La sfida del debito globale

a cura di Corrado Caironi, strategist di R&CA

La riflessione dei mercati finanziari delle ultime sedute porta l’attenzione degli investitori alle prospettive per i prossimi trimestri; i due temi essenziali riguardano la crescita economica e la politica monetaria. La revisione al ribasso, che ad ottobre il Fondo Monetario Internazionale ha evidenziato, ha tendenzialmente smorzato le precedenti stime di accelerazione della crescita economica globale per il 2016. Uno scenario già ripercorso negli ultimi anni dove le previsioni di fine anno sono state deluse dai risultati. Il secondo tema riguarda la politica monetaria e in questo caso il dubbio sarà sciolto nelle riunioni delle banche centrali BCE e FED nei rispettivi comitati di dicembre.

Scenario in evoluzione Per gli investitori la situazione rimane difficile da interpretare; le borse azionarie potrebbero essere impattate dall’aumento dei tassi statunitensi, almeno in una logica prospettica, rispetto alla concorrenzialità sui tassi di rendimento; dall’altra una politica restrittiva apre ad uno scenario sfidante per il mercato obbligazionario, che in questi vent’anni ha potuto beneficiare del calo dell’inflazione e di rendimenti ai minimi storici. In questo caso gli analisti hanno messo a confronto i dati di indebitamento sia dei paesi emergenti che sviluppati.

Aumenta l’indebitamento globale Il debito accumulato dagli Stati più importanti tra la fine del 2007 e la fine del 2014 in dollari Usa, imprese e famiglie private di 52 economie, è aumentato del 49,4%; il Pil degli stessi paesi è aumentato di circa il 31,5%. In particolare nelle economie avanzate, il debito è aumentato del 28,9% e il Pil del 13,5%; nelle economie emergenti, il debito è aumentato del 200,1% e il Pil del 92,5%. Il risultato è chiaro: mentre il debito delle economie avanzate è aumentato poco più del loro prodotto, il debito dei mercati emergenti è aumentato molto più rapidamente del Pil.

La valutazione guarda alla crescita A dare una prospettiva diversa nella visione paese per paese, gli analisti hanno messo a confronto il rapporto Debito e Pil pro capite mettendo in luce aspetti interessanti se rapportati alle politiche monetarie divergenti e ai tassi di sviluppo. Tra i paesi più indebitati in rapporto al Pil pro capite troviamo ad esempio Grecia, Portogallo, Irlanda, ma anche il Giappone. Tra i meno indebitati: Arabia Saudita, Indonesia, Messico, ma anche ad esempio la Russia sotto pressione per il calo delle materie prime. Risulta evidente che i tassi di crescita economica saranno un punto chiave nel valutare i rischi crescenti sul debito nelle rispettive economie. La Cina ad esempio ha un tasso percentuale di indebitamento pari a quello statunitense (240%) ma con un GDP pro capite di ben 10 volte inferiore rispetto alla prima economia mondiale; rimane fondamentale per il governo cinese mantenere un alto tasso di sviluppo.

La Cina rilancia la crescita Nel piano strategico, che il presidente Xi Jingping ha comunicato al paese, l’obiettivo è stato chiaro: “ … mantenere una crescita di medio-alto livello”. Il 13° piano quinquennale 2016-2020 uscito dalla riunione del comitato centrale del Partito Comunista cinese nei primi giorni di novembre prevede un piano di sviluppo che punterà ad una crescita annuale del 6,5% e rilancia il raddoppio del Pil procapite del 2010, ovvero del piano precedente, per giungere ben oltre i 5.000US$. Una sfida ambiziosa se si pensa che solo qualche mese fa si parlava di una Cina destinata ad una pesante riduzione delle sue potenzialità di espansione economica.

Mercato immobiliare Il paese è alle prese con un importante cambiamento strutturale che prevede una crescita interna di consumi e sviluppo dei servizi. Uno dei dubbi in questo caso è la ripartenza del settore delle costruzioni. I prezzi sono in leggera ripresa spinti da una riaccelerazione delle compravendite di abitazioni già sul mercato. Il dato invece meno brillante è quello relativo alle nuove costruzioni, rallentato da uno stock ancora importante di invenduto. Sebbene ci sia una leggera fiducia nella possibilità di ripresa del settore, il tema demografico sembra giocare a sfavore in quanto dal 2018 in poi è previsto un calo della popolazione di giovani tra i 20 e 29 anni; un problema legato alla politica del figlio unico che l’attuale piano di sviluppo sta pensando di cancellare progressivamente.

Materie prime sotto scacco Uno dei temi strettamente legati alla Cina è anche la riduzione dei consumi di materie prime ed energia che secondo molti analisti del settore ha già segnato la conclusione del super ciclo delle commodities. Le previsioni per il 2016 in realtà restano ancora prudenti nonostante il rilancio di crescita annunciato dal governo cinese. Il mancato tasso di crescita nei consumi di energia elettrica sembra digerito e legato ud una normalizzazione dei processi di investimenti in corso; dal +1% del 2015 si potrebbe nei prossimi anni rivedere ad un +3%. Anche la domanda di minerale di ferro e acciaio tenderà ancora a diminuire, ma verso una stabilizzazione nei prossimi trimestri. La diminuzione è determinata da un cambiamento strutturale dei settori a più alto consumo e da una domanda che trova un’accelerazione nei processi di efficientamento produttivo.

Incentivi fiscali e politica monetaria espansiva Tanti i temi trattati dal comitato che vanno dalla chiusura di strutture di produzione a forte impatto ambientale, al necessario ammodernamento e rilancio del piano di spesa infrastrutturale OBOR (One Belt One Road). Infatti gli analisti rimangono convinti che per mantenere “medio-alto” il tasso di crescita economica si dovranno mettere in campo politiche mirate di incentivazione fiscale e una politica monetaria ulteriormente accomodante focalizzata all’espansione.

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