Il punto sui mercati di Banca Intermobilare

a cura di Banca Intermobilare

Sono ormai alcuni mesi che i mercati azionari hanno perso direzionalità, sicuramente conseguenza del fatto che alcune Borse sono arrivate ad una fase più matura di questo ciclo di rialzo, ma anche di uno scenario caratterizzato da elementi contrastanti che contribuiscono ad alimentare una certa confusione. I dati macro continuano ad alternare indicazioni robuste ad altre più deludenti e questo è valido, seppure con sfumature diverse, per l’economia americana, europea e giapponese. Il mondo micro evidenzia a sua volta dei fattori di incertezza, anche nel caso di Wall Street dove le società da qualche anno evidenziano un ottimo “stato di salute”.

Se la redditività è su livelli record e la solidità patrimoniale e finanziaria resta elevata, non va dimenticato che il tasso di crescita della topline non entusiasma e le valutazioni sono già piuttosto piene, anche perché aiutate da un buona dose di ingegneria finanziaria (incremento della leva e buy-back). Per quanto nelle ultime settimane sia aumentata la visibilità sul futuro percorso delle Banche Centrali, resta difficile interpretare le conseguenze delle prossime mosse di politica monetaria: da un lato sono già state fortemente incorporate dai mercati (come dimostra il differenziale sui tassi a 2 anni tra Treasury e Bund che si è portato sui massimi dall’agosto del 2006), dall’altro il probabile incremento dei tassi a dicembre da parte della FED sarà accompagnato da indicazioni di estrema cautela sul futuro percorso di rialzo.

In questa fase non aiuta a fare chiarezza neppure l’analisi tecnica: da un lato la correzione di agosto ha interrotto il trend di rialzo, dall’altro non vi sono state violazioni al ribasso che hanno aperto la strada ad un bear market. Intanto, il rimbalzo si è arrestato in prossimità di importanti aree di resistenza (i massimi per l’S&P500 e la media a 200 gg per gli indici europei) e va osservato che nel caso di Wall Street l’ultimo movimento di rialzo è stato poco diffuso, ma molto concentrato su alcune big cap. Gli indici sembrano entrati in una fase di consolidamento, che potrebbe dispiegarsi con una lateralizzazione nell’ambito di un trading range abbastanza ampio. Questo potrebbe essere valido per i mercati core e soprattutto per gli Stati Uniti, come ha recentemente sottolineato uno strategist coniando per Wall Street la definizione “flat is the new up”.

Anche sul fronte del sentiment si evidenzia una situazione abbastanza particolare dato che tutta la fase di rialzo delle Borse degli ultimi anni è stata comunque caratterizzata dalla presenza di una importante quota di investitori scettici, ma pienamente investiti in scia all’effetto liquidità; viceversa, il ribasso dello scorso agosto ha visto una forte caduta degli indici di sentiment, ma allo stesso tempo è rimasta bassa la percentuale di coloro che si attendevano un vero e proprio bear market. D’altronde, per quanto la storia insegni che è sempre pericoloso quando si sostiene che “questa volta è differente”, non si può nascondere che questo ciclo presenta delle peculiarità rispetto al passato che rendono più complicata e meno scontata l’interpretazione della sua evoluzione anche con riferimento al comportamento delle varie asset class. I principali elementi di distinzione sono: un velocità di espansione più bassa rispetto ai cicli precedenti, un livello di inflazione strutturalmente più basso ed una politica monetaria che resta accomodante per un periodo decisamente più lungo.

Nelle ultime settimane l’incertezza è cresciuta anche sul fronte geopolitico: per quanto drammatici, gli attacchi terroristici di Parigi non dovrebbero avere impatti rilevanti sull’economia ed anzi, come accennato la settimana scorsa, dovrebbero favorire un’azione più unitaria e determinata da parte delle grandi potenze mondiali sulla crisi in Medio Oriente; tuttavia, va tenuto presente che su questo fronte i rischi di improvvise impennate della tensione sono sempre dietro l’angolo, come dimostra l’incidente odierno tra Turchia e Russia, e gli effetti sulla congiuntura probabilmente cambierebbero nella malaugurata ipotesi di un’escalation nelle azioni terroristiche.

In questo contesto caratterizzato dal permanere di una buona dose di confusione, riteniamo si debba restare costruttivi (sul medio periodo restano premianti economia in crescita, seppure debole, Banche Centrali accomodanti ancora a lungo grazie alla bassa inflazione), ma con “il freno a mano tirato”, cioè con un po’ più di cautela sulla componente rischiosa dei portafogli.

