Guerra delle valute: quali sviluppi avrà nel prossimo futuro questa escalation?

Cosa c’è dietro la recente volatilità sui mercati valutari? Chi sono i vincitori e vinti nell’attuale guerra delle valute? Per quanto tempo potrà proseguire il rafforzamento del dollaro statunitense prima di diventare dannoso per la crescita americana? Quali prospettive vi sono per lo yuan? Tre esperti degli investimenti del gruppo Natixis Global Asset Management analizzano lo stato di salute, il potere d’acquisto e i possibili interventi manipolativi sui mercati valutari globali.

“Come sottolineano i nostri esperti, è probabile un aumento ulteriore volatilità sul mercato valutario – afferma Antonio Bottillo, Executive Managing Director per l’Italia di Natixis Global AM – la nostra struttura multi-affiliate ci permette di avere specialisti degli investimenti sulle varie aree e regioni geografiche, in modo da identificare dove risiede ancora del valore. Questa attenta selezione, unita a una corretta diversificazione, valutazione del rischio e utilizzo di metodologie di investimento non tradizionali, ci permette di costruire portafogli più robusti in grado di affrontare eventuali turbolenze di mercato”.

Nella seconda metà del 2014, abbiamo assistito a dei movimenti sui mercati valutari, quando gli investitori iniziarono a prendere atto delle divergenze tra la Fed e la BCE, fa notare David Lafferty, Chief Market Strategist Natixis Global Asset Management. Oggi, dopo una breve tregua, la svalutazione del renminbi in Cina ha determinato un riportato in primo piano il ritorno della volatilità sui mercati valutari. In un’economia globale piuttosto carente in termini di crescita organica, tutti i paesi sono alla ricerca di soluzioni per stimolare l’attività economica. Poichè le misure fiscali e monetarie sono quasi del tutto esaurite, le classi politiche di molti paesi si stanno rivolgendo al mercato valutario per rafforzare le proprie esportazioni. In teoria, un paese in grado di gestire una riduzione del tasso di cambio dovrebbe beneficiare di un aumento delle esportazioni, poiché le proprie merci diventano relativamente meno care in termini valutari, e di una riduzione delle importazioni, poiché queste diventano relativamente più onerose. Tale aumento delle esportazioni nette (esportazioni meno importazioni) si traduce in una crescita maggiore per il paese. Sebbene vi siano varie motivazioni alla base della svalutazione monetaria cinese intervenuta lo scorso agosto, la ragione principale è stata la necessità di sostenere le esportazioni, indebolitesi durante la fase di adeguamento del paese ad un ritmo di crescita più lento. Per mantenere la competitività delle esportazioni con la Cina, molte economie asiatiche e quelle di altri mercati emergenti hanno anch’esse dovuto ridurre i propri tassi di cambio.

Chi vincerà la guerra delle valute? Forse nessuno a detta di Lafferty. Un recente studio della Banca Mondiale ha mostrato che la svalutazione monetaria non è più in grado di rilanciare le esportazioni come accadeva un tempo. Oggi, è più probabile vengano esportati prodotti finiti a loro volta importati in una fase precedente della catena del valore. Di conseguenza, i benefici di prezzo per le esportazioni derivanti da una riduzione del tasso di cambio sono in una certa misura, se non quasi completamente, controbilanciati dall’aumento del costo delle importazioni. Lo studio ha messo in luce come l’economia giapponese abbia implementato una notevole svalutazione monetaria ottenendo però un miglioramento molto contenuto in termini di esportazioni nette. Sebbene i paesi continueranno a gestire (manipolare?) le proprie valute per massimizzare la crescita economica, tutto ha un prezzo. In ultima istanza, i veri vincitori sono quei paesi e quelle imprese che producono beni e servizi nel modo più efficiente possibile.

Implicazioni per il portafoglio Le politiche divergenti delle banche centrali, il rallentamento della Cina e il crollo dei prezzi delle commodity suggeriscono che la volatilità delle valute ci terrà compagnia per un certo periodo di tempo. Com’è possibile per gli investitori mitigare tali rischi? In primo luogo, non è detto che il dollaro continuerà ad apprezzarsi, almeno non allo stesso ritmo. L’Indice del dollaro statunitense è aumentato del 25%, con un picco nel mese di marzo di quest’anno e in assenza di rialzi dei tassi da parte della Fed. Mentre il dollaro potrebbe continuare ad apprezzarsi marginalmente, gran parte dell’adeguamento valutario derivante da futuri aumenti dei tassi è già stato scontato in termini di prezzi sul mercato. È sbagliato pensare che il dollaro statunitense continuerà a rafforzarsi semplicemente perché la Fed aumenterà i tassi in un certo momento in futuro. In secondo luogo, la volatilità delle valute costituisce un ulteriore motivo per gli investitori per diversificare la propria asset allocation al di fuori dei propri mercati domestici. Quando si diversificano investimenti azionari e obbligazionari a livello globale, si diversifica anche la propria esposizione valutaria. Spesso, i movimenti valutari possono mitigare i movimenti degli asset sottostanti.

Infine, secondo Lafferty, occorre che gli investitori comprendano se e come debba essere adottata una copertura nei confronti dei movimenti valutari all’interno dei propri portafogli. I portafogli contenenti azioni ed obbligazioni estere possono essere scoperti, parzialmente coperti, o completamente coperti. Quando la volatilità sui mercati valutari è bassa o moderata, l’esposizione valutaria può aiutare a diversificare e a ridurre il rischio (vedi sopra). Ma quando la volatilità delle valute aumenta, gli investitori potrebbero essere presi alla sprovvista da perdite sulla componente valutaria che possono affondare il rendimento degli asset sottostanti. Per tale motivo, fare affidamento su gestori con una strategia di copertura ben definita può consentire agli investitori di dormire sonni tranquilli.

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