Divergenza c’è stata e continuerà ad esserci

a cura di Jim Leaviss, Responsabile del team Retail Fixed Income di M&G Investments

Anche se può non sembrare, il 2015 è stato caratterizzato da un mercato Orso per quanto riguarda i titoli di Stato UK e Usa, con rendimenti che sono aumentati di circa 20 e 30 punti base (bps) alla scadenza. In netto contrasto, i bond europei hanno raggiunto nuovi minimi record quest’anno nel momento in cui la Banca Centrale Europea ha annunciato le politiche di allentamento quantitativo e tagliato i tassi di interesse a livelli negativi. I Bund tedeschi hanno ora rendimenti negativi a sei anni, e anche il debito italiano e quello spagnolo, che stanno recentemente scontando alte probabilità di default come nel 2012, scambia a rendimenti negativi nel segmento breve della curva.

Altrove, nel reddito fisso, abbiamo registrato stabilità nella maggior parte degli spread dei corporate bond investment grade nel Regno Unito e in Europa, nonostante un certo rischio sia tornato sul mercato (per esempio, gli spread dei bond Volkswagen sono stati colpiti duramente dopo lo scandalo sulle emissioni). Gli spread nelle obbligazioni USA Investment Grade hanno sotto performato quest’anno poiché, quest’anno, le aziende hanno emesso enormi volumi di debito, forse in previsione di rendimenti in prossimo aumento dal momento in cui la FED inizierà ad alzare i tassi.

Il mercato statunitense ha visto anche un fondamentale deterioramento della qualità del credito: la leva è aumentata, in parte in seguito al riacquisto di azioni e a operazioni di M&A finanziate da prestiti. I bond High Yield statunitensi hanno sottoperformato nel 2015, continuando ad arrecare danno dalla fine del 2014, momento in cui i bond legati al settore dell’energia (piattaforme, oleodotti, esplorazione e raffinazione) hanno iniziato a scontare il prolungato crollo del prezzo del petrolio. E così, quando altri prezzi di materie prime (quali carbone e minerale di ferro) hanno toccato i livelli di più bassi da anni, le obbligazioni esposte ai metalli e al minerario si sono svendute. Fuori dal settore energia e materie prime, tuttavia, le aspettative di default rimangono molto basse.

I problemi dell’europa: non esistono facili risposte Dopo aver scongiurato la crisi della zona Euro con il suo famoso “pronti a fare tutto il necessario” nel 2012 e dopo aver convinto i membri del Consiglio della BCE rispetto a un approccio più interventista, quindi decidendo di intraprendere il quantitative easing per una somma pari a 1.1 mila miliardi di euro nel 2015, il presidente della BCE Mario Draghi continua disperatamente a cercare una risposta al malessere che sta attanagliando l’economia: la deflazione. Nel mese di novembre di quest’anno, Draghi ha comunicato ai mercati che la BCE “farà tutto quello che si deve fare per aumentare l’inflazione nel più breve tempo possibile. Questo è ciò che il nostro mandato per salvaguardare la stabilità dei prezzi esige da noi.”

La BCE ha confermato oggi ulteriori misure di allentamento quantitativo per adempiere al suo mandato volto a salvaguardare la stabilità dei prezzi, vicino ma al di sotto, del 2% di inflazione. Tra queste misure, l’estensione del programma di acquisto degli asset fino almeno a marzo 2017, così come un ulteriore taglio dei tassi di deposito da -0.2% à -0.3%. In precedenza, Draghi aveva dichiarato che “siamo al livello più basso” ma ciò appare prematuro: le Banche Centrali della Svizzera, della Svezia e della Danimarca, manterranno tassi di interesse negativi per il 2016. Di conseguenza, non vi è alcun motivo per cui i tassi di interesse non possano spingersi ancora di più in territorio negativo. Inoltre, con la BCE che ha ancora una volta abbassato le proprie previsioni relative alla crescita economica nel biennio 2015/17 e data l’entità dell’allentamento monetario che si è verificato in questi 12 mesi, è evidente come l’economia della zona Euro non goda di buona salute nonostante i segnali di miglioramento della fiducia dei consumatori. Le preoccupazioni circa la possibilità dell’uscita della Grecia dall’Eurozona, i rischi generati dalla politica in Spagna e in Portogallo e la mancanza di un reale progresso verso un’unione fiscale e politica, probabilmente continueranno a pesare molto sugli investitori per tutto il 2016 e oltre.

Le tendenze che si riscontrano nel panorama macroeconomico europeo comportano diverse implicazioni per gli investitori. In primo luogo, è probabile che nel medio termine l’Euro si trovi sotto un’ulteriore pressione dati i diversi orientamenti politici della BCE e della FED. Un declino graduale dell’Euro può portare, nel corso del 2016, a una potenziale parità con il Dollaro USA. Un tasso negativo sui depositi della BCE che resterà negativo e un più alto tasso sui Fed Funds sono al centro di questa prospettiva dal momento che i flussi di capitale si stanno indirizzando fuori dall’Eurozona alla ricerca di rendimenti positivi.

In secondo luogo, l’azione della BCE è propensa a supportare l’estremità anteriore della curva dei rendimenti nel breve termine e i rendimenti con scadenze a lungo termine. Tuttavia, vediamo poco valore nei titoli di Stato europei a questi livelli di rendimento bassi dato il rischio di un rialzo dei tassi di inflazione a sorpresa e il limitato potenziale di rendimento del capitale al rialzo. Infatti, con un terzo del mercato dei bond governativi europei che presentano rendimenti negativi, sembra assurdo rimanere confinati nel territorio della redditività negativa a meno che non si ritenga che l’Europa stia entrando in una fase di depressione economica.

In terzo luogo, gli asset corporate europei – come le obbligazioni ABS e le obbligazioni societarie – potrebbero essere sempre più nel mirino del programma di acquisti della BCE visto l’impegno profuso nell’incoraggiare le banche a concedere prestiti all’economia reale. In questo tipo di contesto, le obbligazioni societarie di alta qualità potrebbero diventare il più grande beneficiario per un grande acquirente sul mercato come la BCE.

In conclusione, il taglio dei tassi di deposito della BCE annunciato ieri, potrebbe avere un impatto negativo sulla reddittività delle banche dato che i margini d’interesse netti sarebbero ulteriormente schiacciati da tassi di interesse sempre più bassi. Si teme, inoltre, che i creditori nazionali/le banche finanziatrici in Spagna potrebbero ritrovarsi costretti a pagare miliardi di euro a titolo di compensazione per i clienti i cui contratti di mutuo presentino contratti illegali con ‘floor’ sui tassi di interesse. Inoltre, le compagnie di assicurazioni sulla vita si trovano a dover affrontare ulteriori pressioni in un ambiente in cui è difficile generare rendimento reali positivi da asset privi di rischio.

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