Europa La prima lettura degli indici PMI europei di novembre ha sorpreso al rialzo, con il PMI composite area Euro che è salito di mezzo punto a 54,4, dal 53,9 del mese precedente, massimo da 4 anni. A livello settoriale il miglioramento è arrivato sia dal settore servizi (54,6 da 54,1, massimo da maggio 2011) che dal manifatturiero (52,8 da 52,3). Dopo i cali dell’estate, i dati di questo fine 2015 mostrano un recupero degli indici PMI, coerenti con una crescita dell’economia allo 0,4% t/t. La spinta al recupero, come emerge dai dettagli dei dati, arriva dalla ripresa della domanda interna all’UE, che controbilancia il rallentamento di quella estera: grazie alla debolezza della moneta unica, comunque, gli ordini dall’estero si sono mantenuti relativamente stabili, A livello di singoli paesi, in Germania i PMI hanno messo a segno un netto rimbalzo, con il composite che aumenta di 7 decimi a 54,9 grazie a +1,1 punti del settore servizi e a + 0,5 punti del PMI manifatturiero: il salto del PMI tedesco è alla base di quello europeo. In Francia, invece, il PMI composito è sceso di oltre un punto, tornando a 51,3 dopo 2 mesi di netta accelerazione. La causa è stata la componente servizi, mentre il PMI manifatturiero ha continuato a dare segnali di stabilizzazione (+2 decimi a 50,8). Rialzo superiore alle attese anche per l’indice IFO tedesco, che a novembre è salito a 109, massimo livello del 2015. Il dato conferma quanto già emerso dall’analisi degli indici PMI, ovvero che il momento di debolezza del settore manifatturiero tedesco dovrebbe essere almeno temporaneamente alle spalle. La tenuta dell’economia insieme alla mancanza di inflazione ha permesso alla fiducia dei consumatori europei di passare da -7,5 a -6 nella rilevazione di novembre. Il dato, probabilmente, è stato anche influenzato positivamente dalle aspettative per le nuove misure di stimolo monetario da parte della BCE.

Usa Le minutes del FOMC confermano che nel comitato c’è ormai un ampio consenso favorevole alla svolta sui tassi nella riunione di dicembre. Il sentiero dei rialzi, comunque, è previsto essere molto graduale nei mesi successivi, e sempre dipendente dal trend dell’economia. Sempre stabili su livelli bassi le richieste di nuovi sussidi di disoccupazione, a quota 271 mila unità nella settimana di rilevazione dell’Employment report di novembre. La seconda lettura del Pil 3Q ha apportato una revisione positiva di 6 decimi alla stima preliminare, in buona parte dovuta a una sottostima del contributo delle scorte. La variazione t/t annualizzata è stata fissata a +2,1%, in linea con le attese, con i consumi che sono stati rivisti a +3% dal +3,2% precedente, gli investimenti privati da -5,6% a -0,3% e le esportazioni da +1,9% a +0,9%. Il pil americano continua a essere sostenuto dai consumi, che beneficiano del miglioramento del mercato del lavoro e dell’aumento del reddito disponibile. Il settore immobiliare ha visto dati contrastati, con i nuovi cantieri in netto calo (-11%), ma dopo il balzo del mese precedente, e le richieste di permessi edilizi in rialzo (+4%). Scendono le vendite di case esistenti, -3,4% m/m a 5,3 mln, mantenendosi comunque su livelli elevati. Dopo 2 mesi a novembre l’indice della Fed di Philadelphia è tornato in territorio positivo, salendo di oltre 6 punti e attestandosi a 1,9, con indicazioni positive provenienti dalla componente ordini. Si tratta di un timido segnale positivo per il manifatturiero americano. In netto calo invece la fiducia dei consumatori, che a novembre è scesa di circa 9 punti a 90, livello più basso dal settembre 2014: dai dati reali, comunque, i consumi sembrano ancora su un trend di crescita solida.

Mercati azionari
Sui fondamentali, si è sostanzialmente chiusa la reporting season anche in Europa, con indicazioni non particolarmente brillanti (la percentuale di società che ha superato le attese si è collocata leggermente al di sotto del 50% sia in termini di ricavi che a livello di utili).
Così come a Wall Street, anche in Europa la diffusione dei dati del 3Q è stata accompagnata da una revisione al ribasso delle stime sia sul 4Q2015 che sul 2016. Due comparti che hanno sicuramente contribuito in negativo sono l’Energy ed il Basic Materials, ma va sottolineato che il processo di revisione ha colpito un po’ tutti i settori con poche eccezioni.

Mercati obbligazionari
In apertura di settimana dei mercati, tornano sotto i riflettori i bond bancari, subordinati in particolare, dopo la decisione di utilizzare il Fondo di risoluzione per il salvataggio di Banca Marche, Banca Etruria, Carife e Carichieti. Nella “Bad bank”, unica, confluiranno i crediti deteriorati dei 4 Istituti ed i loro bond subordinati (che di fatto hanno pagato, oltre agli azionisti, il conto del salvataggio). Il Fondo di risoluzione (con avvallo della CDP) erogherà 3,6 eur mld alle “banche-ponte” che rimarranno operative ed a tendere conterranno unicamente gli attivi “sani” dei rispettivi Istituti. I livelli “distressed” dei corsi dei bond subordinati delle Banche salvate, da tempo incorporavano la probabilità di tale epilogo, anche se i dettagli del piano erano ancora incerti. L’indice settoriale ITRAXX 5y (generic) Financial Sub rimane stabile in area 147 bp.
A pesare sugli investitori c’è anche la tensione tra Russia e Turchia, in seguito all’abbattimento odierno del jet di Mosca; il rinnovato rischio geopolitico ha innescato prese di beneficio prevalentemente sui “risky asset”; contenuta la pressione sula divisa e sui rendimenti dei governativi turchi.
Sul fronte europeo, segnaliamo che il board dello European stability mechanism (Esm) ha autorizzato il pagamento di una rata da 2 miliardi di euro alla Grecia. La decisione segue la valutazione positiva sui progressi realizzati sino ad ora dal Governo. La tranche servirà soprattutto a far fronte al pagamento degli interessi sul debito oltre che a saldare debiti pregressi ed è la seconda nell’ambito del programma da 16 miliardi approvato ad agosto.
Nel complesso tassi europei pressoché invariati su tutta la curva con corsi dei Governativi nuovamente sostenuti dalle parole di Draghi che venerdì scorso ha ribadito quanto la BCE sia impegnata a “rialzare l’inflazione il più velocemente possibile”.

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