Cina, crollo o rallentamento? La view di Schroders

A cura di Craig Botham, Emerging Markets Economist, Schroders
Dopo aver trascorso una settimana in Cina ci sentiamo, se non ottimisti, almeno rassicurati che le cose non stiano andando tanto peggio di quanto i dati ci dicano. Imprese, analisti e funzionari sono stati chiari sulle diverse sfide da affrontare, ma sono poche le prove di una crisi in corso. Mentre l’attività economica attuale sembra reggere, continuiamo a preoccuparci per gli anni a venire, a causa di alcuni fattori.
Le speranze sulle riforme, nate nel terzo Plenum, hanno perso vigore a causa della fredda indifferenza del Presidente Xi rispetto alle attese degli investitori. La fiducia sulle prospettive che la Cina diventi un’economia maggiormente di mercato è peggiorata, in quanto è sempre più chiaro che l’obiettivo cardine delle riforme è centralizzare il potere quanto più possibile. Le riforme di mercato, si presuppone, saranno tollerate solo se serviranno agli scopi dello Stato e raggiungeranno l’obiettivo di migliorare la stabilità sociale. Inoltre, le riforme si stanno scontrando con una forte resistenza da parte dei funzionari più anziani delle imprese a controllo statale, che hanno ovvi interessi a non essere oggetto di fusioni. L’ottimismo è, nel migliore dei casi, modesto, circa la possibilità che il quinto Plenum farà cambiamenti sostanziali a tal riguardo.
Forse la principale misura è stata la fine della politica del figlio unico, ma come già detto, probabilmente avrà un impatto limitato, sebbene incrementare il tasso di fertilità aiuterebbe. In precedenza, allentamenti di tale politica hanno visto risultati limitati: l’ultimo, nel 2014, ha dato a 11 milioni di coppie la facoltà di avere un secondo figlio, ma solo 1 milione ha fatto domanda. Potrebbe essere che, dopo così tanti anni, ci vorrà tempo affinché la politica del figlio unico possa essere invertita. Inoltre, molti giovani cinesi segnalano come il costo di mantenimento dei figli, in particolare per quanto riguarda l’istruzione, sia una delle barriere maggiori alla possibilità di avere famiglie numerose.
Le riforme sulle imprese a controllo statale, incluse possibili fusioni, avranno un ruolo chiave nel ridurre la capacità inutilizzata, diffusa in diversi settori ed evidente nell’industria dell’acciaio, dove le accuse di una politica di dumping da parte della Cina sono in aumento. Ciò si riflette nelle stime fornite dalle società a controllo statale sull’eccesso di forza lavoro, con alcune aziende che impiegano quasi il doppio delle persone di cui hanno effettivamente bisogno. Naturalmente, il problema per il governo è ridurre la capacità inutilizzata senza produrre disoccupazione, che metterebbe a repentaglio la legittimità del Partito e minaccerebbe la stabilità sociale. La realpolitik di tale situazione dà adito a ulteriori preoccupazioni. Le società a controllo statale attive nei settori con capacità inutilizzate hanno cominciato a espandersi nelle aree “delle industrie emergenti”, nel settore dei servizi; tuttavia restano i dubbi su quanto velocemente (e se) lo staff esistente possa essere riqualificato.
Una delle aree di riforma che ha fatto passi in avanti abbastanza velocemente e agevolmente è quella della liberalizzazione del settore finanziario, con i tassi sui depositi ora completamente liberalizzati e il programma di swap dei bond delle amministrazioni locali che sta facendo tanto per ridurre i costi del debito, anche se sta comprimendo i margini delle banche. Dopo tanto tempo, finalmente, le obbligazioni delle amministrazioni locali hanno acquirenti al di fuori delle banche, obbligate dallo stato. Tuttavia, ciò è dovuto in gran parte alla bolla del mercato obbligazionario, che ha assistito a una compressione importante degli spread in tutti i segmenti. I bond delle amministrazioni locali stanno ancora scambiando con spread abbastanza ridotti rispetto ai titoli di Stato, soprattutto poiché si dà per scontato un supporto da parte del Governo centrale.
Certamente, non tutte le riforme nel settore finanziario sono state attuate facilmente. La svalutazione del renminbi ad agosto ha colto tutti di sorpresa, incluse le imprese di proprietà statale con relazioni forti, che prima non davano molta, se non nessuna, attenzione, al tasso di cambio. Dopo la svalutazione le aziende più spaventate hanno dimostrato un maggior interesse per la copertura valutaria e hanno anche cominciato a ripagare il debito in dollari. Allo stesso tempo, i clienti più facoltosi delle società di gestione del risparmio si sono mostrati più inclini alla diversificazione dei portafogli, allontanandosi dalle asset class denominate in renminbi. Mentre le operazioni di hedging e di rimborso del debito hanno visto un picco e ora diminuiranno, riducendo la pressione sulla valuta, il desiderio di diversificazione farà sì che qualsiasi allentamento dei controlli sulla valuta probabilmente vedrà ulteriori deprezzamenti.
Continuiamo ad aspettarci che la crescita cinese eviterà un crollo disastroso, e che invece registrerà un rallentamento. Tuttavia senza riforme di successo il rischio di un “atterraggio brusco” aumenta. Gli interessi corporativi dovranno essere sfidati, se si vorrà far fronte all’allocazione errata delle risorse, in se stessa chiave per passare a una crescita guidata dai servizi. Se si permetterà alle società a controllo statale inefficienti di continuare a dominare, la produttività sarà colpita e la crescita rallenterà molto prima. I prossimi cinque anni saranno decisivi.

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