni economiche sono molto limitate, dato che Pechino aveva già permesso alle coppie di avere due figli, a certe condizioni.

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